In the fire, recensione del film con Amber Heard

Nelle sale dal 14 settembre, presentato in anteprima mondiale al Taormina Film Festival 2023, In the fire è il thriller in costume diretto da Conor Allyn con protagonista Amber Heard. Primo film post-processo, In the fire è un tentativo di unire femminismo, superstizione, fede, paura (e delirio). Tentativo.
In the fire, recensione del film con Amber Heard

Presentato in anteprima mondiale al Taormina Film Festival, In the fire è un thriller in costume diretto da Conor Allyn con protagonista Amber Heard in una produzione italo-americana. Grace Victoria Burnham (Heard) è una dottoressa tedesca proveniente da New York – chiamata in una hacienda, una tenuta colombiana, dopo aver ricevuto la richiesta d’aiuto di una certa Isábel: il figlio potrebbe infatti essere malato o, come credono i concittadini, posseduto dal demonio. Iniziando dalla commistione di parlate, il film si alterna tra spagnolo del Sud America, inglese, tedesco, in qualche frangente e persino un po’ di  latino qua e là: una Jambalaya

Catapultati in un contesto linguistico misto, privato di cornici introduttive che possano darci il tempo di accettare cosa stiamo per guardare. Non abbiamo neanche il tempo di empatizzare con i personaggi, non sappiamo da dove vengono, non sappiamo dove vogliono andare: tabula rasa, come giocare al biliardino: blu e rossi, senza faccia, senza divisa. Muovi la difesa, muovi l’attacco, fino alla fine del film, poco più di ottanta minuti: accettiamo, anche con lo sguardo della statua del Cristo appeso già a inizio film, consapevoli che questo non è un film con Amber Heard, ma il film per Amber Heard.

In the fire, aquél México sangriento 

Quello che, almeno, pur essendo già visto, speravamo di vedere. Perchè, la tradizione ispano-messicana, di produzioni horror alle spalle ne ha molte, dall’horror-western Luz (2019), a La noche del terror ciego (1972), fino a Il buco (2019). Ma se è vero che per farsi spaventare basta…essere spaventati “Be afraid. Be very afraid.” Non ci riusciamo, neanche in una sala vuota. Grace scende dal treno in abiti vittoriani, gonna, corsetto, borsa da medico, la sua voce narrante risponde, speranzosa, alla richiesta epistolare: sembra di rivedere, per un attimo, l’arrivo di Jonathan Harker, il protagonista di Dracula, nei Carpazi.

Speriamo almeno che il bambino protagonista della storia possa ridare al film quella vena, anche se, di nuovo, il bambino imposessato e con i poteri Brood di Cronenberg, Poltergeist, fino ai più recenti Orphan e Stranger Things – non è una novità. E invece, diventa l’altro tratto tragicomico di In the fire. Martín si presenta con quel modo di fare alla Tom Riddle. Aspetta, seduto a letto “l’arrivo del dottore”. Pallido, emaciato, con quelle frasi che sanno vagamente di “Parlo anche con i serpenti, loro mi trovano, sussurrano cose, è normale? Per uno come me?”. (A proposito, conoscevate l’ultima teoria sui Doni della Morte?)

Insomma, ci provano in tutti i modi, a renderlo spaventoso, persino dandogli…lenti a contatto di diverso colore. Persino facendogli spostare le cose con la mano aperta, tipo Undici. Mentre Amber Heard piange, si dimena, si butta sotto i carri, viene schiaffeggiata dal bambino che prega in latino come un pazzo, poi frustata dal villaggio, sputi a terra, strilli da soap opera: “¡Bruja! Alejense! Cállense…el maligno! strega, allontanati, stai zitta…il maligno!”. Arrivano persino le piaghe da Esodo, le locuste, gli animali putrefatti e i vulcani in eruzione. 

Julio Iglesias a cavallo 

Il personaggio di Don Marquez
Il personaggio di Don Marquez

Non è chiaramente argomento di recensione, ma per capirci…ci sono anche quelle facce che la Heard aveva da processo (che si sarebbe tenuto circa tre mesi dopo la fine delle riprese). Non ci siamo spaventati, ma le risate…quella da soap opera, quando si scopre che la protagonista è stata tradita dalla cugina della cugina della cugina che era morta 100 stagioni prima…sono parte del contesto narrativo e anche del quadro storico di In the fire… lo sai e accetti il prodotto così. 

Poi, però, arriva Don Marquez, il padre del bambino, un hombre muy honrado, un uomo d’onore, il padre padrone in camicia bianca, con gli accenti da Julio Iglesias quando cantava in italiano, un uomo che non accetta che Grace, donna, possa curare il figlio: “¿Como se atreve? No voy a consentir que me falten el respeto en mi propria casa…deberías avergonzarse.” – “Come si permette? Non consentirò che mi manchino di rispetto in casa mia…dovreste vergognarvi”. E come tutte le soap, lei poi cede al fascino di lui, che la porta via, a cavallo come un gaucho vaquero – un cowboy colombiano

In the fire: si, d’accordo ma poi…

Amber Heard in una scena di In the fire
Amber Heard in una scena di In the fire

Tutto il resto è…risate e spavento a parte, la questione si fa più seria. Perchè il personaggio della Heard vorrebbe portare in tavola il tema femminismo. Vuole farlo per il solo fatto di essere una donna medico a fine ‘800: è una donna medico, tema rivoluzionario, ma fornito il pretesto, fatti i compiti a casa, lei è succube di chiunque nel film. Non basta. Non basta ora, perchè come un virus, la piaga è mutata, si è resa oggi solo più dormiente, nascosta nell’organismo. 

In the fire tenta allora di centrare la tematica scienza/superstizione, esorcizzare tutto ciò che è nel mezzo: leggende, pseudo teorie psico-fisiche, per intenderci, antenati della teoria di Lombroso e annessi. Grace vuole convincere la comunità che Martín sia solo affetto dalla Sindrome del Savan, il disturbo che fa convergere autismo e capacità particolari. E invece rimane ostinato sul suo tentativo di spaventarci.

E quando In the fire finisce, ancora, non capiamo se voluto o meno, riappare la statua di Cristo in croce, lo sguardo fisso, sui titoli di coda. Come se volesse tornare indietro, come Ferris Bueller a fine film: “Ma ancora qua?” Certo, Ferris-Cristo, anche questo film, va recensito. 

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