È arrivato nelle sale italiane Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente, adattamento, come ben sapete, dell’ultimo romanzo della nota saga. A distanza di dieci anni dal capitolo conclusivo della trilogia degli Hunger Games, Suzanne Collins si è ritrovata a dover fare i conti con chi l’ha criticata per non aver saputo sfruttare al meglio la portata dell’universo creato, nelle cui dinamiche si sarebbe certamente potuti scendere più in profondità .
E per quanto nella trasposizione cinematografica si sia tentato di dare più spazio ad una sorta di analisi sociologica dei giochi e della loro funzione di controllo sugli abitanti di Panem, i fan continuavano a bramare nuovi dettagli, ancor più precisi e approfonditi, sull’origine degli spietati Hunger Games, sul loro creatore e su cosa lo abbia realmente spinto ad avviare questa crudele tradizione. Ed è anche e soprattutto per rispondere a tali esigenze che, nel 2020, Collins ha fatto uscire il suo romanzo prequel-spin-off. Per questo, c’erano molti spunti d’interesse in relazione a questo prequel.
Meno azione, più riflessione
Questo quarto capitolo ci permette di colmare poi un’ulteriore mancanza riscontrata in quelli precedenti. Ci dà la possibilità di fare luce su Coriolanus Snow e dare massima espressione alle potenzialità di un villain dalla natura oscura e complessa, rimasto sino ad ora troppo nell’ombra. La narrazione è suddivisa in tre atti, come i precedenti della saga ci hanno ben abituato, ed è il primo di questi a mostrarci un Corio inedito, un fragile giovane adulto. L’effetto empatia è quindi inevitabile, seppur sempre con una certa riserva, rimanendo all’erta, perché ogni piccolo dettaglio, ogni evento, potrebbe essere indispensabile per capire la causa della drastica trasformazione che ha reso Snow l’incubo vivente di Katniss e Peeta che tutti ricordiamo.
Se ai tempi della ragazza di fuoco il fulcro della pellicola si incentrava, per lo meno nei primi due capitoli, sull’azione all’interno dell’arena, ecco che qui l’adrenalina e l’alta tensione, lasciano il posto a maggiore riflessione ed introspezione. Non è sulla psicologia dei ragazzi provenienti dai distretti che si concentra la nostra attenzione, quanto sugli attori che fanno sì che i giochi si realizzino ogni anno, su coloro che agiscono fuori dal campo.
Gli Hunger Games hanno alle spalle poche edizioni, ma nonostante questo il pubblico inizia a perdere interesse per l’intrattenimento di quella barbara competizione. Viene pertanto introdotta la figura del mentore. Per il ruolo vengono selezionate le eccellenze dell’Accademia di Capitol City, ad ognuna delle quali sarà affidato un tributo di cui prendersi cura e da far brillare nell’arena. Tra i neonati mentori figura ovviamente il nostro giovane Snow, che non è però l’unico personaggio già visto negli altri capitoli della saga. Se vi dovesse essere sfuggito qualche volto noto, leggete qui.
Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente, l’ascesa di Snow

La pellicola corre quindi su due binari che ci permettono di dare soluzione alle questioni rimaste ancora senza risposta di cui abbiamo sopra accennato. Cosa ha reso Snow ciò che è diventato e qual è la vera ragione dietro alla volontà di protrarre gli Hunger Games per altre innumerevoli edizioni? Perché forse dietro a quella spietata gara di sopravvivenza c’è sempre stato molto più che una punizione per una ribellione, per una guerra conclusasi già troppi anni prima.
Ed è la stessa Dottoressa Volumnia Gaul, nome delle alte sfere di Capitol City, interpretata da una terrificante ed efficacie Viola Davis, a porre più volte questo interrogativo a Snow. Ma sarà solo nelle battute finali del film che Corio, e noi pubblico, troveremo la recondita risposta di questo dilemma. Vediamo quindi la Dottoressa Gaul tessere una tela attorno al giovane Snow, sottoporlo, a sua insaputa, ad una serie di prove che segneranno ciò che sarà , che riveleranno la sua vera natura, tenuta fino ad allora nascosta e soffocata. Che risveglieranno a poco a poco in lui le ambizioni per una vita che sa di meritare e a cui era destinato, con l’unico obiettivo di sfuggire alla frustrazione della sua attuale condizione.
Inganni e ambiguitÃ
Ad ogni minuto che passa vediamo quindi emergere sempre di più la volontà di riscatto di Corio, la volontà di tornare ad occupare il ruolo sociale che era stato di suo padre. Perché del resto gli Snow si posano e devono posarsi in cima. Il quadro che emerge è quindi quello di uno Snow manipolato e manipolatore, la cui ambiguità ci accompagna per tutti e tre gli atti. Lo vediamo affezionarsi al suo tributo Lucy Gray, l’usignolo del distretto 12, per la quale infrangerà le regole e metterà a rischio la propria vita per veder salva la sua. Lo vediamo supportare il suo amico idealista ed emarginato, nonostante la poizione sociale di prestigio. Lo vediamo vittima di una infida dottoressa.
Ogni atto eroico, ogni parola di conforto e ispirazione porta però con sè il dubbio che le azioni di Corio siano mosse solo dall’ambizione, dal suo personale istinto di sopravvivenza in quella che è l’arena della vita nell’ostile Panem. Nei confronti di Lucy Gray c’è poi un’infatuazione reale, che si scontrerà interiormente con le sue ciniche intenzioni, ma che di fatto non avrà lo sviluppo che ci si augurava. Perché, in fondo, sono le cose che amiamo di più a distruggerci. Parola di Coriolanus Snow. Scottanti verità stanno per essere rivelate. Non esitate a correre in sala, Hunger Games: La Ballata dell’Usignolo e del Serpente vi attende, dal 15 novembre.