Daaaaaali!, recensione: tutto l’amore e il surrealismo di Dupieux

Venezia 80 si è conclusa, ma noi abbiamo ancora alcuni film di cui parlarvi. Daaaaaali!, per esempio, film presentato fuori concorso e diretto dal regista francese Quentin Dupieux. Incentrata sulla figura di Salvador Dalí, la pellicola è una vera e propria dichiarazione d’amore all’artista spagnolo, dove il surrealismo incontra la commedia.
Daaaaaali!, recensione: tutto l’amore e il surrealismo di Dupieux

L’80° Mostra del Cinema di Venezia si è ormai conclusa, Poor Things ha conquistato il Leone d’Oro, e la nostalgia inizia già a farsi sentire. Vi abbiamo accompagnato durante questa edizione con numerose recensioni – abbiamo cercato di fare del nostro meglio -, ma abbiamo ancora qualche film di cui parlarvi. Daaaaaali!, per esempio, è l’ultima pellicola del regista francese Quentin Dupieux, distribuita in Italia da Lucky Red, e presentata sul suolo lidense fuori concorso. 

Nel caso abbiate una certa familiarità con l’eccentrico e anticonformista cinema di quest’ultimo, saprete benissimo di non poter pretendere assolutamente di trovarvi di fronte a un classico biopic, anche se, probabilmente, non saprete allo stesso tempo cosa aspettarvi esattamente. D’altronde dopo Rubber, Mandibules o Smoking Causes Coughing sarebbe lecito aspettarsi l’inverosimile, a maggior ragione perché proprio all’inverosimile e al surrealismo Quentin Dupieux ha dedicato tutta la sua carriera. 

Realizzare un film incentrato sulla figura di Salvador Dalí sembra quasi essere quindi la sintesi perfetta del suo cinema, il suo fine ultimo, la bandiera piantata sulla cima del Monte Everest dopo un’indimenticabile scalata. E in un certo senso è proprio così, perché è evidente quanto Dupieux infonda la pellicola del proprio amore nei confronti dell’artista spagnolo, senta quasi la necessità ancestrale di rendergli omaggio. D’altronde è lecito pensare che riconosca in Dalí, al pari di Luis Buñuel – le cui influenze sono altrettanto presenti -, un irraggiungibile maestro. E quindi Daaaaaali! è prima di tutto un’accorata dichiarazione d’amore.

Intervisto anch’io? No, tu no

Gilles Lellouche e Anaïs Demoustier in un'immagine di Daaaaaali!
Gilles Lellouche e Anaïs Demoustier in un’immagine di Daaaaaali!

Lasciamo che Enzo Jannacci – presente tra l’altro spiritualmente alla Mostra del Cinema grazie al documentario a lui dedicato – ci presti le parole per descrivere in una sola frase la tutt’altro che lineare storia intorno al quale ruota la narrazione di Daaaaaali!. Sostanzialmente al centro delle vicende raccontate da Quentin Dupieux – ammesso e non concesso che ci sia effettivamente un centro – c’è una giornalista, Judith (Anaïs Demoustier), alle prese con un’intervista a Salvador Dalí. Lei lavora per una rivista, lui arriva nella camera d’hotel dove l’intervista dovrebbe svolgersi, e sorpreso che non ci sia una telecamera decide improvvisamente di annullare il tutto. 

Da questo istante inizia quindi una serie di momenti apparentemente sconnessi, in cui la giornalista tenta di convincere Dalí, con ogni mezzo in suo possesso, a rilasciare questa fantomatica intervista. Innanzitutto quest’ultima diventa un vero e proprio documentario, assecondando così il narcisismo patologico dell’artista, ma ogni volta, poco prima dell’inizio delle riprese, un contrattempo o il suo ennesimo delirio di protagonismo fanno sì che non inizino mai. Tra le pieghe di una narrazione che fa dell’onirismo il suo centro gravitazionale, vediamo Judith arrancare sempre più, tra ruoli che si ribaltano e un documentario che non vede mai la parola fine. 

Daaaaaali!: frammentare l’animo dell’artista

Quentin Dupieux a Venezia 80
Quentin Dupieux a Venezia 80

“La personalità di Dalí è stato il suo più grande capolavoro”. Lo ha dichiarato lo stesso artista, e Quentin Dupieux non soltanto inserisce questa affermazione nel film, ma sembra farne tesoro. Dell’arte del Dalí pittore quasi non c’è traccia – salvo alcuni riferimenti. Dipinge in alcuni sporadici momenti, metta la firma su un quadro che non è suo, ma certamente non è il fulcro della pellicola. Piuttosto Daaaaaali! è pervaso, appunto, dall’eclettica personalità del suo protagonista, un uomo, un genio, un personaggio talmente complesso e sfaccettato che il regista francese sceglie di farlo impersonare alternativamente a ben cinque attori diversi. 

Alimentando quindi quel senso di straniamento su cui il film poggia le proprie fondamenta, Dupieux frammenta l’animo dell’artista, facendo sì che ogni attore vesta i panni di quella che sembra essere un’identità diversa dalle altre, per aspetto – ovviamente – ma anche per età. Ognuna di queste rappresenta, appunto, un frammento della personalità di Dalí, troppo complessa per un solo uomo – come ammesso dallo stessa regista. 

Così, questo alternarsi di attori sul grande schermo – e dobbiamo sottolinearlo, non ce ne vogliano gli altri, ma nel cuore rimangono le interpretazioni di Gilles Lellouche e Jonathan Cohen – dà adito ovviamente a una certa ilarità, ricercata da Quentin Dupieux insieme a quel surrealismo che ne contraddistingue ormai la filmografia. D’altro canto, in un film incentrato su Salvador Dalí, non poteva essere altrimenti. 

Daaaaaali!: il surrealismo al servizio della commedia

Un'immagine di Daaaaaali!, film di Quentin Dupieux
Un’immagine di Daaaaaali!, film di Quentin Dupieux

Che Daaaaaali! non sia un biopic tradizionale lo si intuisce immediatamente, fin dall’esilarante sequenza d’apertura. Judith aspetta l’arrivo di Dalí nella camera d’hotel dove dovrebbe svolgersi l’intervista, e intanto l’artista cammina in un corridoio interminabile, e ogni volta che viene inquadrato sembra allontanarsi sempre di più. Insomma fin dal primo momento comprendiamo l’intenzione di Quentin Dupieux di mettere il surrealismo al servizio della commedia, e infatti è esattamente quello che farà durante tutto il film. Non solo, quella sequenza iniziale si rivelerà anche una perfetta sintesi della pellicola: un loop infinito e alienante in cui perdersi, senza necessariamente cercare un qualsivoglia significato. 

Il regista francese opta quindi per un montaggio che restituisca allo spettatore proprio quelle sensazioni, frammentando una narrazione apparentemente disarticolata, sottraendosi alla linearità degli eventi, e rendendo Daaaaaali! un film discontinuo. La componente comica del film procede così di pari passo, alimentandosi di questa discontinuità, di questo caos organizzato, parodizzando l’onirismo e il metacinema, estremizzandoli fino a un punto di non ritorno. Sogni all’interno di sogni, film all’interno di film, immagini surreali che si susseguono. 

Quello di Quentin Dupieux non è certo un cinema che vuole rivolgersi al grande pubblico, perché per apprezzare opere come Daaaaaali! serve fiducia. Lasciarsi trasportare completamente al suo interno è come abbandonarsi alla braccia di Morfeo durante la notte. Non sempre si ha il coraggio di farlo, ma a volte, per godersi a pieno un’esperienza, è necessario lasciare le redini, lasciarsi guidare a occhi chiusi

Venezia 80 si è ormai conclusa, e se volete scoprire quali sono stati per noi i migliori film che abbiamo visto in questa edizione, non vi resta che dare un’occhiata alla nostra classifica (spoiler, Daaaaaali! è presente). Quali sono i film che aspettate maggiormente? Fatecelo sapere nei commenti.

Facebook
Twitter