Essere Charlie Kaufman: guida alla mente di un genio del cinema

Il nome di Charlie Kaufman non è di certo uno dei più famosi al grande pubblico quando si parla di autori hollywoodiani, non quanto dovrebbe almeno. Le sue opere hanno ispirato molti e, pregne di un esistenzialismo amarissimo, sono delle vere e proprie seduto psicanalitiche che scavano dell'intimità dell'autore.

Charlie Kaufman è uno degli autori più sperimentali e d’avanguardia che Hollywood ha visto sbocciare negli ultimi tempi. È soprattutto con le sue sceneggiature, più ancora che con la sua regia, che da’ libero sfogo alla sua impronta autoriale. Le sue storie sono immediatamente riconoscibili grazie ad un solido e denso nucleo tematico. Queste opere indagano sempre in modo diverso ma puntualissimo argomenti quali l’identità, l’atto creativo, l’amore (nel senso più generale del termine, non solo verso persone ma anche verso qualcosa di astratto come l’arte) e il cinema stesso.

Kaufman è un grande ispiratore che, anche se con una non troppo ampia filmografia, ha saputo influenzare orde di autori e opere. Oggi, in occasione dei suoi sessantacinque anni, scopriremo o ri-scopriremo indirettamente la sua poetica con alcuni dei film più rappresentativi. Ecco quindi il miglior Charlie Kaufman che potete trovare in circolazione.

Essere John Malkovich

Un'immagine promozionale del film Essere John Malkovich

Primo grosso film per Kaufman, e prima collaborazione con collaborazione con Spike Jonze, non solo un regista ma un grande artista eclettico ed eterogeneo (se volete approfondire anche la sua di carriera, abbiamo scritto di lui qui), per un film considerato cult. Molte delle sue sceneggiature e regie hanno nel tempo guadagnato questa nomea di film di culto, soprattutto tra i cinefili più d’essai. Seppur non si tratta certo della sua storia più apertamente metacinematografica (anche se qua e là sono disseminati elementi autoriflessivi), instilla i primordi di quel germe indagatore che verrà sviluppato successivamente.

Un surrealismo dell’assurdo e a a tratti grottesco che si impone già prepotentemente come elemento fondante della sua poetica. Già dalla sinossi del film questo aspetto emerge in modo evidente: un burattinaio e un’impiegata scoprono un tunnel che permette di entrare mente e il corpo di John Malkovich per quindici minuti alla volta. Da questa premessa, tanto semplice quanto peculiare, nasce un film molto sfaccettato che sfrutta al massimo i propri personaggi e i loro caratteri per raccontare l’annoso tema dell’identità.

Il ladro di orchiedee (Adaptation)

Nicolas Cage in una scena del film Il ladro di orchidee

Un Nicolas Cage in splendida forma che ci regala qui una delle sue migliori performance (aiutato oltre che dalla splendida sceneggiatura di Kaufman, anche da Spike Jonze). Il ladro di orchiedee (Adaptation nel titolo originale che sottende tutto un’altro significato rispetto all’adattamento italiano) è una di quelle esplosioni metariflessive che tanto piacciono al nostro autore. Grazie a questo slancio riesce ad espandere il discorso, coinvolgendo aspetti filosofici degni di un grande pensatore. Il film, insieme ad un altro successivo, forma un binomio contenutistico di grande complessità e profondità.

Le vicende raccontate seguono uno sceneggiatore, incaricato di adattare un romanzo per il cinema, che entra più volte in crisi creativa, al punto da trasformare completamente il progetto originario. Le potenzialità di questo incipit sono lampanti già alla prima lettura. Oltre all’elemento sopra descritto, c’è una forte componente autobiografica che aggiunge tantissimo cuore al film. Kaufman riesce a sfruttare ogni singolo elemento che ha inserito nella narrazione per creare un saggio intimista e fortemente introspettivo assolutamente unico. La vita e l’arte si inseguono in un gioco di specchi infinito.

Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind)

Kate Winslet e Jim Carrey in una scena del film Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind)

Apparentemente (ma solo apparentemente) questo è un film che si discosta leggermente dai più tipici stilemi dell’autore. L’adattamento italiano, ancor di più che nel caso precedente, ha confermato una volta le criticità che si nascondono dietro a operazioni di questo tipo. Se mi lasci ti cancello non è proprio la stessa cosa di Eternal Sunshine of the Spotless Mind ecco, da un profondissimo dramma sentimentale con echi esistenzialisti e filosofici si è improvvisamente trasformato in una mediocre commediola. Con un Jim Carrey e una Kate Winslet fenomenali, è uno di quei pochi film davvero imperdibili, per tutti coloro che hanno amato almeno una volta nella vita.

In questa tormentata storia, Clemetine, stanca del rapporto con Joel, si fa asportare dalla mente la parte relativa alla loro storia. Quando lui lo scopre, fa lo stesso, ma durante il procedimento cambia idea e fa di tutto per non vedere sparire tutti i suoi ricordi di lei. Ancora: la complessità del film non può assolutamente essere comunicata in poche righe di trama, DEVE essere assolutamente visto. Con grandi trovate narrative e una struttura non lineare, costruiscono una storia potentissima. Eternal Sunshine of the Spotless Mind è un film d’amore sull’amore come non l’avete mai visto schermo, tanto da essersi meritato un Oscar alla miglior sceneggiatura originale.

Synecdoche, New York

Philip Seymour Hoffman in una scena del film Synecdoche, New York

Seguito spirituale di Adaptation riprende e porta alla sua massima espressione il discorso metanarrativo tanto sentito da Charlie Kaufman. Un Philip Seymour Hoffman straordinario come protagonista assoluto che qui diventa il doppio del brillante sceneggiatore, qui anche regista per la prima volta. Un casting puntualissimo che diviene, insieme ad ogni singola scelta produttiva, parte stessa della storia costituendone la messa in scena. I piani si moltiplicano esponenzialmente a comporre un quadridimensionale diorama della vita mentale di un grande creativo. Come ribadito anche dal titolo, una vera sineddoche dell’esistenza, dove una vita racconta le racconta tutte.

Si tratta di un mastodontico magnus opus che racchiudeq tutti gli elementi della poetica di Kaufman. Il regista Caden Cotard durante una difficile situazione familiare, affetto anche da ipocondria, decide di buttarsi in un nuovo grosso progetto a New York City. La produzione del nuovo spettacolo si rivelerà il mezzo attraverso cui rielaborare la propria esistenza. Torna anche l’aspetto autobiografico, l’amore dell’artista verso le proprie opere, l’ossessione insita nell’atto creativo in un film dalla sensibilità mostruosa. Come tutte le sue storie, è lancinante, viscerale, amara probabilmente una delle più vitali e pulsanti (merito forse del suo essere anche regista del film).

Anomalisa

La locandina del film Anomalisa

Grande opera che sfrutta la stop-motion, o animazione passo uno, per raccontare una storia particolarissima (cosa certo non strana per il grande Charlie Kaufman). La tecnica utilizzata si integra alla perfezione con il tema centrale della narrazione, concettualmente il mezzo diviene manifestazione di quell’idea di controllo che guida tutto il film. In viaggio per Cincinnati, il nostro protagonista Michael (un celebre oratore motivazionale) si allontana dalla routine della vita quotidiana e un incontro fortuito lo aiuta a rendersi conto di cosa è diventata la sua vita: ormai un inferno dell’uguale senza nuovi stimoli e dominata da un’apatia diffusa. Dovrà scontrarsi con la realtà fino all’inatteso epilogo (tutto da scoprire).

In Anomalisa, vincitore del leone d’argento a Venezia, i pupazzi che circondano il protagonista divengono simboli del suo disagio esistenziale. Non è certo un film facile, è molto celebrale a tratti quasi cervellotico, ma quando si riesce a penetrare nel mondo e nella vita che l’autore sta cercando di raccontarti, ne sarà valsa assolutamente la pena. Sperimentando ancora e ancora, Kaufman riesce a trattare sempre con un punto di vista diverso temi insieme tanto universali quanto personali. E qui ne dà di nuovo conferma.

Sto pensando di finirla qui (I’m Thinking of Ending Things)

Jessie Buckley in una scena del film Sto pensando di finirla qui

Difficile tenere il passo con le grandi opere fin qui citate. Anche per un talento come Kaufman non è facile superarsi ancora e ancora. Questo Sto pensando di finirla qui si attesta su ottimo livello, sia di scrittura che di messa in scena, anche se non raggiunge l’iperspazio come alcune dei precedenti. Viene sicuramente data più importanza all’aspetto surrealista delle origini (che cresce con l’avanzare del minutaggio). Con una splendida Jessie Buckley come protagonista, uno dei più grandi nuovi talenti irlandesi, in questo stuzzicante dramma si mischia Essere John Malkovich e Eternal Sunshine of the Spotless Mind.

Seppur la forza del film, come detto, non raggiunge i livelli dei predecessori, ampia il discorso di Charlie Kaufman sull’affettività, sul nostro rapporto col passato e su come veniamo plasmati da determinate esperienze. Un nuovo punto di vista tutto femminile che ancora una volta cambia le carte in tavola (alla faccia di chi dice che uomini non posso raccontare efficacemente di donne e viceversa).

Charlie Kaufman è un autore che non ha paura certo di esporsi, come quando si schierò contro le major e studios hollywoodiani accusandoli di aver rovinato il cinema più di Netflix. Sono bastati i suoi pochi film, quasi sempre dei semi-capolavori, per plasmare un mito. Va assolutamente scoperto e amato (cosa che non sarà certo difficile una volta viste le sue opere). Non avete più scusa, grazie a questa guida avete tutti gli strumenti per scoprire la mente di un genio del cinema.

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