Dalla giornata del 2 maggio le Alluvioni in Romagna hanno incessantemente provocato frane, crollli ed esondazioni. Ci si chiede se gli eventi siano stati in qualche modo influenzati dal cambiamento climatico. Chiaramente sì, nonostante i tentativi per sviare l’attenzione dal fenomeno. E nonostante gli studi, che tentano ancora con fatica di dimostrare come anche i fenomeni all’apparenza meno intercorrelati con l’azione umana (terremoti, eruzioni, uragani) abbiano in realtà tutto a che vedere con la mano umana. Il cinema lo aveva predetto? Oggi vi diciamo di sì, ma al tempo non lo sapevamo.
Dai primi anni ‘90 un susseguirsi di film catastrofici relegati alla stregua di “bassa lega”, a modo suo avviò il dibattito, poi concretizzatosi (si fa per dire), nelle grandi convenzioni sul clima (Kyoto, Cop15, Doha, Parigi). Dibattito che oggi portano avanti film ecologisti più didascalici (Il dramma dell’Eternit, Terramadre), e meno didascalici (Avatar, Don’t Look Up). Oggi vi proponiamo un recupero di quel cinema blockbuster, che aveva fatto scuola quando nessuno parlava di ambiente. Ci aveva provato Jacques Cousteau negli anni ‘50-’60 in tema oceanico, ma la sua voce è stata recuperata solo nei decenni successivi.
Passo indietro con Terremoto (1974)

Vi proponiamo forse in rassegna il più antenato di tutti, Terremoto, con Ava Gardner, mostrava una delle più attuali paure californiane – il Big One, un terremoto che i californiani attendono da tempo, tanto che la maggior parte della popolazione ha dichiarato di dormire con strumenti di primo soccorso a vista. Il film si dispiega su personaggi più o meno scettici, il meno disaster movie e il più rappresentativo degli intricati processi burocratici che fanno seguito a tali eventi.
Alluvioni in Romagna, uragani, Twister (1996): ancora effetto del cambiamento

Siamo nel ‘69, sembra il Kansas del Mago di Oz prima che il tornado porti Dorothy nella Terra di Smeraldo. Ma è l’Oklahoma e la Dorothy della storia non è neanche la protagonista, la meteorologa Jo, Jody Foster. Dorothy è il nome dello strumento che dovrebbe rilevare i valori dei tornado direttamente da dentro l’imbuto con dei sensori, dato che i sistemi di preallarme fornivano solo 3 minuti di preavviso. Per loro Dorothy avrebbe incrementato le tempistiche a 15 minuti.
Lo strumento era già esistente? Il film ha anticipato parte della strumentazione utilizzata ad oggi, composta da droni aerei. Nella storia, invece, qualcuno doveva stare davanti al tornado per inserire Dorothy e poi darsela a gambe. Ma tranquilli, come nel più classico dei film catastrofici statunitensi, se hai la camicia a scacchi puoi affrontare anche l’apocalisse.
Dalle dantesche Alluvioni in Romagna a Dante’s Peak

“Se sopravviviamo a questo…avremo un bel po’ di cose da raccontare” affermava il vulcanologo interpretato da Pierce Brosnan (che abbiamo qui celebrato) in Dante’s Peak, preoccupato di un eccessivo picco di attività vulcanica intorno alla montagna che da il nome al film. Possiamo dirlo oggi, questi film, ne hanno di cose da raccontare. Come la più classica delle situazioni di emergenza. La voce scientifica viene accusata di pre-allarmismo, come avvenne con Fauci e l’amministrazione Trump, come avviene oggi nell’intera querelle ambientale.
La tempesta perfetta (2000), una storia vera

Basato su avvenimenti reali – il film delinea le vicende del gruppo del peschereccio Andrea Gail (George Clooney, Mark Wahlberg, William Fichtner). Usciti in mare per il pesce, si imbattono nella tempesta perfetta – l’uragano Grace incontra un ciclone, creando un’apocalisse acquatica senza precedenti, una tragedia che ha colpito l’America nel 1991, un evento atmosferico verificatosi nuovamente, ma con meno forza dirompente, nel 2020.
The Core (2003) è il nocciolo della questione

Disaster movie del 2003, ha inizio su una serie di fenomeni inspiegabili: uccelli impazziti alla Hitchcock e aerei che cadono daIl’ atmosfera. Non si limita ad immagini sensazionalistiche, fornisce una spiegazione più o meno chiara. O meglio, c’è uno scienziato (Stanley Tucci), che lo spiega con grandi termini, e un protagonista (Josh Keyes, il sindaco Due Facce di Batman), che lo spiega con una pesca.
La crosta terrestre come la buccia, dove viviamo, il manto, e un nocciolo (core), con la parte interna e una esterna: quella esterna è liquida e si muove in una direzione. Senza tale movimento i campi elettromagnetici perderebbero di forza e la terra perderebbe la protezione dalle radiazioni emesse dal cosmo. Tesi e antitesi di ciò che è successo nel cinema: i film ambientalisti ne hanno dato una spiegazione didascalica, accademica, come lo scienziato vestito da Tucci. I disaster movie quella rimasta nell’immaginario, anche con una spiegazione più “caciarona” su una pesca.
The Day After Tomorrow (2004)

L’era glaciale di The Day After Tomorrow è, per il tempo in cui fu concepito, uno degli esempi più diretti di ambientalismo. Parla chiaro. Il climatologo Jack Hall tenta di spiegare ad uno scettico convegno di nazioni perché il pianeta, surriscaldandosi, sarebbe destinato non a grandi fiamme, bensì ad una nuova era glaciale. Alle risposte sorde del convegno, incentrate unicamente su interessi economici, Jack risponde con la stessa lingua: l’economia sarà la prima a crollare, il principio di scarsità, sovvertito. Leonardo DiCaprio (prossimamente nelle sale con Killers of the Flower Moon), aveva ripreso il tema glaciazione nel 2016 con il suo Before the Flood.
Sunshine (2007), il più ambientalista

Diretto da Danny Boyle, un cast degno di nota (Cillian Murphy, Chris Evans, Michelle Yeoh), vestiva i panni di un equipaggio impegnato in una missione complessa. Quella di riaccendere un sole malato (ma non ancora spento), tramite una sorta di bomba energetica. Siamo nel 2057 nella storyline, il film girato nel 2007, anticipava un altro dei temi cruciali nel dibattito odierno.
Alluvioni in Romagna: non è il 2012

I manifesti apocalittici di 2012, li ricordiamo tutti. La statua del Cristo di Rio che crolla, San Pietro in fiamme, il Giudizio Universale che si sgretola e i senzatetto in autostrada con i cartelli: “Pentiti: la fine è vicina”. Diretto da Roland Emmerich, il film verterva sulla leggenda della fine del mondo prevista il 21 dicembre 2012 da Maya e Nostradamus, un armageddon biblico. Le immagini erano sensazionalistiche. Perfette per una grande sala cinematografica, ma così titaniche che difficilmente qualcuno avrebbe colto il messaggio.
Soprattutto se l’allarme viene convogliato dalla versione hippie e strafatta di Woody Harrelson, che tiene un blog in computer grafica sul motto: “Ricordate gente, il primo a dirvelo è stato Charlie Frost”. Troppo trash? “Tu li tiri dentro con lo humor e poi li fai pensare…”, affermava Charlie. Possiamo ancora dargli torto?
Segnali dal futuro, o dal passato?

E poi c’è lui, Nicolas Cage, re del catastrofismo anni 2000. Titolo originale – Knowing – sapevano già. Il film ha inizio su una scolaresca anni ‘50 che lascia ai posteri dei messaggi – dal futuro, in una capsula. Una bambina, però, inizia a scarabocchiare codici senza sosta, un po’ come il Will di Stranger Things. Quei codici però, decifrati da John (Cage), sono coordinate, latitudine e longitudine, date di eventi catastrofici e ambientali destinati ad accadere. La lungimiranza del film è rappresentata però più dalla spiegazione che John premette: ad ogni azione umana corrisponde in modo proporzionale una conseguenza: legge del determinismo, ogni cosa è determinata in un rapporto causa – effetto, vicina alla legge di Murphy del tutto ciò che potrebbe accadere, accadrà.
9. Into the storm (2014)

Anche in Into the Storm troviamo un gruppo di adolescenti americani impegnati nel lasciare un videomessaggio ai posteri, alla vigilia del diploma. Anche qui, un Oklahoma devastato dai tornado e un gruppo di esperti preoccupato da un lavoro “a cottimo”: se non trovi i tornado, non vieni pagato. Se li trovi, non hai i fondi per documentarli. Nella narrazione il video resterà nella capsula per 25 anni. Forse è meglio aprire il vaso di Pandora in anticipo.
Tutti questi temi convergono in quello che gli scienziati hanno figurativamente chiamato Doomsday Clock, che solo dal 2007 contempla il tema ambientale nei rintocchi. E che ad oggi è ad un minuto e trenta dalla mezzanotte.
Per alcuni erano quei film dell’infanzia da pizza e Coca-Cola senza la morale. Oggi però, alla luce del susseguirsi di eventi, come le ultime Alluvioni in Romagna, cresciuti, li riprendiamo. Pure con la pizza, ma trovando un significato che all’epoca, troppo inconsapevoli, non siamo riusciti a capire.