The Truman Show: i 25 anni di una distopia che si è fatta realtà

The Truman Show, il capolavoro di Peter Weir con protagonista Jim Carrey, compie oggi 25 anni dal suo esordio nelle sale americane. Diventato vero e proprio film di culto, The Truman Show ha saputo leggere con estrema puntualità e con altrettanta inquietudine, il futuro prossimo della società. Una distopia che si è fatta realtà.
The Truman Show: i 25 anni di una distopia che si è fatta realtà

Venticinque anni fa usciva nelle sale americane The Truman Show, il capolavoro – e non abbiamo paura a definirlo tale – diretto da Peter Weir con protagonista Jim Carrey, in uno dei ruoli, insieme a quello di Joel in Se mi lasci ti cancello, con cui ha saputo dimostrare la sua vena drammatica. Se The Truman Show ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nella storia del cinema, diventando indiscutibilmente un vero e proprio cult – lo dimostra l’affiche della scorsa edizione del Festival di Cannes -, lo deve soprattutto al suo intrinseco valore profetico. 

Era il 1998, infatti, quando Peter Weir e Andrew Niccol disegnarono, come il cielo intorno a Seahaven, l’affresco di una distopia che ad oggi, venticinque anni dopo, si è fatta realtà. Quella che adesso identifichiamo come una lucida quanto inquietante capacità di leggere il futuro prossimo della società, poteva essere letta in quegli anni come una fantasia delirante e fantascientifica. Ma anno dopo anno quella di Weir ha smesso di essere un’allegoria. E se l’idilliaca Seahaven e il rapporto tra Truman e Christof rimangono delle splendide metafore di carattere biblico, la rappresentazione della società diventa sempre più il lurido specchio del presente. 

Un mondo su misura

Jim Carrey in un'immagine promozionale di The Truman Show
Jim Carrey in un’immagine promozionale di The Truman Show

Truman Burbank è un ragazzo di trent’anni che vive nella piccola cittadina di Seahaven. È solare, cordiale, lavora come impiegato ed è sposato con Meryl. Quello che non sa però è che, dal giorno stesso della sua nascita, è l’ignaro protagonista del Truman Show, un reality incentrato proprio sulla sua vita. Seahaven nemmeno esiste. È soltanto la riproduzione di una città all’interno del set cinematografico più grande del mondo. Così come tutti i suoi abitanti, tutte le persone con cui Truman si interfaccia da ormai trent’anni, sono in realtà attori profumatamente pagati dalla produzione – genitori e moglie compresi. 

Seahaven è costruita a misura di Truman. Esattamente come la sua vita corre su un binario prestabilito. Da bambino sognava di fare l’esploratore, un ossimoro se vivi all’interno di una teca, come un animale in gabbia, ma anche un problema da risolvere, un uccello a cui tarpare le ali. Così, un incidente in barca, messo in scena per instillare in lui la paura dell’acqua, oltre a fargli credere di aver perso il padre, farà anche scemare quel suo desiderio di aprirsi al mondo.

Sarà proprio un fugace incontro con il padre, prontamente allontanato dopo un istante, a innescare una serie di meccanismi che porteranno Truman a dubitare della sua vita, conducendolo verso una lenta consapevolezza

The Truman Show: siamo tutti spettatori

Una scena del film
Una scena del film

The Truman Show sembra mettere in atto l’insegnamento di Hitchcock (qui uno speciale a lui dedicato) riguardo all’uso della suspance o della sorpresa. Veniamo immediatamente informati che ciò che andremo a vedere è un reality show incentrato sulla vita di Truman. Ma Weir avrebbe potuto fare il contrario. Avrebbe potuto metterci sullo stesso piano di Truman, facendoci scoprire poco alla volta, e parallelamente a lui, la realtà delle cose – un po’ come ha cercato di fare recentemente Olivia Wilde con Don’t Worry Darling. E invece ha scelto di metterci sullo stesso piano degli spettatori. Noi, come loro, siamo il pubblico del Truman Show.

Esaltazione della quotidianità e schiavitù tecnologica

Jim Carrey, Laura Linney e Holland Taylor in una scena del film
Jim Carrey, Laura Linney e Holland Taylor in una scena del film

Nel 1998 i reality show erano ancora agli albori di quel successo che invece riscuotono attualmente. Weir e Niccol ne avevano però già intuito le potenzialità, nonché le numerose criticità. Così come ben prima Orwell aveva profetizzato la dittatura degli schermi. Certo, quella che hanno dipinto, seppur con allarmante puntualità, è comunque un’esasperazione della realtà e della società odierna, di quei programmi televisivi che fanno record di ascolti. Ma venticinque anni dopo ha smesso di essere una fantasia delirante. E quindi ecco che diventa fondamentale renderci spettatori del Truman Show. Perché soltanto in questo modo potremmo immedesimarci con Truman

Da una parte siamo schiavi degli schermi, dell’esaltazione della quotidianità, siamo gli spettatori. Passiamo ora davanti al cellulare pensando che tutto ciò che vediamo sui social rappresenti la realtà. Sempre pronti a mostrare ogni piccola parte della nostra vita per avere in cambio quella degli altri. Sempre sottoposti a un’incessante propaganda. Siamo i prigionieri della Caverna di Platone, e guardiamo costantemente le ombre riflesse sulla parete. Siamo nel Matrix, ma ogni qual volta ci viene presentata la possibilità di scegliere la pillola rossa o quella blu, restiamo immancabilmente nel paese delle meraviglie.

Ecco che immedesimarsi in Truman significa prendere coscienza della propria vita, spezzare le catene che ci tengono imprigionati, vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio e salpare verso la libertà. 

The Truman Show: la metafora biblica

Ed Harris è Christof in The Truman Show
Ed Harris è Christof in The Truman Show

“La mia vita è il Truman Show. Una vita quasi sacra direi”. The Truman Show è iniziato da pochi minuti, ma subito c’è un riferimento alla sacralità. Christof, il cui nome è già un evidente analogia, ci viene presentato come Creatore, una figura trascendentale. D’altronde ha creato “un mondo dentro al mondo”, una cittadina utopica e idilliaca, dove condurre una vita apparentemente perfetta. 

Seahaven è il giardino dell’Eden, e il frutto proibito è, esattamente come nella Bibbia, la conoscenza. A differenza di Adamo ed Eva, banditi da Dio e costretti a conoscere il dolore, quella di Truman sarà invece una fuga volontaria, perché fuggire da Seahaven significa raggiungere la libertà. Mentre Christof guarda Truman come fosse la sua creatura, e in un certo senso è così, si mostra a lui sotto forma di raggi di luce, cercando di dissuaderlo dall’abbandonare quel mondo che ha creato per lui.

“Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te” afferma Christof. Ma una volta assaggiata la conoscenza, non è più possibile tornare indietro. Truman si dirige verso la libertà, solcando il mare con la Santa Maria. Finalmente è consapevole. Finalmente è un esploratore

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