The Fabelmans e altri 10: troppo metacinema negli ultimi 5 anni?

The Fabelmans da oggi è disponibile su Prime, e noi con l’occasione ci siamo posti una domanda: quanti altri film, come l’ultimo di Spielberg, parlano di cinema? Negli ultimi 5 anni si sono moltiplicati i registi che hanno voluto fare metacinema nelle proprie opere: ecco la nostra rassegna per conoscerli e darci una risposta. Saranno troppi?
The Fabelmans e altri 10: troppo metacinema negli ultimi 5 anni?

La domanda da cui partire potrebbe essere: perché tanto cinema nel cinema? Risponde Mitzi da The Fabelmans: “Si fa quello che il cuore ti dice di fare“.

Sentimenti non necessarii, signorina Luisetta! Voi non sapete che cosa siano e quali inebrianti gioje possano dare! Questa macchinetta qua, ecco: vi sembra che abbia necessità di sentire? Non può averne! Se potesse sentire, che sentimenti sarebbero? Non necessarii, certo. Un lusso per lei. Cose inverosimili. Ebbene, fra voi quattro, quest’oggi io – due gambe, un busto e, sopra, una macchinetta – ho sentito inverosimilmente

È Serafino Gubbio che parla, il personaggio di Pirandello che scrive un diario mentre lavora per una casa cinematografica: fa girare la manovella della cinepresa, fa le riprese. Era il 1916 quando Pirandello rifletteva sul cinema. Siamo nel 2023. E il cinema è ancora lo stesso: “sentire inverosimilmente“. Grazie a The Fabelmans che ci ha dato l’idea, cercando fra i film solo degli ultimi 5 anni, abbiamo riguardato dieci grandi titoli che raccontano del cinema (ma non solo).

C’era una volta a… Hollywood: una volta quando?

Di Caprio e Brad Pitt sono un attore e la sua controfigura
Di Caprio e Brad Pitt sono un attore e la sua controfigura

C’era una volta a…Hollywood è l’ultimo film di Tarantino. Esce nel 2019 e già dal titolo si presenta come un omaggio alla filmografia western degli anni ’60. Le premesse sono più metacinematografiche di quello che poi il film realmente è, ma è interessante collocarlo dentro la carriera di Tarantino. Raggiunge l’apice della sua ode al western, iniziata con le ambientazioni di Django e The Hateful Eight. L’amore definitivo per il genere all’italiana si esprime attraverso un film che ha a che fare dall’interno col cinema western. L’idea sembra questa: vuoi esaltare un tipo di cinema? Puoi farlo solo con un film al cinema.

Dolor y gloria: il cinema e (o è) la vita

Salvador e Alberto nel film
Salvador e Alberto nel film

È difficile non dire che il cinema è la vita nel film del 2019 di Pedro Almodóvar. Già in passato aveva messo a tema il cinema nei suoi su film, basti pensare a La mala educación del 2004, ma in Dolor y gloria il regista lo fa in modo profondamente autobiografico. Ripercorre molto della biografia del regista, ma soprattutto il cinema viene presentato come uno scopo che la salva, la vita. L’aspetto maggiormente indagato è quello dell’ispirazione, della creazione artistica e quindi del terrore per un regista di perdere, con esiti disastrosi, la motivazione a lavorare ad un nuovo film. Un metacinema più psicologico che tecnico, legato più alle fragilità dell’uomo che fa il cinema che alle dinamiche del cinema stesso.

Mank: una lotta per il cinema

Gary Oldman è lo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz
Gary Oldman è lo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz

Mank, diretto da David Fincher esce nel 2020, ma viene da quell’Hollywood in bianco e nero sullo schermo. Con ordine: nel 1941 esce Quarto potere di Orson Welles che, nel 1942, vince l’Oscar alla Migliore Sceneggiatura insieme Herman J. Mankiewicz. Nel 1971 la critica Pauline Kael, sul New Yorker, afferma che a Welles non spetta la paternità di quella sceneggiatura. Jack Fincher, padre di David, da questa vicenda trae la sceneggiatura che, ripresa dal figlio, nel 2020 sarà Mank. Fincher non ha lo scopo di prendere posizione nel dibattito, ma quello di raccontare una storia-simbolo di un sistema. Di uno sceneggiatore, Mank, che accetta di scrivere un film senza esserne accreditato, poi cambia idea e si contende un Oscar col regista che aveva tutti i diritti sul film, pur non avendolo scritto.

One Second e The Fabelmans: l’amore per una pellicola

Da The Fabelmans a One second: la pellicola è simbolo del cinema
Da The Fabelmans a One Second: la pellicola è simbolo del cinema

Le pellicole, o “le pizze“, nel cinema ci fanno ovviamente pensare a Nuovo cinema paradiso, che di anni ne ha parecchi più di 5 perché è del 1988. Figlio, o nipote, di quelle atmosfere di Tornatore, One second è un film del 2020 di Zhang Yimou ambientato durante la Rivoluzione Culturale cinese. Zhang, il protagonista, è alla disperata ricerca di una pellicola: l’ultima sua possibilità di rivedere ed ascoltare la figlia che non c’è più. Entrando a gamba tesa su una trama fatta di agonia, prigionia, lotta, il cinema in questo film è un talismano che preserva il ricordo, un secondo di appiglio per un uomo che vorrebbe sua figlia fosse eterna. Ecco la potenza, non affatto retorica, della manovella che girava Serafino Gubbio all’inizio dell’ articolo.

È stata la mano di Dio: Fabietto come Sammy in The Fabelmans

Fabietto nel The Fabelmans di Sorrentino
Fabietto nel The Fabelmans di Sorrentino

Sia Sorrentino che Spielberg ci dicono chiaramente una cosa: il cinema ha bisogno di maestri (e non sanno, forse, che lo sono diventati a loro volta). Antonio Capuano in È stata la mano di Dio e John Ford in The Fabelmans: entrambi sono esempi che i due giovani aspiranti registi protagonisti guardano con ammirazione e fame. Il cinema di Fabietto è un supplemento della realtà scadente che non gli basta. Rispecchia l’idea che il regista ha del cinema, come frutto della noia: “La noia delle conversazioni nella vita vera mi spinge a cercare dei dialoghi che non raccontino del più e del meno“. E per fortuna li trova.

Da YouTube al cinema: Marcel the Shell with Shoes On

Dietro le quinte del film in stop-motion
Dietro le quinte del film in stop-motion

La conchiglia Marcel compare in rete nel 2011: dopo 12 anni arriva al cinema con Marcel the Shell with Shoes On. Oltre ad essere un mockumentary che finge di raccontare la vita di una piccola conchiglia, è anche una testimonianza di come funzionano internet, e l’America, negli ultimi anni. Al di là del sentimentalismo che rende il film un concentrato di profonda dolcezza, c’è un aspetto inquietante. Riguarda internet, quel posto in cui un piccolo videomaker che si diverte con una conchiglia può finire intervistato in televisione, contattato da innumerevoli registi. Una storia di resistenza ed affetto dentro la telecamera. Di dinamiche attuali e scottanti, dall’altro lato della cinepresa.

Cut! Zombie contro Zombie: un set nel set

Il metacinema di Cut! Zombi contro Zombi
Il metacinema di Cut! Zombie contro Zombie

Si può fare del metacinema in un film presumibilmente horror? Il regista giapponese Shin’ichirō Ueda sicuramente ci dirà di sì. Nel 2017, infatti, realizza Zombie contro zombie – One Cut of the Dead e 5 anni dopo, nel 2022, Michel Hazanavicius ne fa il remake francese, di cui vi parliamo. La manipolazione metacinematografica raggiunge altissimi livelli, addirittura con una scena che straborda dai titoli di coda. Le riprese e le difficoltà della troupe, appesantita dallo scarso budget che ha disposizione per girare un film proprio sugli zombie, sono il fulcro di Cut!. Una troupe che fa un film (pseudo) horror su una troupe che fa un film horror: è spaventoso già così.

Babylon: meno da Oscar di The Fabelmans?

Nellie: la star in Babylon
Nellie: la star in Babylon

Se The Fabelmans è il film più amato da molti cinefili nel 2023, Babylon è quello più discusso (noi l’abbiamo recensito così). Damien Chazelle ci proietta nell’Hollywood dell’età dell’oro e la spietatezza con cui mette in scena i lati più oscuri dell’industria cinematografica gli sono costati lo snobismo degli Oscar. Racconta gli eccessi del cinema, lo scandalo a braccetto con il fascino che, invece, siamo soliti considerare esclusivo. Nonostante tutto, però, il cinema è divenuto immortale: questo ci dice il montaggio finale, che ripercorre la storia del cinema dalle origini ad oggi. Di questo siamo innamorati, malgrado (e per) tutte le sue esagerazioni.

Nope e The Fabelmans: a volte meglio spegnere la telecamera

OJ e Em: protagonisti di Nope
OJ e Em: protagonisti di Nope

Jordan Peele in un’intervista dice di Nope: “L’ho scritto in un momento in cui eravamo un po’ preoccupati per il futuro del cinema“. Forse è proprio per questo che si parla di cinema, riprese e televisione. Ci si presenta come un horror di fantascienza: in realtà è una grande opera metacinematografica, che ci parla della fine della tv, mangiata dallo streaming. Le figure aliene per smettere di essere ignote e per essere conosciute devono essere riprese. E quindi l’interrogativo di Sammy Fabelman, quando scopre il tradimento della madre nel film: forse sarebbe stato meglio spegnerla quella telecamera?

Il sol dell’avvenire sta a Moretti come The Fabelmans a Spielberg

Moretti protagonista come Spielberg (indirettamente) di The Fabelmans
Moretti protagonista come Spielberg (indirettamente) di The Fabelmans

Perché Il sol dell’avvenire è, nella carriera di Nanni Moretti, quello che The Fabelmans è in quella di Spielberg? Perché entrambi i registi con i loro due ultimi film hanno ricordato, prima di tutto a loro stessi, perché amano il cinema. Moretti, da sempre metacinematografico (Il caimano, Ecce bombo), ha riacceso la politicità che animava il suo cinema; Spielberg è ritornato al fascino di quand’era bambino. Il cinema va oltre il cinema nell’ultimo di Moretti. Mentre qualcuno chiede ai film di essere “solo canzonette“, parlando di cinema c’è chi ancora si azzarda a dire che sono molto di più.

The Fabelmans è da oggi su Prime: un titolo che riporta il cinema ad essere fascinazione e ci racconta di come il regista si è innamorato, nel vero senso del termine, del fare film. Un cinema, però, che è anche lente di ingrandimento di qualcosa che preferiremmo non vedere e che, come a tutti i sensibili, a volte fa desiderare di essere meno capaci di cogliere l’oltre della realtà. Avete letto una rassegna del cinema che, negli ultimi 5 anni, riflette sempre più su se stesso. Per difendersi e non dimenticare il proprio scopo? Probabilmente sì.

Facebook
Twitter