Partiamo col dire che non è che ci sia molto da dire su Strange Way of Life, il cortometraggio di Pedro Almodóvar presentato a Cannes 76 e anticipato da quella che potremmo definire un’eccitazione incontenibile da parte del pubblico ignaro. Proprio perché, appunto, il pubblico è ignaro, e potrebbe rimanere molto deluso da ciò che si troverà davanti. Anche se, gli va riconosciuto, a sentire le premesse poteva effettivamente diventare il cortometraggio dell’anno.
Era tutto hype per Strange Way of Life
Difficile non eccitarsi – in quale senso, a voi deciderlo per voi – anche solo facendo qualche nome. Di genere, di attori, di regista chiamati a dirigerli. Di font. Di poster. Ma soprattutto della premessa narrativa. Strange Way of Life è una cartolina e come tutte le cartoline fin troppo belle per essere vere, poi non sono vere. Anzi, piuttosto plasticose.
Anche se, va detto, a differenza delle altre cartoline che di solito danno solo fastidio e fanno anche sentire un po’ presi in giro, in questo caso ci viene ancor più voglia di Almodóvar, affinché sviluppi davvero quell’idea, in un lungometraggio, ma soprattutto da solo, senza commissioni da parte di case d’alta moda. Pedro Almodóvar, al contempo Re e Regina del cinema LGBT+, che chiama Ethan Hawke e Pedro Pascal – che caldo – per interpretare due cowboy omosessuali nel Vecchio West.
Sono letteralmente i due prototipi classicissimi del Magnifico Straniero di passaggio e dello Sceriffo onesto e integerrimo. Non si vedono da 25 anni e al tempo condivisero tanto. Ora si rincontrano, come vecchi amici e qualcosa di più. Ma fra loro si mette di mezzo un omicidio, questioni di famiglia. Fra loro si mette in mezzo il sesso. Che in realtà è amore, si legge loro negli occhi, anche se l’uno è più pudico dell’altro e si riveste sbrigativo. Anche se fra loro, potrebbe mettersi di mezzo una pallottola.
Cow-boni ma un po’ fake

Ethan Hawke e Pedro Pascal sono stupendi, sì. Boni, machos, omosessuali e non per questo meno machos. Saperli in quello che è stato definito un queer-western diretto da Almodóvar, forse il primo del suo genere, è qualcosa che deve, deve essere assolutamente sviluppato in un film. Però un film vero. E non perché un corto non sia un film vero.
Ma perché l’operazione di Strange Way of Life, una volta che si è visto, appare evidente. Non un’operazione cinematografica, ma un’operazione pubblicitaria. Che andrebbe pure bene, se la patinatura necessaria alla pubblicità – figurarsi poi, se il commissionario è Saint Laurent – rendesse improvvisamente di poco conto e poco innovativa la rivoluzione narrativa e di genere.
Di sesso, se ne vede poco. Qualche chiappa, sì, ma quello anche ai tempi dell’eterissimo Kevin Costner in Balla coi lupi. Soprattutto il problema, è che si avverte pochissimo il western. Tutto è pulito, tutto è tirato a lucido: le barbe, le stanze, i vestiti, le pistole. Per farvela breve: Strange Way of Life è un’operazione di costume design pernsata da Saint Laurent per mostrare una collezione démodé disegnata per l’occasione. Quindi è eterea come una vetrina, come una sfilata.
Strange Way of Life lo vogliamo più lungo

Pedro Pascal ed Ethan Hawke sono boni, machos e via dicendo. Ma sono anche troppo modelli e poco cowboy. Quindi la rivoluzione di genere promessa nel western – due uomini che si baciano, scandalo! – non si avverte granché perché il genere, semplicemente, non c’è. Non perché il western non possa essere pulito e debba essere per forza zozzo, ruvido e puzzolente. Ma la vera rivoluzione sarebbe stata far vedere che una storia d’amore così può eccome germogliare anche nel mezzo di stalle, selle e saloon.
Togliere lo sporco significa togliere gran parte dell’impatto conseguente alla rottura. Significa ottenere non un western con due cowboy omosessuali, ma una pubblicità molto laccata con due modelli Saint Laurent che, solo per un caso, indossano una collezione d’alta moda scimmiottante western. Il tutto rimane molto carino, molto ben impacchettato, molto sexy. Ecco, è sicuramente una bellissima pubblicità, la migliore che possiate ricordare. Ma poteva essere molto, molto più di questo: una delle migliori idee western degli ultimi anni.
Quantomeno, sarebbe proprio il momento che storie del genere si prendessero davvero la scena western, e non venissero ancora relegate (non per loro scelta, è ovvio) a contesti e aziende – quelle d’alta moda – che già contribuiscono, da sempre, a queste narrazioni. Insomma, Almodóvar, ascoltaci. Facci un film, con gli stessi attori, stesso poster, stesso logo, un po’ più di chiappe e sesso, baci barbuti e cavalcate di ogni tipo. Ma facci un film, non una pubblicità. Era bellissimo. Noi ci credevamo.
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