La casa – Il risveglio del male, recensione: ma è un risveglio a metà

L’ultimo capitolo tratto dal franchise creato negli anni ‘80 da Sam Raimi è La casa - Il risveglio del male, nelle sale dal 20 aprile. Raimi passa il testimone a Lee Cronin, regista di Hole - L’abisso (The Hole in The Ground), horror del 2019. Il nuovo film di Cronin riesce ad omaggiare le prime versioni e a distaccarsene allo stesso tempo.
La casa - Il risveglio del male, recensione: ma è un risveglio a metà

La casa – Il risveglio del male è il quinto prodotto tratto dall’horror di culto creato da Sam Raimi. Il film segna un nuovo ingresso nel franchise, quello di Lee Cronin alla regia e alla sceneggiatura. La storia si incentra su due sorelle, Beth (Lily Sullivan) e Ellie (Alyssa Sutherland) rimaste divise per molto. Beth lavora come roadie, Ellie vive a Los Angeles, in uno squallido agglomerato urbano con i figli. Quando Beth scopre di essere incinta decide di far visita alla sorella: il ricongiungimento si trasforma in una carneficina.

Il film ha inizio con uno scorcio cha avrebbe l’intento di omaggiare il primo capitolo, La Casa: una baita che affaccia sul lago, un gruppo e una possessione che li divorerà uno ad uno. Come accadeva al gruppo capeggiato da Ash. Un incipit flashforward abbastanza laterale, dato che il vero filo rosso continua sempre ad essere un nastro inciso e il ritrovamento del Libro dei Morti, che in questa versione in nessuna scena viene chiamato con il nome Necronomicon, lo pseudobiblion ideato da Lovecraft. Un libro finto ma citato come reale, in scritture reali. 

La casa – Il risveglio del male: le innovazioni…

L’allaccio alle versioni precedenti si ferma, fatta eccezione per l’utilizzo dell’iconica motosega di Ash (impugnata da Beth), alcuni elementi della tappezzeria della prima baita nella casa di Ellie, il doppiaggio di Bruce Campbell sulla voce del nastro e la trasformazione quasi immediata di Beth in un Deadite. E l’utilizzo rivoluzionario della shaky-cam, che permetteva a Raimi, ed ora a Cronin, di segnalare il POV del demone quando è in scena. 

Il prodotto di Cronin, che doveva presentarsi come un grande reboot, alla fine diventa una novità. E forse questa è la chiave vincente. Guardarlo come fan delle creature di Raimi, vuol dire assistere ad un ritorno a metà. Ma come spettatori vuol dire due ore in sala in cui scena dopo scena si superano limiti e aspettative a ritmo di jumpscares

Quando si ha l’impressione che la scena stia per rallentare, cessato insomma quell’elemento sonoro che in film come Paranolmal Activity si risolveva semplicemente premendo muto sul telecomando, per ritrovarsi poi a fissare le stanze vuote di una casa, si passa invece al lavoro d’immagine e di fotografia perfetto. Alyssa Sutherland scava nella mente (e nella carne, con l’espediente geniale di una grattugia) lasciando impressa una Ellie allucinata, in attesa dietro lo spioncino. E la sensazione, una volta tornati a casa, di veder sempre passare qualcosa con la coda dell’occhio. Li, proprio nell’angolo della stanza. 

…e le vecchie abitudini 

Bruce Campbell e il primo capitolo
Bruce Campbell e il primo capitolo

Circa 6500 litri di sangue sono stati utilizzati per le scene, tanto da rendere il sangue stesso un protagonista e di quelli difficili da contenere. Non ci riesce neanche l’ascensore nella scena omaggio a Kubrick. La prima versione lo aveva reso un titolo di riferimento nel genere gore. Le successive, rivoluzionarie, demenziali, l’oggetto di un umorismo slasher da deepweb. L’attuale capitolo si rifà più al primo. Film che pur non presentando una vena humor, scatenava comunque una risata nelle reazioni d’ira di Ash, provocato all’estremo dal demone della fidanzata. 

Allo stesso modo, un sorriso viene fuori comunque al sentire Ellie pronunciare frasi come: “Mammina è con i vermi” o “Desideravo spaccarvi a metà […] per essere un’unica famiglia felice”. Eppure si è così dentro le vicende che lo stile di battuta da L’Esorcista, Poltergeist o anche Hellraiser, dà la sensazione che la sospensione dell’incredulità vada ad infrangersi. 

Sorprendentemente gli effetti visivi (straordinari) si appoggiano meno alla post-produzione e più al trucco prostetico. Come era avvenuto nei primi capitoli diventati così crudi da riuscire ad uscire dalla censura solo grazie al tempo e ad una recensione di Stephen King. Nonostante ciò, gli effetti, pur ben riusciti, non si differenziano molto da quelli presenti in franchise come The Conjuring o Insidious.

La casa – Il risveglio del male: horror “sociale”?

La casa - Il risveglio del male e Danny
La casa – Il risveglio del male e Danny

La storia si sviluppa in una sola location, creando una claustrofobia vicina a Inside o a The Whale. Ma la vera novità inserita dal regista è quella di un incubo al femminile, in cui l’unico ragazzo, Danny, è proprio colui che apre il libro infernale, ribaltando la retorica da cacciata dal paradiso. I padri sono assenti e la madre, stremata, è la prima ad essere posseduta. Solo con la possessione riesce ad ammettere quanto orripilante le risulti la vita di famiglia. 

Forse la storia non si spinge molto oltre su questo punto, e ci si potrebbe chiedere perchè un horror dovrebbe farlo. Si deve vedere del sociale o del politico in tutto? Trump si pronunciò dicendo che il cinema non deve sempre fare politica o essere sociale, ma la realtà è che il cinema è per forza di cose sociale, perché fatto da umani, esistenti per forza di cose in un contesto sociale.

Anche quando Raimi descriveva l’invasione dei non morti in una baita, si stava divertendo. Ma stava comunque parafrasando la grande paura americana degli anni ‘80 della guerra batteriologica, paura descritta anche in Italia, tramite il cinema di Lucio Fulci. 

La casa – Il Risveglio del male si piazza, come questa recensione stessa sulla metà del filo. Tra l’omaggio un po’ assente e l’horror stupendo, che può intrattenere anche senza il legame con i primi film.

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