Gonzo Girl è l’esordio alla regia dell’attrice Patricia Arquette, e che abbiamo potuto osservare alla Festa del Cinema di Roma. Si tratta di una trasposizione cinematografica dell’omonimo libro del 2015 di Cheryl Della Pietra, che era stata l’assistente di Hunter S. Thompson (scrittore e inventore del gonzo journalism) e ha quindi raccontato la sua esperienza in maniera semi-autobiografica. Infatti i nomi nel libro, e nel film, non sono reali.
Nel cast abbiamo Camila Morrone, prima volta da protagonista, e come co-protagonista c’è uno straordinario Willem Dafoe, che recentemente ha anche espresso un suo desiderio di tornare nei panni di Goblin anche dopo No Way Home. Come vedremo, non è solo la sua interpretazione a surclassare il resto, ma è proprio il personaggio a prendere il sopravvento durante l’evoluzione della trama.
Gonzo Girl, un (poco) lucido delirio

Tutto quello che vediamo lo possiamo osservare attraverso le esperienze di Alley Russo (alter ego della scrittrice). Scopriamo quindi che dovrà fare da assistente al grande scrittore Walker Reade, e che questo la porterà in un esperienza caotica, delirante, e assolutamente frustrante nel suo ranch in Colorado. Walker è una Rock Star, ha fascino, carisma, è spavaldo e testardo. E sì, fa anche uso di qualsiasi droga gli capiti sott’occhio. È veramente bello vedere Dafoe in questo personaggio.
La sua è una interpretazione completamente diversa, molto più senile, del qui sotto mentite spoglie Hunter S. Thompson che Johnny Depp aveva così ben reso in Paura e Delirio a Las Vegas di Terry Gilliam e, diventatoci amico per meglio carpirne le movenze, alla morte dello scrittore lo sparò con un cannone secondo le sue volontà. Storia vera. Ma torniamo al nostro Walker.
Si capisce subito una cosa di Walker: che ama più drogarsi e fare festa piuttosto che scrivere. Alley è stata assunta proprio per questo, cercare di rimetterlo in riga e fargli scrivere un libro prima della scadenza che ha con la casa editrice. Un libro buono, si spera. Ma di pagine decenti Walker non ne scrive da almeno 15 anni. Nonostante un ambiente decisamente tossico, e uno scrittore da cui pare lei non possa imparare niente, Alley sceglie comunque di rimanere. Sia per aiutare il suo idolo letterario, sia perché ha un disperato bisogno di soldi. Ma anche perché è estremamente convinta che rimanere e adattarsi al loro stile di vita insano, possa in qualche modo renderla una scrittrice migliore. Oppure una scrittrice famosa.
Personaggi “negativi”

Il film evita fino infondo il giudizio dei suoi personaggi, nonostante le loro azioni siano tutt’altro che raccomandabili. In realtà è evidente come in alcune scene si parli anche del rapporto non paritario che c’è tra i protagonisti, ma è anche vero che per la gran parte del film ad Alley pare vada bene. A lei piace la folle vita con Walker, la diverte. E lui è uno schizzato, sì, ma anche un genio. A un certo punto del film viene detto che “non tutti diventano i personaggi principali“, e forse ad Alley è accaduto proprio questo. Non è stata infatti la Gonzo Girl a condurre il film, ma il Gonzo Man, e a tutti va bene così.
Non è che Alley venga completamente messa da parte. Noi riusciamo sempre a comprendere quello che prova quando ad esempio i suoi sforzi vengono denigrati. Quando non riesce a prendersi il merito di quello che ha scritto. Ma i pensieri che scrive sul suo diario vengono sempre meno, per lasciar entrare Walker anche nei suoi pensieri più privati. L’esperienza raccontata in Gonzo Girl è interessante, ricca di elementi che inevitabilmente richiamano attenzione. Eppure noi spettatori non usciamo dal cinema tanto cambiati quanto Alley dopo la sua avventura con Walker. Un po’ ci dispiace.