Se c’è qualcosa che accomuna un film di Nanni Moretti ad un altro, è soltanto una: Nanni Moretti. Esordisce a 24 anni, con Io sono un autarchico nel 1976, e dopo quasi cinquant’anni è ancora al cinema con il suo ultimo film: Il sol dell’avvenire. Ci sono tematiche ricorrenti, c’è uno stile inconfondibile e non mancano mai volti-simbolo nel cinema di Moretti; ma più di ogni altra cosa è Nanni che dirige Nanni ad essere dirompente. Moretti personaggio e regista di se stesso, su questo vorremo incentrare la rassegna di oggi.
L’occasione è quella di un arrivo esplosivo su Prime Video: Caro diario, Palombella rossa, La stanza del figlio, Il caimano, Habemus Papam, Mia madre, Tre piani. Tutti disponibili da Giugno sulla piattaforma streaming.
Professione Michele Apicella

I nuovi arrivi su Prime rendono la filmografia di Moretti monca della sua prima fase, quella “apicelliana”, dal cognome della madre del regista. In streaming troviamo soltanto l’ultimo dell’era, Palombella rossa. Tutti i suoi primi sei film, invece, (escluso La messa è finita, 1985) sono imperniati sul personaggio-alter ego con cui ha esordito. E potremmo dire di più: i primi sei film di Moretti sono Michele Apicella, punto.
L’alter ego al cinema non è una novità, basti pensare a Fellini o Truffaut; ad essere innovativo è che Moretti è alter-ego di se stesso. Non sceglie, il regista, un attore ricorrente in cui trasferire qualcosa di sé (Mastroianni per Fellini, Antoine Doinel per Truffaut). È regista ed attore del proprio film, che non è autobiografico: quindi diventa personaggio di se stesso ma dentro al personaggio non si eclissa.
Uno, nessuno, centomila Michele Apicella
Michele Apicella è il nome del personaggio protagonista dei primi sei film di Nanni Moretti. Ma ognuno dei protagonisti è un personaggio diverso in tutti i sei film. Restano identici soltanto il nome e il volto. Michele è uno, è nessuno ed è centomila tutti insieme, come Vitangelo Moscarda alla pirandelliana ricerca della maschera più adatta. Apicella è un dilettante attore teatrale nella sua prima apparizione sullo schermo; poi diventa Ecce bombo, un regista in Sogni d’oro, un insegnante in Bianca e la “palombella rossa“, ex campione di pallanuoto.
Cambiare tutto per non cambiare niente. Ecco Michele Apicella, un Gattopardo dalla voce cantilenata, una coscienza politica problematica, che incarna le due facce di una stessa medaglia: il sarcasmo e la paranoia. In tutti i cinque film ci aspetteremmo che Michele, al telefono, chieda “mi si nota di più se vengo o se non vengo?“, perché in fondo non cambia mai davvero. Ma allo stesso tempo è immagine di 5 figure umane diverse, ruoli, atteggiamenti e caratteri differenti come differenti sono i titoli di cui stiamo parlando. Un solo comune denominatore: essere specchio dell’anima di Nanni Moretti, ognuno dei 5 cogliendone un aspetto diverso.
Addio Michele Apicella, piacere Nanni Moretti

Nel post Michele Apicella possiamo individuare due fasi della filmografia di Moretti, cui appartengono gli arrivi su Prime: una che mantiene i toni dei primi sei film, insistendo sui temi della religione e del cinema; un’altra che perde un po’ lo smalto dell’ironia, del sarcasmo, e si ripiega nella drammaticità. Dal punto di vista di “Nanni che dirige Nanni” dobbiamo fare un discorso per Caro Diario ed Aprile, un altro per tutti i rimanenti.
Nei due film appena citati, rispettivamente del 1993 e del 1998, Nanni Moretti è linearmente attore e regista di se stesso, senza più alcun personaggio. Sono, infatti, i due film autobiografici della sua carriera, e programmaticamente racconta di sé sullo schermo. È il patto implicito con gli spettatori che consente di riconoscere nel Nanni Moretti sulla scena il Nanni Moretti vero, reale, privato.
Potremmo dire che sono i due titoli dell’intimità, espressa dalla forma di scrittura più privata in assoluto, quella del diario (Caro diario); e dalla narrazione della nascita di un figlio (Aprile). Una chiara rappresentazione di sé, però, che ci manda in cortocircuito. Se pensiamo, infatti, agli altri film di Moretti che di autobiografico, sulla carta, non raccontano niente, ci sembra di vedere quell’identico Nanni. A cambiare sono le circostanze e le situazioni con cui si confronta: proprie della sua vita biografica nel caso di Caro diario ed Aprile, immaginarie in tutti gli altri film. Ma l’uomo interprete di se stesso è poi trasferito nell’interprete di un personaggio, quando intorno gli si costruisce una vicenda virtuale. Nanni Moretti sembra fare un eterno gioco con la propria vita: “facciamo finta che mi succeda questo“, ed ecco i film.
Un’eccezione: Nanni Moretti-Caimano

Il caimano, del 2006, rappresenta un unicum, un eccezione al discorso appena concluso. Nanni Moretti è se stesso nel film che dirige, ma non siamo in una vicenda autobiografica. È la storia di un produttore in declino che, disperato, appoggia il progetto di una giovane regista: raccontare la (mala)vita di Silvio Berlusconi. Nella spasmodica ricerca di un attore che interpreti il politico più chiacchierato d’Italia, Paolo Bonomo e Teresa arrivano proprio da Nanni Moretti. Ovviamente in macchina, cantando a squarciagola una canzone italiana (ecco la scena in questione).
In quello che sembra essere il ruolo più incredibile, nonostante sia il più breve, del regista-attore di se stesso, Nanni Moretti diventa Silvio Berlusconi. Lo diventa in un film nel film, dopo aver in un primo momento rifiutato perché “sta pensando ad una commedia” e ha rinunciato ai film politici – dice da personaggio – proprio mentre, come regista, in realtà un film legato alla politica lo sta realizzando. Quel disimpegno che fa desiderare ironicamente al suo personaggio è completamente rovesciato nel discorso conclusivo del film di Nanni-Silvio. Nessuna somiglianza fisica, niente a che vedere col Berlusconi di Servillo per intenderci. Nessun tentativo di assomigliargli, riprodurne la dizione, le movenze, gli atteggiamenti. Soltanto il solito Nanni Moretti, identico a se stesso, che però spu****a Silvio Berlusconi con pochi minuti di sole parole.
Un personaggio che conosce il suo autore

Abbiamo capito che Nanni Moretti è il regista degli ibridi. Dopo un se stesso autobiografico che sembra tutti gli altri, arriviamo al Nanni Moretti-personaggio passando per alcuni ruoli sul filo del rasoio. Quelli in cui il protagonista del film interpretato dal regista si chiama Giovanni. Parliamo di La stanza del figlio, Bianca e Il sol dell’avvenire (qui la nostra recensione). Non sono vicende autobiografiche: come dicevamo prima Moretti gioca a “facciamo finta che” e in questi tre titoli si tradisce proprio col nome: Nanni si cala dentro le vicende portando sulla scena se stesso. Per come avrebbe vissuto se gli fosse accaduto nella vita reale. È un personaggio perché parte di una sceneggiatura di fantasia, ma si chiama Giovanni: proprio come se quella sceneggiatura fosse una messa in prova per se stesso. Una realtà virtuale, un giro di giostra nella vita di qualcun altro. Ecco cosa ci fa vedere: che uomo sarebbe stato Nanni Moretti se avesse vissuto nella trama di quei film. E in fondo che si chiami Michele, Nanni o Giovanni, a noi sembra di conoscerlo davvero bene e che sia sempre lo stesso: come quella coperta di Sogni d’oro, la Vespa, o una canzone di Battiato.
Infine don Giulio (La messa è finita), lo psicanalista Brezzi (Habemus papam) e Vittorio Bardi (Tre piani): l’ultima sfumatura di questo caleidoscopico Nanni Moretti. Lo lasciamo dire a voi: sono semplici personaggi e Moretti ne è soltanto regista-interprete? O anche qui c’è qualcosa di più? Chi scrive, probabilmente, avrete già capito come la pensa. Non ci resta che correre su Prime!