Dopo due anni di attesa è finalmente arrivata la seconda stagione della serie televisiva Sweet Tooth. Sul finale della prima stagione tutte le aspettative del piccolo Gus vengono infrante. La delusione però passa in secondo piano quando comprende di dover lottare per la libertà e la salvezza della sua specie. Una seconda stagione ricca di pathos ed evoluzioni, dove si inizia a comprendere ancor di più il vero senso dell’opera.
Sweet Tooth, il limbo di Gus

La seconda stagione parte con toni decisamente più cupi rispetto alla prima parte dell’opera. Dopo la scottante delusione derivata dalla scoperta delle sue origini, Gus prende più consapevolezza del mondo in cui vive. Un mondo dal quale giustamente il suo “pubba” voleva proteggerlo, in cui la specie umana tiene in pugno quella ibrida. Gus è ormai imprigionato insieme ad un gruppo di suoi simili in quella che era la riserva naturale degli ibridi. Un luogo protetto e di libertà trasformato in un incubo ad occhi aperti.
Gli occhi chiusi son quelli del piccolo ibrido camaleonte, trasportato ormai morto in una capsula dopo possibili esperimenti. Il nostro protagonista vede in faccia la realtà: è appena iniziata una lotta alla sopravvivenza. Ciò che traspare però di positivo in questi primi attimi è l’unione che i ragazzini dimostrano, grazie anche all’aiuto dello stesso Gus. Il piccolo cervo per la prima volta si trova in un gruppo di suoi simili, sentendosi subito a suo agio. Diventa in un primo momento figura importante del gruppo, ma le difficoltà non tarderanno ad arrivare.
Continua senza sosta il percorso di crescita del ragazzo, toccando varie sfumature della vita e del rapporto con gli altri, in cui predomina il topos di giusto e sbagliato. Si ritrova isolato dai suoi stessi simili. Un’esistenzilità ai margini del mondo e perfino del suo stesso io. Una creatura lasciata in un limbo in cui nessuna delle due specie lo accoglie a pieno. Gus, come dirà poi il generale Abbot, lotta per vivere in un mondo che evidentemente nemmeno lo vuole.
L’inferno degli effetti speciali
Lodevole l’idea di utilizzare effetti speciali artigianali, difatti i creatori della serie hanno dichiarato di essersi ispirati al lavoro fatto su E.T. (scopri qui la posizione in classifica dei film di Spielberg) o in Gremlins, ma se il risultato finale non è all’altezza, resta solo la lode al pensiero. Insieme ai due film appena citati, torna alla mente anche La storia infinita del 1984, e se ben tre pellicole dei primi anni ’80 sembrano averlo fatto meglio di te, un po’ ci rifletterei su. Gli animatronic sarebbero stati una scelta azzeccata per Sweet Tooth solo nel momento in cui tutto fosse risultato perfetto.
Per quanto riguarda invece la soluzione “mista” degli altri ibridi, anch’essa risulta abbastanza tiepida. Molti sono quasi totalmente umani, con pochi dettagli animali dopo il passaggio in zona trucco e parrucco. Altri invece quasi totalmente animali, con tute e probabilmente qualche accorgimento alla computer grafica. L’alligatore Peter nella sua goffaggine e stranezza però convince. L’elefante del gruppo, dal doppiaggio nasale discutibile, invece molto meno.
I protagonisti di Sweet Tooth: le porte del paradiso si chiudono?

Dopo la comparsa dell’ibrido Peter nei laboratori dove Gus è stato creato, si inizia a capire perché molti umani hanno avuto timore di queste creature. Il dottor Singh scopre cose che noi già sapevamo e la trama inizia a muoversi un po’ dopo tre episodi abbastanza inconcludenti che giravano su loro stessi. Il ritmo delle puntate iniziali è infatti abbastanza blando e ripetitivo, con la narrazione che sembra non decollare mai ed essere stantia. Si ha quindi tempo di analizzare i vari protagonisti.
Il chiaroscuro di Bear e del Dr. Singh
Nonostante sia un personaggio presentato come positivo nell’opera, Singh è accecato dal desiderio di salvare la moglie. Per trovare la cura al virus difatti sacrifica molti ibridi, e la pietà lascia spazio all’indignazione. Il comportamento dello scienziato quando inizia a voler risposte da Gus risulta estenuante. Eccessivamente impaziente trasmette ansia anche a chi guarda.
In effetti entrambi gli uomini di potere hanno al loro fianco una controparte più umana e di cuore. Il cuore dei due è invece dovuto necessariamente marcire man mano a causa di necessità e doveri del loro ruolo. Come se il loro destino li avesse condotti verso il lato oscuro pur di salvare l’umanità. Il generale si lascia inglobare dal suo desiderio di onnipotenza, che lo porta a sentirsi come Noè. Lo scienziato invece senza accorgersene si prodiga nell’allestimento dell’arca che porterà la specie umana a non estinguersi, a scapito di quella ibrida.
La narrazione più avvincente sembra essere quella riguardante Bear, ex leader dell’Animal Army. L’evoluzione del suo personaggio è la più interessante. Dapprima capo della gang, poi reietta con Jepperd e Gus, e infine isolata da tutti e disposta a tutto pur di salvare i suoi amic. Il suo è un finto chiaroscuro, ed una mossa vincente.
Jepperd, grandi rimorsi per grandi uomini

“Uomo grande” si conferma essere uno dei personaggi migliori della serie. Una vita distrutta, da dolori e rimorsi. Questi ultimi salgono numerosi a galla in questa seconda stagione. La sofferenza di Jepperd è pregna della voglia di redenzione, anche se perfettamente consapevole che ciò che ha fatto non potrà mai cancellarlo. ATTENZIONE, in arrivo piccoli grandi SPOILER!
Cacciare e consegnare ibridi agli “Ultimi uomini”, per poter ritrovare la moglie ed il figlio anch’esso ibrido, è più di una macchia sul cuore. Un’anima lacerata che in molti momenti l’attore riesce a trasmettere perfettamente. La terrificante scena del sacco a cui sono allacciati i braccialetti d’ospedale della moglie e del figlio, in cui trova i loro teschi, lascia senza parole e fa in parte comprendere il travagliato vissuto dell’omone.
Sweet Tooth, chi è il vero mostro?

A Gus verrà tagliata una delle sue preziose corna da cervo, ma Wendy, ibrido maiale con grandi doti da leader, ci tiene a ricordargli che gli ricrescerà più forte di prima. Una metafora che allude chiaramente anche al suo spirito da condottiero di questo gruppo di emarginati. Il suo coraggio si eleverà fino ad inghiottire la paura, affrontando di petto i quattro rappresentanti del mondo ormai rimasto. Il coraggio di Gus è quello di tutti coloro che in un modo o nell’altro, subiscono ingiustizie, fino a pagare anche il prezzo più alto.
Ciò che però il piccolo protagonista non ha considerato è che l’essere umano può essere così spietato da eliminare persino i suoi simili, anche se rientrante nell’ultimo 2% del pianeta, pur di salvare sé stesso. Sweet Tooth è una serie che all’apparenza può sembrare per tutti, ma che in realtà racconta molti dei lati più oscuri del genere umano. Una serie che mette dinanzi allo specchio molte persone. Una serie dove due razze sono in lotta per un mondo che potrebbe sì accoglierle entrambe, ma che sprofonda nella predominanza della specie che crede di aver più diritto a quella terra.
Una parabola vista in tantissime opere. Antesignana ne fu il celeberrimo Devilman del maestro giapponese Gō Nagai. Lì si vedevano contrapposte la specie umana ed i diavoli, in una lotta dove il significato di bene e male si perdevano e mescolavano, rivelandosi sempre in discussione. E se il vero demone, o il vero mostro (ibrido), fosse l’umano stesso?! Se c’è qualcosa in cui Sweet Tooth riesce sicuramente, è farci sorgere questo dubbio.