Nicolas Cage è veramente un pessimo attore?

Nicolas Cage fa ridere. Gli occhi sgranati, le urla, i versi fanno parte di un campionario di gesti tipici che lo hanno reso una celebrità del web, senza però minare le sue qualità di attore.

Nicolas Cage è un attore decisamente controverso. La sua carriera prese il via nel 1983 grazie alla spinta di suo zio, Francis Ford Coppola, che gli offrì una parte secondaria nel film Rusty il selvaggio. Da quel momento Nicolas Kim Coppola abbandonò la notorietà del proprio cognome per adottare lo pseudonimo “Cage”, preso in prestito dall’eroe “a pagamento” Luke Cage (personaggio dell’universo Marvel). Il supereroe è una vera e propria fonte d’ispirazione dell’attore californiano, in particolar modo per la sua anima mercenaria: Cage interpreta la recitazione come un semplice mestiere remunerativo e, sotto questa luce, partecipare a molti film è un sinonimo di lavorare sodo. “Sono un americano che crede nel lavoro”, questa è la risposta semi-ironica (con Cage ironia e serietà sono distinti da un filo estremamente sottile) rivolta ai giornalisti che lo accusano di prestarsi ad un numero spropositato di lungometraggi.

La filosofia dell’esuberanza partecipativa caratterizza l’intero arco della sua carriera ed è anche uno dei tratti peculiari che costruiscono il suo personaggio, ormai elevato a fenomeno della cultura web: dalla diffusione dei meme ai video dei suoi deliri espressivi. Se da una parte gli eccessi di Cage (nella vita privata quanto sul set) gli hanno concesso un ingresso nell’olimpo della viralità demenziale, dall’altra hanno attirato la condanna di gran parte della comunità cinematografica che indugia eccessivamente sui prodotti di scarsa qualità. Tuttavia, tra gli strati della sua filmografia, sono presenti molti titoli memorabili nei quali la prestazione eccedente di Cage risulta estremamente efficace: Nicolas Cage è divertente e intrattiene ma, in primo luogo, è anche un validissimo attore.

Cage
Nicolas Cage è un supereroe

Ci sono tre categorie di film interpretati da Cage: film brutti, film brutti ma abbastanza folli da essere divertenti e film meritevoli. All’ultima categoria appartengono le opere firmate da grandi registi, i buoni film d’azione e le produzioni indipendenti; se c’è una conseguenza della sua etica di lavoro sconsiderata, è proprio l’ampia varietà di ruoli accettati che lo rende un attore presente in maniera massiccia sia nelle dinamiche di Hollywood sia nei circuiti dei Festival. L’ultimo esempio riguarda la recente edizione del Sundance Film Festival, dove l’action/horror Mandy è stato accolto come uno dei migliori prodotti degli ultimi anni (con un gradimento del 100/100 su Rotten Tomatoes), con grande merito della “performance vulcanica” di Cage. Tuttavia per disporre di una miniatura dei suoi lavori è sufficiente prendere in esame i film degli ultimi anni: emerge chiaramente la convivenza di prodotti più o meno imbarazzanti come Pay the Ghost o USS Indianapolis, thriller e action di buona fattura come The Trust e indie di successo come Joe (presentato al Festival di Venezia). Anche il cosiddetto “Cinema d’Autore” è sempre stato nelle corde di Cage: da Martin Scorsese ai Coen, da David Lynch a Paul Schrader, da Brian De Palma a Spike Jonze, passando per Oliver Stone e Ridley Scott, l’attore è uno dei pochi in circolazione ad aver collaborato con le maggiori personalità del panorama cinematografico recente; e non basta di certo l’influenza dello zio per giustificare trent’anni di carriera cadenzati da ricorrenti e illustri collaborazioni.

Il punto è che Nic Cage possiede uno stile recitativo riconoscibile e non molto diffuso, per cui quando un regista necessita di un certo grado di allucinazione, sa a chi rivolgersi. Anche per questo i film in questione risultano atipici (in particolare nel tono) rispetto agli altri termini della filmografia di certi autori: è il caso di Cuore Selvaggio di Lynch (Palma d’Oro nel 1990) e Al di là della vita di Scorsese. In ogni caso gli esiti più brillanti di questa pratica attoriale definita “Mega-Acting”, sono due film in particolare: Il Ladro di Orchidee (Adaptation) di Jonze e Il Cattivo Tenente di Werner Herzog, che valsero a Cage rispettivamente una nomination agli Oscar (dopo il premio a Miglior Attore per Via da Las Vegas) e la vittoria come Miglior Attore al Toronto Film Festival. Entrambi sono caratterizzati da drastici incubi psicologici, il primo sdoppia la proiezione turbata di Charlie Kaufman (ci sono ben due Nicolas Cage), mentre il secondo segue il percorso completamente folle di un tenente di polizia di New Orleans. Il Cattivo Tenente, gonfio di lens-flare e manipolazioni visive, non è solo una miniera inesauribile di scene cult (tra tutte, le visioni con protagonista un’iguana psichedelica) ma anche una delle esperienze spettatoriali più schizzate dell’ultimo decennio.

Cage
Da “Il Cattivo Tenente”

In tempi recenti si sta assistendo ad una rivalutazione delle performance di Cage (in particolare a livello di critica), parallela alla solita perenne demonizzazione; una vera e propria contro-tendenza (a tratti fanatica), che esalta qualsiasi espressione di questa foga recitativa, interpretata come altamente sperimentale. Ovviamente questo campo speculativo è fuori luogo (come tutti gli estremismi teorici): le posizioni intermedie sono però significative, su tutte quella del famoso critico Roger Ebert, che fu un sostenitore della dignità professionale di Cage, definito un attore a due marce:” intensa e ancora più intensa”. L’intensità, secondo lui, si prestava bene per ruoli come quello in “Face/Off”, rendendo inoltre interessanti opere altrimenti non degne di nota, come Segnali dal futuro.

Il “Mega-Acting” dunque è una prestazione intenzionalmente eccessiva che non scade nell’Over-Acting, caratterizzato piuttosto da una rappresentazione pretenziosa e non credibile. Questo termine è stato coniato appositamente per Nicolas Cage; con lui lo strabordare non risulta fasullo dal momento che un certo grado di auto-ironia lo accompagna sia sul set che fuori. Cage è un attore che si diverte con il proprio lavoro e i propri guadagni, caratterizzato da un senso del sarcasmo di cui molto spesso il cinema impegnato moderno è sprovvisto. Il contatto tra arte e vita privata raramente è stato così coerente come in Cage: da un tizio indagato per aver acquistato un teschio di Tarbosauro rubato, ci si aspetta anche che possa mascherarsi da orso e picchiare donne incontrate per caso (scena tratta da The Wicker Man, per il quale l’attore ha ottenuto diverse nomination ai Razzie, tra cui miglior coppia:”Nicolas Cage e il suo costume da orso”).

“Not the bees! Not the bees!”, cit.

Tralasciando la mia sconfinata simpatia per questo attore (come si fa a non voler bene ad un uomo che definisce il proprio stile come “noveau shamanic acting”), Cage è obiettivamente una personalità importante del mondo del cinema, tanto per i premi ricevuti e le collaborazioni strette, quanto per la potenza di certe sue prove attoriali. Gli occhi fuori dalle orbite, le urla alternate a sussurri, una fisionomia particolarmente psicotica, sono tutti elementi che non dovrebbero essere così poco digeribili, soprattutto per un cinema come quello contemporaneo, estremamente vario sul piano formale e completamente emancipato dagli obblighi di una messa in scena verosimile o sobria. Cage ha evidenziato un ventaglio espressivo poco ortodosso che si presta in maniera splendida alla comicità del web (di cui tra l’altro va molto fiero), ma che ha mostrato degli impieghi altamente incisivi anche nella descrizione della violenza e della follia, uno dei campi rappresentativi più prolifici dell’arte cinematografica.

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