Dal 6 aprile, per gli iscritti di Prime Video, è possibile immergersi in Moonage Daydream, realistico racconto di Brett Morgen sul mondo psichedelico di David Bowie. Degna narrazione di un artista del suo calibro, il film non si limita a conformarsi alle regole solite del documentario. È piuttosto un viaggio sensoriale, un trip allucinogeno nei meandri del Duca Bianco. Meandri, i suoi, scavati a fondo e esplorati per la prima volta in via ufficiale, a 7 anni dalla scomparsa dell’artista britannico che ha cambiato le sorti della musica.
Svariate sono state le testimonianze filmiche su Bowie, si vedano le ultime Finding Fame e The Last Five Years, o anche il biopic Stardust di Gabriel Range; Moonage Daydream, tuttavia, è considerabile il primo ufficialmente autorizzato. Il risultato è un prodotto immersivo a 360 gradi, capace di raccontare quello che a tutti gli effetti è un universo inenarrabile: la complessità di David Bowie.
L’enorme lavoro di ricerca per Moonage Daydream

Brett Morgen non è nuovo nell’ambiente documentaristico, neanche se si parla di quello strettamente musicale: nel 2015 aveva lavorato a Montage of Heck, su Kurt Cobain. Se il suddetto era abbastanza confacente al classiche regole del genere, con Moonage Daydream Morgen fa un bel passo avanti: non si limita ad indagare la vita o l’arte del mitico Bowie; piuttosto ne dipinge l’interezza. Bianco e nero, armonia e caos -per citare uno degli elementi ricorrenti nella pellicola- di un artista immenso che non sarebbe descrivibile se non a partire dalla sua intrinseca polarità.
Un lavoro magistrale, quello di Morgen tra ripresa, montaggio e adattamento di cinque milioni di filmati, registrazioni e footage inediti. Un labor limae della durata di oltre cinque anni, volto a restituire alla figura di Bowie, per quanto possibile, tutta l’assolutezza del suo genio.
Il cosmo musicale nella sua interezza

Nel film si susseguono scene già conosciute a scene inedite, frammenti di interviste e riflessioni del cantante, in un viaggio paragonabile a quello di Méliès sulla luna. L’universo a cui Bowie si confà risulta tanto complesso e articolato quanto quello realmente astronomico. Morgen riprende un mondo fatto all’apparenza di stravaganze ed eccessi (qui vi abbiamo raccontato un episodio relativo a tali esagerazioni del cantante). I lustrini e la fama scintillante sono in grado di sottendere però una profondità fuori dal comune, resa comprensibile e fruibile ai più grazie all’accorto uso dell’arte musicale.
Lo spettatore, sia questo un fan di Bowie o al suo primo approccio con la figura (anche se chi scrive consiglia la visione a chi abbia già un minimo di conoscenza pregressa), viene trasportato inesorabilmente in un pastiche enciclopedico. Filmati, immagini, interviste, apparizioni in tv, stralci di concerti, film, video musicali che vengono mixati, sovrapposti e ripuliti in un lavoro talmente estraniante da risultare efficace nella descrizione di uno spazio così variegato.
Morgen fa uso di una struttura più o meno cronologica, interrotta spesso da flash-back e flash-forward e arricchita dall’onnipresente -com’è giusto che sia- elemento musicale. Anche la scelta della colonna sonora risulta, in effetti, innovativa: ci sono capisaldi della produzione di Bowie, come Life on Mars o Heroes, ma anche inediti come il medley live di ‘The Jean Genie / Love Me Do’ o brani meno celebri come Ian Fish U.K. Heir. Particolarmente apprezzabile è la scelta stilistica di non creare un memorial-Best Of che riproduca tutti i grandi successi. Piuttosto, la totalità di Ziggy Stardust si mostra a partire dalla soundtrack miscellanea.
Moonage Daydream: espressione della tela di Bowie

Lo stesso Bowie, in una parte del documentario si definisce una tela, e gli affreschi rappresentati su questa non si compongono solo di musica. Ziggy Stardust viene anche dipinto come attore, istrione teatrale, viaggiatore e esploratore. Il racconto di un mito prettamente musicale esula spesso dal solo aspetto compositivo. “Ogni qualvolta il suo essere occupa lo schermo, si tratta di un momento performativo, che è esattamente ciò che lui aveva sempre cercato di catturare” spiega infatti Brett Morgen.
Tale collage artistico si riproduce nel montaggio immenso e totalizzante, che associa alle immagini del Duca Bianco opere filmiche disparate: si passa da Murnau a Buñuel, da Lang a Kubrick, in un percorso che porta lo spettatore ad assuefarsi sempre più in questo mondo nuovo.
Moonage Daydream è utile a scovare il punto di partenza di questa eterna ricerca di maschere e alter ego. Confacendosi alla celebre interpretazione pirandelliana, il cantante non esita mai, nelle varie interviste del film, di definire quest’ostentato Carnevale un tentativo di evasione. La premessa è già di per sé rivoluzionaria: il re degli eccessi usa il travestimento come riparo per la sua mancanza di autostima. Il processo creativo di David Bowie è esso stesso David Bowie.
Uno, nessuno, centomila David Bowie

La vera fortuna di Moonage Daydream risiede forse proprio nell’innovazione che questo sa veicolare, così come il protagonista fece per decenni. Il regista non insegue la solita antitesi tra pubblico e privato poiché farlo, con Bowie, sarebbe un’impresa inutile. La manifestazione artistica è essa stessa linfa vitale: individualità ed espressione sono le due facce contigue di un’unica scintillante medaglia.
Moonage Daydream sa essere un mosaico di pezzi di Ziggy Stardust e di David Jones, dell’extraterrestre e dell’umano, a partire dalla dicotomia del titolo e, come definito dal regista, tra il lunare e il visionario. Un’esperienza sensoriale necessaria, dunque, per esprimere l’immensità di chi ai limiti terrestri non ha mai voluto sottostare.