Tanti auguri Michael Douglas! Il divo hollywoodiano spegne oggi, 25 settembre, 79 candeline. (sì, lo stesso giorno della moglie e attrice Catherine Zeta-Jones). Figlio d’arte, produttore, ma soprattutto attore simbolo dello star system. Impossibile ripercorrere tutta la sua carriera in così poco spazio. Per celebrare questo traguardo abbiamo quindi deciso di stilarvi la nostra classifica dei suoi migliori film thriller.
Ora, per quanto Michael Douglas ci abbia regalato brillanti interpretazioni comiche, è nei ruoli ad alta tensione che si esprime al meglio e alla cui produzione ha largamente contribuito, segnando di fatto alcuni cult del genere e sottogenere. Non so voi, ma per chi vi scrive, una delle prime immagini a cui ricollego Michael Douglas come attore (fresco di Palma d’oro a Cannes) è di fatto l’archetipo di un uomo di potere, che si è guadagnato una certa posizione nella società, e che senza dubbio ha gusto nel vestire. Stilemi più che ricorrenti nei suoi personaggi thriller.
10. Michael Douglas a corto di tempo in Don’t Say a Word

Iniziamo subito con Don’t Say a Word, alla decima posizione. Film del 2001, si ispira all’omonimo romanzo. Dietro la macchina da presa abbiamo Gary Fleder, regista de Il collezionista. Qui Michael Douglas interpreta un affermato psichiatra il cui incontro con una paziente difficile metterà in pericolo tutto ciò per cui ha lavorato. Carriera e famiglia sfuggono dal suo controllo quando un gruppo di criminali rapisce la figlia di otto anni. L’unico modo per risolvere la situazione è far confessare alla sua paziente un’informazione particolarmente preziosa.
Don’t Say a Word si guadagna questa collocazione non per mancanza di efficacia nel suo genere ma bensì perchè presenta un mix di generi ed elementi troppo sfaccettato, che non trova coerenza nello sviluppo, a scapito delle ottime interpretazioni del cast più che in parte.
9. The Game – Nessuna regola

Al gradino successivo abbiamo invece The Game di David Fincher. Regista poliedrico che ha trovato nel thriller psicologico, proprio come per Douglas, una delle sue massime espressioni e che ci ha regalato capolavori quali Fight Club e The Social Network. L’accoppiata Fincher-Douglas non risulta però vincente. Anche in questo caso, ci troviamo davanti ad una proposta allettante e che non delude le aspettative di chi cerca mero coinvolgimento davanti allo schermo. Ci si dovrà però misurare ancora una volta con una sinossi troppo intricata e qui artificiosa più che mai.
Nonostante le buone premesse, la spirale degli eventi volge in un finale che fa storcere il naso, in una serie di dinamiche sempre più inverosimili. Quando le carte del gioco che ha sconvolto la vita del cinico uomo d’affari protagonista vengono finalmente svelate, davvero si realizza che non ne è valsa la candela. Funziona invece il gioco per cui il regista fa empatizzare sempre più il pubblico con il meschino businessman, a mano a mano che lo si accompagna nella sua caduta.
8. Rivelazioni – Sesso è potere

Rivelazioni (Disclosure nel titolo originale) vede nelle vesti dell’antagonista Demi Goddess Moore, come era soprannominata in quegli anni. Divenuta sex symbol dei nineties proprio grazie a ruoli come quello di Meredith Johnson, incontra qui un Michael Douglas con già alle spalle titoli quali Attrazione fatale o Basic Instinct. La pellicola contribuirà quindi a svoltare e segnare la carriera di Moore e a consacrarla, con una ulteriore conferma per Douglas, come nome di punta del thriller erotico.
Citiamo quindi in questa classifica la pellicola del ’94 non tanto per la qualità del prodotto, che non è proprio al top, quanto per il dibattito che le scene più esplicite suscitarono all’epoca e per ciò che hanno rappresentato nel cinema di quegli anni. Sottolineamo inoltre che il soggetto è tratto da un romanzo di Michael Crichton, autore, tra gli altri, di Jurassic Park.
7. Delitto perfetto, epilogo un po’ meno per Michael Douglas

Michael Douglas, Gwyneth Paltrow e Viggo Mortensen danno vita ad un mortale triangolo amoroso in Delitto Perfetto di Andrew Davis. Il film del 1998 ripropone in chiave moderna il classico omonimo del ’54 di Hitchcock. La raffinetezza del suo predecessore si perde però nella New York degli anni ’90, ritrovandosi solo negli abiti e negli appartamenti di lusso dei suoi protagonisti. I coniugi Taylor, dallo stile di vita completamente opposto a quello dell’artista bohémien che sconvolgerà gli equilibri della coppia.
Steven una volta venuto a sapere del tradimento della moglie Emily e scoperta la vera identità del suo amante, lo coinvolgerà nel suo crudele piano per mettere le mani sul lauto patrimonio della consorte. Come già immaginerete, però, le pedine in mano di Steven Taylor sfuggiranno al suo controllo, portando ad un inevitabile tragico epilogo. Diversamente andranno le cose per Emily.
6. Sindrome cinese

Fonda, reporter, e Douglas, cameraman, sono impegnati in un reportage nella centrale nucleare di Ventana. Proprio durante le riprese, il reattore principale riscontra dei problemi. La crisi sembra essere rientrata, ma la troupe di giornalisti rimane in allerta, immaginando le terribili conseguenze che l’accaduto potrebbe portare al pianeta. I due dovranno quindi sfidare autorità e poteri politici per mettere il mondo a conoscenza delle informazioni in loro possesso. Da citare anche la performance di Jack Lemmon nelle vesti di scienziato che dovrà rivedere le proprie convinzioni.
5. Coma profondo

Torniamo ora a parlare di Crichton che si mette in gioco anche alla regia in Coma Profondo del 1978, regalandoci uno dei più riusciti medical thriller di sempre. La pellicola si ispira al romanzo Coma di Robin Cook. La collaborazione non nasce per caso, in quanto i due si conoscevano dai tempi di Harvard, dove entrambi avevano studiato medicina e chirurgia. Scelta non casuale direte voi.
Benchè il ruolo di Douglas sia qui più marginale, non potevamo non segnalarvi questo film, in grado di fondere alla perfezione angoscia, alta tensione e critica al sistema sanitario. La vera protagonista della pellicola è infatti la Dottoressa Wheeler, interpretata da Geneviève Bujold, nota per i suoi ruoli in Anna dai mille giorni e Corda Tesa. Inizialmente la produzione aveva pensato di sostuire il personaggio con un protagonista maschile, facendo il nome di Paul Newman. Scelta poi fortemente contrastata dallo stesso Crichton.
4. Un giorno di ordinaria follia per Michael Douglas

In Un giorno di ordinaria follia Michael Douglas rinuncia allo charme e all’estetica che hanno contraddistinto molti dei suoi ruoli per regalarci però una delle interpretazioni più apprezzate. Bill Foster, protagonista assoluto della pellicola, rappresenta, con i suoi drammi e conflitti interiori, la frustrazione e l’impotenza dell’uomo medio, del padre di famiglia, nella società dei primi anni ’90.
Seguiamo le vicende di Bill nel corso di una comune giornata, dove la fase di crisi che il protagonista sta affrontando e una Los Angeles che sembra costantemente voltargli le spalle innescheranno un’esclation di eventi tutt’altro che ordinari.
3. Attrazione fatale tra Michael Douglas e Glenn Close

Attrazione fatale, per quanto si possa non apprezzarlo, costituisce il cult per antonomasia del thriller anni ’80. Una pellicola che riscosse grande successo tra pubblico e critica, che fece scuola, che fece salire definitivamente Glenn Close nell’Olimpo delle dive hollywoodiane. Ma fu soprattutto il film che cucì su Michael Douglas quel tipo di ruolo che rimase impresso nella mente degli spettatori, ai cui tratti è stato poi sempre legato in molte interpretazioni successive.
Come rimasero indubbiamente impresse numerose scene della pellicola stessa. Non ne serve un elenco. Basta citare il celeberrimo finale turbolento con tanto di spari e amanti affogate in vasche da bagno. Adrian Lyne, regista, tra gli altri, di pellicole quali 9 settimane e ½ e Flashdance, mette così in scena, con il personaggio dell’amante e poi stalker Alex, tutte le ipocrisie della patinata famiglia apparentemente perfetta degli eighties.
2. Basic Instinct

Tutto ciò che abbiamo già detto a proposito di Rivelazioni e di Attrazione fatale è qui valido all’ennesima potenza. Sharon Stone viene consacrata ad icona per il suo ruolo di scrittrice-psicologa-assassina e Michael Douglas per il moralmente ambiguo detective Nick Curran. Al solito, affascinante e violento. Sedotto e seduttore.
Basic Instinct ottenne ottimi risultati al botteghino e diverse nomination a Oscar e Golden Globe, ma ebbe reazioni contrastanti da parte di pubblico e critica. In particolare, il bersaglio principale furono le scene di sesso, non tanto per il carattere esplicito se non per la violenza con cui vennero rappresentate su schermo. Tra tutte, spicca quella tra Nick e Beth, psicologa e vecchia fiamma dell’investigatore, vera e propria aggressione da parte di Curran.
1. Wall Street, Michael Douglas è Gordon Gekko

Michael Douglas si aggiudica la statuetta per uno dei suoi ruoli più iconici, quello del self-made man per eccellenza, Gordon Gekko. Spietato, meschino, privo di veri valori, che non crede in nulla se non nel denaro. Ma che al tempo stesso affascina per il potere che rappresenta, per il posto che si è conquistato con le proprie abilità. Emblema della società reaganiana e dello yuppismo. Noi, pubblico, così come il giovane Bud, siamo abbagliati da ciò che un Gekko può portare nelle nostre vite, dallo sfarzo e dal lusso, per poi rendersi conto di quanto quel modello capitalistico portato all’estremo sia effimero.
Bud riuscirà a faree la scelta che gli suggerisce la sua coscenza, anche se significherà pagare le consueguenze delle proprie azioni passate. Oliver Stone, reduce dal successo di Platoon e dopo la morte del padre (che era stato un broker), si concentra sul progetto di un dramma coinvolgente, dalle note autobiografiche, che gli dedicherà.