Lo chiamavano Jeeg Robot, recensione: cercasi eroe pe’ Roma

Lo chiamavano Jeeg Robot è uscito al cinema nel 2015, diretto da Gabriele Mainetti e scritto da Nicola Guaglianone. Da oggi, 1 Novembre 2023, è disponibile in streaming sulla piattaforma Infinity+. L’abbiamo rivisto per voi e vi lasciamo con una recensione: lo abbiamo profondamente apprezzato per la freschezza, l'originalità e alcune riflessioni importanti.
Claudio Santamaria e Ilenia Pastorelli nel poster del film Lo chiamavano Jeeg Robot

Lo chiamavano Jeeg Robot è il lungometraggio d’esordio del regista Gabriele Mainetti. Esce nel 2015 e sbanca ai David di Donatello conquistando sette premi. Il trio di attori protagonisti, definito uno dei punti più forti del film, è costituito da: Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli e Luca Marinelli. Il primo ha già alle spalle una corposa mole di progetti; Marinelli è reduce dal successo quasi contemporaneo di Non essere cattivo; invece per la protagonista femminile Lo chiamavano Jeeg Robot è il film d’avvio di una discreta carriera cinematografica.

All’uscita di Lo chiamavano Jeeg Robot il pubblico e la critica hanno avuto una prima reazione di stupore. Da dove viene questo regista così poco italiano? Si possono fare film sui fumetti anche in Italia? La fantascienza, il cinecomic, i supereroi.. il cinema del nostro paese non ne è un grande frequentatore. Eppure Lo chiamavano Jeeg Robot è perfettamente integrato nella carriera di Mainetti che, prima del 2015, ha scritto, diretto e prodotto una serie di cortometraggi. Fra essi ne citiamo due in particolare, necessari a capire il suo primo film al cinema: Basette del 2008 e Tiger Boy del 2012.

Oggi se pensiamo a Lupin e ad un omaggio al ladro più famoso della tv ci riferiamo univocamente alla serie Netflix su Assane Diop. Mainetti invece già 15 anni fa aveva trasformato uno sbarbato Valerio Mastandrea nel rapinatore con le basette. Il citazionismo e l’omaggio ai manga e ai fumetti, quindi, non cominciano – per il regista romano – con Lo chiamavano Jeeg Robot. Nè il fascino per i supereroi, in quanto il protagonista di Tiger Boy è un bimbo che non toglie mai dalla sua testa la maschera di un wrestler che gli fa sembrare di avere così tanti superpoteri da poter affrontare il suo viscido nemico. Conoscere Gabriele Mainetti attraverso questi due lavori permette di comprendere meglio Lo chiamavano Jeeg Robot. Da dove viene insomma, e dov’è stato fino al 2015, visto che poi il successivo Freaks Out è stato ancora di più un colpo di scena.

Chi è Jeeg Robot? E chi lo chiamava così?

Lo chiamavano Jeeg Robot ha inizio con un ladro di nome Enzo che, per scappare dalla polizia, si getta nelle acque del Tevere e lì, entrando a contatto con sostanze radioattive, acquisisce una forza sovrumana e il potere dell’invulnerabilità. I suoi affari di borgata lo portano ad incontrare Alessia, figlia di Sergio: è lei che “lo chiamava Jeeg Robot”. La ragazza è appassionata della storia giapponese di Hiroshi Shiba, il meccanico e pilota che grazie ai ritrovati scientifici del padre ha la possibilità di trasformarsi in Jeeg. Quando lo Zingaro, che aspira ad essere il capo della malavita romana, aggredisce Alessia per estorcerle informazioni sul padre, Enzo accorre a salvarla. Da quel momento, agli occhi di Alessia spesso confusi fra sogno e realtà, mondo reale ed immaginazione, Enzo è la personificazione di Jeeg Robot d’acciaio.

La fantasia plasma la realtà

Claudio Santamaria e Ilenia Pastorelli in una scena del film Lo chiamavano Jeeg Robot

Lo chiamavano Jeeg Robot si inserisce da subito in un immaginario fantastico e nel solco del cinema di animazione, pur non avendo scene animate in quel senso. L’animazione è una sottotrama e un’atmosfera sottesa all’ambientazione rarefatta delle borgate romane. La Roma di Claudio Caligari, del Dogman di Garrone, di Suburra e quasi apocalittica quanto il The Road di Hillcoat. Non c’è qui un padre col figlio sulle spalle, ma Enzo che prende in braccio Alessia – tipo Léon che tiene per mano Mathilda.

Al grigiore delle immagini si associa, sotterraneamente, l’immaginario favoloso sicuramente dei manga giapponesi, ma anche de La città incantata o del disneyano Big Hero 6. Può essere guardato come un disco in vinile dai due lati: sul lato A Lo chiamavano Jeeg Robot è un film di affari loschi, truffatori, rese dei conti fra balordi e violenza subita; sul lato B una favola con i poteri magici, l’antagonista, la principessa e il supereroe. Cosa permette al lato B di esistere? La spinta all’evasione e il valore mitopoietico della fantasia di Alessia. E la fantasia, che plasma la realtà e trasforma un ladruncolo scorbutico in dolce supereroe, è sorella della bontà ingenua, dell’affetto umano. L’amore mette in motto la macchina della trasformazione di Enzo in Jeeg Robot.

Il reality dello Zingaro

Luca Marinelli in una scena del film Lo chiamavano Jeeg Robot

Accanto al legame sempre più bifronte di Enzo ed Alessia, che si fa eroico e favolistico nella misura in cui affronta dolori e verità che necessitano dell’evasione per essere accettate – e questo è il riassunto del personaggio di Alessia – dicevamo accanto a loro, c’è lo Zingaro.

L’antagonista della favola in realtà ha molto in comune con la principessa da salvare. Il personaggio di Marinelli è un freak megalomane che ambisce “all’anello del potere” della malavita della capitale. Dietro al suo tentativo di diventare a tutti i costi il capo violento di Roma c’è, però, il solo vero desiderio dello Zingaro: la fama. Trasformista e innamorato di Anna Oxa e della musica italiana degli anni ’70 ’80, il personaggio di Marinelli (che interpreterà un personaggio storico molto più inquietante) vuole diventare famoso, non importa come.

La sete di notorietà dello Zingaro ricorda Luciano Ciotola che nel film Reality di Matteo Garrone si ossessiona per la partecipazione al Grande Fratello: lo renderebbe famoso, stimato, l’orgoglio della sua famiglia. Lo chiamavano Jeeg Robot è un film sul bisogno di uno schermo, nel senso di una virtualità in cui specchiarsi e proiettarsi quando la vita vera rende tristi e insufficienti. La violenza, la fantascienza, la musica, i videogiochi: tutto serve a trasfigurare la realtà dei fatti potenziandone gli aspetti meno dolorosi ed ingiusti.

La casualità del male

Dopo aver fallito con lo spettacolo, lo Zingaro passa alla delinquenza. Si capisce come in questo mondo di mostri marini, un Luca della Disney ante litteram, in cui le acque del Tevere trasformano gli umani in sovrumani, lo Zingaro ha bisogno di un mondo immaginario tanto quanto Alessia e forse più di Enzo che ne diventa il vero protagonista. Non è un vero cattivo, la violenza è solo una delle opzioni con cui fare “er botto“, per sentirsi vivo.

Enzo è stato più fortunato dello Zingaro, perchè qualcuno ci ha creduto al posto suo e gli ha detto: “Salvali tutti, tu che puoi diventare Jeeg“. Questo lo ha trasformato da anonimo ad eroe: la mancanza degli stessi occhi sullo Zingaro l’ha invece reso, da fragile, cattivo.

Lo chiamavano Jeeg Robot ci aspetta da oggi su Infinity+, a ricordarci che il vero atto supereroico è saper vivere la vita di tutti i giorni.

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