Il sacrificio del cervo sacro: terrore chirurgico di Yorgos Lanthimos

Uscito in Italia nel 2018 e diretto da Yorgos Lanthimos, Il sacrificio del cervo sacro è un film che terrorizza, inquieta e spiazza e lo fa seguendo delle regole tutte sue. Di seguito la recensione della pellicola meglio riuscita dell'autore greco che ha fatto della precisione il suo modo per destabilizzare lo spettatore.
Il sacrificio del cervo sacro: terrore chirurgico di Yorgos Lanthimos

Il 2018 è stato un anno che, al netto dei due anni pandemici, ci risulta paradossalmente tanto vicino quanto distante e appartenente a un’altra versione di noi stessi. E’ stato un anno caotico, non riconducibile a una sola linea di eventi ma carico di un caos primordiale contrapposto al placido nulla che avremmo incontrato di lì a poco. La tempesta che ha spazzato via tutto. La confusione del mondo la si poteva notare anche nella filmografia. Fatte poche eccezioni, tanti dei film usciti nel ’18 sembra non sappiano bene come fare i conti con il caos del mondo esterno. Uno in particolare, però, ci riesce. Il film è Il sacrificio del cervo sacro, diretto da Yorgos Lanthimos.

Il regista greco è nel pieno della cavalcata del suo successo ormai internazionale quando esce con questo spiazzante film interpretato da Colin Farrel, Nicole Kidman e Barry Keoghan. Tre attori di cui il regista riesce a catturare la natura più inquietante. Ma procediamo con ordine. Il sacrificio del cervo sacro è un film psicologico, cinico, spiazzante in un modo che si potrebbe quasi definire cringe e disturbante.

Ma riesce ad esserlo in un ambiente asettico, clinico, addirittura chirurgico. E’ infatti un cardiochirurgo il protagonista della pellicola, il Dottor Murphy, un uomo preciso e statico, impostato sul suo lavoro e sulla sua famiglia, ma che nasconde un segreto. Quello mostrato nel film è un delirio di onnipotenza che si alterna alla figura di Martin, un giovane ragazzo che frequenta la famiglia, portando con sé l’asettico caos di cui il film fa da manifesto.

Trama de Il sacrificio del cervo sacro

Il film presentato a Cannes è liberamente tratto dalla tragedia greca di Ifigenia in Aulide, il mito della ragazza che, disposta a sacrificarsi per placare l’ira degli dei, viene alla fine risparmiata e il suo posto verrà preso da un cervo sacro. La pellicola riprende i toni della tragedia greca, in coerenza con le origini del regista, ma la trasporta in un mondo contemporaneo e surreale.

Murphy ha una moglie e due figli, lavora come chirurgo e si vede con Martin per intrattenere un rapporto non meglio specificato, ma che evidentemente nasconde qualcosa di inquietante. Quando Martin conoscerà la famiglia del dottore rivelerà le sue intenzioni, cambiando le vite dei protagonisti per sempre.

Tutto quello che succede nel film è semplicemente strano. Proviamo un senso di distacco guardando i personaggi anche quando stanno solo intrattenendo una conversazione o mangiando a tavola. Le regole dell’universo creato da Lanthimos sono chiare, forse non a impatto, ma precise e rispettate per tutto il film. Le persone della narrazione non servono a creare un legame empatico con lo spettatore ma sono strumenti per creare un ambiente.

Non agiscono come persone del nostro mondo, sono precise e dirette, quasi robotiche. Fungono da espediente allegorico per giungere al senso di disturbo che il regista vuole creare nello spettatore. Sono inesorabilmente legate all’ambiente, che a sua volta risulta mancante di autenticità. Ciò fa si che ogni scena dia la percezione che qualsiasi cosa possa succedere da un momento all’altro. Non siamo mai veramente al sicuro.

Riprese, fotografia e recitazione

La prima ripresa che vediamo a inizio film è un dettaglio di un cuore pulsante sotto operazione. Un lento zoom out ci fissa sul raccapricciante organo pulsante. Questo uso tecnico dello zoom sarà riproposto per tutto il film ed è ciò che, tra le altre cose, dà quel senso di distanza da ciò che succede ma che comunque ci fa sentire in trappola, obbligati ad assistere al disturbante spettacolo.

La fotografia distende dall’alto ciò che vediamo, lasciandoci con pochissimi dettagli dell’ambiente. Qualcosa sta per incombere sui personaggi che vengono costantemente messi sotto scrutinio, impossibilitati a salvarsi. Anche quando viene rivelata la vera intenzione del film, queste regole continuano a essere rispettate, intrappolando lo spettatore e i personaggi.

La recitazione degli interpreti si sposa con l’uso della camera. I protagonisti recitano battute che difficilmente sentiremmo pronunciare nel mondo reale, ma con la calma di chi sta esprimendo la più normale delle richieste. Potere e sottomissione sono presentati nello stesso modo, come due facce della stessa medaglia. Il profondo si alterna con il ridicolo, i ruoli si ribaltano, l’inumano diventa una metafora per approfondire il significato stesso di umanità.

Terrore chirurgico

Barry Keoghan in una scena del film
Barry Keoghan in una scena del film

Si parla di orrore quando mostri assetati di sangue ti aspettano nella foresta buia per assalirti e mangiarti vivo. L’orrore è la paura nella sua forma più esemplare, la manifestazione di ciò che non vorremmo mai incontrare o vedere anche solo da lontano. Il terrore è diverso. E’ stare da soli in casa e avere la netta sensazione che qualcuno ci stia guardando, per poi girarci e non vedere nessuno. E’ non sentire più la nostra eco immediatamente dopo averla sentita chiaramente per più volte. Il terrore è quella sensazione di pericolo che non riusciamo a spiegarci, a cui non possiamo dare un volto o una causa.

Il sacrificio del cervo sacro propone questo concetto con una precisione kubrickiana e chirurgica, dai toni cinici e provocatori. Intrappola lo spettatore e al tempo stesso lo sfida a guardarsi dentro e intorno, sapendo che non troverà nulla. Il che è piuttosto tipico di Lanthimos, che ha girato forse la sua opera più riuscita, mantenendo e in qualche modo creando uno stile unico, nonostante le chiare ispirazioni a registi d’essai come Michael Haneke.

Il sacrificio del cervo sacro è disponibile in streaming da oggi su Prime Video e non è una visione che chiunque sarà in grado di accomodare, quantomeno non a impatto. Ma lo sforzo vale la pena per provare a immergersi e farsi catturare dal mondo surreale e inquietante del regista greco. Distribuito dalla A24 il film ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes del 2017. Voi cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Fateci sapere nei commenti qui sotto.

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