Black Knight, recensione del k-drama distopico: scatolone di sabbia

Dopo il successo di Squid Game e altri prodotti provenienti dalla Corea del Sud, Netflix ha iniziato a puntare molto sulle serie create nella penisola. L'ultimo di questi prodotti è Black Knight, un k-drama distopico visivamente accattivante ma carente dal punto di vista della sceneggiatura.
Black Knight, recensione del k-drama distopico: scatolone di sabbia

Black Knight è l’ultimo prodotto sudcoreano su cui Netflix ha investito, cercando di cavalcare l’onda del successo che sta vivendo tutto ciò che arriva dalla penisola asiatica. Negli ultimi anni infatti la produzione culturale e artistica della Corea del Sud sta facendo breccia anche –e finalmente– nel mondo occidentale. Basti pensare ai BTS, band k-pop che sta spopolando in tutto il mondo, o a Parasite, il film di Bong Joon-ho che nel 2020 ha vinto ben quattro premi Oscar.

Anche nelle serie TV la Corea del Sud sta andando forte, ne è la prova il successo di Squid Game, diventata la serie con il miglior esordio di sempre su Netflix. Sulla scia di questi traguardi, la piattaforma ha deciso di investire 2,5 miliardi di dollari per la produzione di serie coreane. Ma non è così semplice trovare un nuovo Squid Game e replicarne il successo, e Black Knight ne è la prova.

La trama di Black Knight

La serie ci porta in un distopico futuro, per la precisione nel 2071, in cui la maggior parte dei continenti è stata sommersa dal mare. L’impatto di una cometa sulla terra ha infatti modificato e ridefinito la geografia del pianeta. La penisola coreana è diventata un deserto polveroso circondato dalle rovine dei palazzi che una volta formavano le città. Visto l’eccessivo livello di inquinamento dell’aria, per poter respirare all’esterno è necessario utilizzare un respiratore collegato all’ossigeno, divenuto un bene di prima necessità. A causa dell’impatto della cometa, solo l’1% della popolazione è sopravvissuta, e si è riorganizzata in un nuovo ordine sociale.

La popolazione ora è infatti divisa in tre classi: generale, principale e speciale. Chi appartiene a una classe ha un qr code tatuato sulla mano. Coloro che invece non sono stati selezionati per appartenere a una classe, i cosiddetti rifugiati, vivono nella miseria, cercando di sopravvivere in quelle difficili condizioni ambientali e sociali. Alcuni dei rifugiati diventano cacciatori, dandosi a furti e saccheggi. Altri diventano corrieri che trasportano ossigeno e altri beni di prima necessità. Diventare corrieri è l’ambizione principale dei rifugiati, l’unico modo che hanno per sfuggire a una vita miserabile.  

Tanta sabbia e poca sostanza

Song Seung-heon interpreta il villain in Black Knight
Song Seung-heon interpreta il villain in Black Knight

Le premesse di Black Knight sono buone, anche se forse poco originali. La trama, che prende spunto da un webtoon di Lee Yun-kyun, sulla carta riesce a trattare tematiche interessanti e attuali, come l’inquinamento atmosferico e la divisione elitaria della società. Il problema principale della serie però è sicuramente la scrittura, partendo dai personaggi. I protagonisti vengono infatti poco approfonditi, se non in alcuni flashback che rimangono però fini a se stessi e non sono utili per la trama o per l’evoluzione della storia.

Il villain principale è un personaggio estremamente stereotipato, un classico uomo d’affari spietato che vuole fare i suoi interessi e arricchirsi sempre di più. Anche i dialoghi sono spesso banali e superficiali, e a tratti si perdono in spiegazioni ridondanti. Durante la narrazione si cerca di costruire un climax che però non trova mai un vero apice, ma si perde in parti di trama a volte troppo complesse, a volte troppo banali, che rischiano di confondere lo spettatore.

Cosa salvare della serie

L'aspetto visivo è il punto forte della serie
L’aspetto visivo è il punto forte della serie

Nonostante le evidenti lacune, la serie ha anche delle qualità da elogiare. Il lato migliore di Black Knight è sicuramente l’aspetto visivo: le atmosfere cupe della città in rovina e i colori seppia del deserto pieno di rottami restituiscono al meglio allo spettatore quell’atmosfera tipicamente distopica, facendolo calare in una Corea post-apocalittica.

Anche le scene in cui il corriere 5-8 guida il camion in modo spericolato nel deserto – che rimandano inevitabilmente a Mad Max – sono godibili dal punto di vista visivo. Le scene di combattimento, anche se a volte possono risultare eccessive, sono ben curate e tengono attaccati allo schermo. Anche gli effetti speciali – curati dallo studio coreano Westworld, lo stesso di Squid Game – sono un punto forte della serie.

Insomma, Black Knight è una serie con più forma che sostanza e, anche se il lato visivo è godibile e ben curato, le evidenti lacune nella sceneggiatura e la superficialità di scrittura la rendono una serie che non rimarrà nel tempo. Netflix dovrà quindi aspettare ancora un po’ prima di avere il suo nuovo Squid Game. E, a proposito di Netflix, se siete indecisi su cosa guardare questo mese, ecco qui un elenco di tutti i nuovi prodotti in uscita sulla piattaforma a maggio!

Facebook
Twitter