The Family Stallone è il nuovo docu-reality (molto reality, poco docu) che si inserisce nell’ormai lunga lista di prodotti americani con cui grandi figure del mondo dello spettacolo fanno entrare le telecamere in casa propria, nel proprio “piccolo mondo”, per “mettersi a nudo”. O almeno, questo è ciò che raccontano, ciò che promettono. La verità, come in passato è apparso chiaro con altri di questi prodotti, è ben diversa.
Ovviamente, con il grande Sylvester Stallone, si aveva gioco facile a invogliare il pubblico più americano (e non solo). La montagna di muscoli, l’uomo che sia su schermo che nel proprio arco di attore e cineasta ha perfettamente rappresentato l’epopea del Sogno Americano. Venuto dal nulla, esploso con quella leggendaria sceneggiatura di Rocky scritta nella più completa povertà. Poi il veterano de Vietnam che combatte i Vietcong con la stessa ferocia con cui combatte la crudeltà del sistema carcerario statunitense. E che ora, marito amorevole e padre di tre figlie, mostra le sue fragilità in un docu-reality (poco reality, poco docu) in 8 puntate.
The Family Stallone, famiglia allargata (e già vista)

La serie Paramount sembra voler raccontare tutto e il contrario di tutto, fin dal suo primo episodio – cui seguono, i successivi, a cadenza settimanale. Nel suo rapporto con le figlie, negli scherzi del quotidiano, la cosiddetta “modalità Rambo” è sempre dietro l’angolo per Stallone. Ma ci si chiede quanto ci sia di vero. Quanto quegli accessi d’ira e la decisione di staccare le telecamere a narrazione appena iniziata, sia davvero frutto di un momento spontaneo o di un qualcosa scritto a tavolino, da copione. Solo per vedere poi, l’amato Sly, riprendersi, pentirsi del momento di rabbia. E dimostrare, ancora una volta, quanto lui sia lì per le figlie e la moglie. Quanto il centro della storia sia il suo amore per loro.
E poi ci sono ovviamente gli immancabili camei: gli amici, le indimenticabili co-star e antagonisti su schermo. C’è Arnold Schwarzenegger, l’altro “Mercenario” per eccellenza del cinema (e del Sogno) americano; c’è Dolph Lundgren, il tembile Ivan Drago dal “ti spiezzo in due“, che in realtà è rimasto sempre intimo di Stallone; c’è Al Pacino, che fa la figura del vecchio saggio della montagna meno “incapace” coi mezzi della modernità di quanto The Family Stallone voglia far passare. Tutti loro, assieme alle donne Stallone, compongono l’affresco di questa grande famiglia allargata.
Prima di The Family Stallone
Come anticipato, The Family Stallone è solo l’ultima – e forse, quella destinato al successo minore – fra le tante operazioni di serialità cotonata con cui le grandi famiglie di Hollywood hanno raccontato al mondo – o piuttosto, hanno solo finito per riprodurne le finzioni, gli sketch e le artificiosità – del loro nido domestico. La prima intuizione fu, nel 2002, quella di Ozzy Osbourne con, appunto, The Osbournes. Ma il caposaldo di questo genere, riavviato e rimodellato nel corso degli anni, è sicuramente The Kardashians su Disney+.
Una capitalizzazione d’investimento per Paramount

Se vi dicessimo che The Family Stallone è a tutti gli effetti, per Paramount e per lo stesso Stallone, solo l’ennesimo figlio di un panorama di piccolo e grande schermo che tira avanti a sequel, prequel, spinoff e reboot? Provocazione? Forse neanche troppo. Disney+ prende l’universo Star Wars, realizza nuovi show e poi, già che c’è, realizza documentari derivativi sugli show in questione. Basta aggiungere una telecamera a riprendere le telecamere, e si è facilmente ottenuto un secondo prodotto derivativo (al quadrato, alla potenza) con cui riempire un altro slot di catalogo.
Paramount+ invece, che negli ultimi tempi sta cercando evidentemente di sviluppare (e ampliare) le sue nuove IP – alle volte, con ottimi risultati, si vedano le anticipazioni sul sequel di Yellowstone – deve svolgere un’operazione diversa. Ingaggia Stallone per Tulsa King infatti, con cui promette di voler sviluppare un nuovo universo narrativo proprio su modello di Yellowstone. Ma nel momento in cui si è opzionato il volto, quanto potrà costare chiedergli anche di prestarsi a un reality, già che c’è?
Conclusioni su The Family Stallone
The Family Stallone potrà apparire agli occhi del pubblico europeo – in realtà, non più tanto diverso rispetto a quello d’oltreoceano – come un’operazione patinata e niente più. Ma nell’offerta dell’intrattenimento statunitense, è un colpo di genio. Mescola tutto ciò che piace agli americani: mitizzazione del divo e allo stesso tempo umanizzazione del divo. Cinema, patria e famiglia.
Qualche cameo ben piazzato. E la capitalizzazione su un volto sicuro, messo a contratto. The Family Stallone è un po’ uno spinoff di Tulsa King. È un (presunto) unscripted molto più facile, rapido ed economico da realizzare. Che intercetta un pubblico diverso e molto più vorace di Tulsa King. E forse, ci fa stare ancora più simpatico qualcuno che Paramount si prepara a mostrarci, su schermo, sempre di più.