Per Primo hanno Ucciso mio Padre è l’ultimo film di Angelina Jolie, adattamento del libro: Il Lungo Nastro Rosso. Il film è uscito nel 2017 ed è prodotto da Netflix.
Angelina Jolie si è sempre dimostrata attenta ai problemi del mondo e all’analisi sociale delle classe meno abbienti, caratteristiche che condivide tanto nella vita privata quanto nella vita lavorativa. In Per Primo hanno Ucciso mio Padre, suo quarto lungometraggio da regista, la questione delle problematiche sociali riguarda la Cambogia, e in particolare il genocidio cambogiano ad opera dei Khmer Rossi, raccontato attraverso gli occhi di una bambina, Loung Ung, che vive una situazione più grande di lei senza comprenderla completamente.

Loung Ung (Sreymoch Sareum) è una bambina come tante, vive nella sua casa insieme alla famiglia composta dal padre, dalla madre e da due fratelli e due sorelle. La sua vita cambia all’improvviso quando i Khmer Rossi fanno irruzione nella città della bambina per evacuarla e trasferiscono i suoi abitanti in campi di lavoro sotto uno stretto regime comunista di stampo estremista. Inizia così per la bambina e la sua famiglia un periodo di difficoltà e di emigrazione, in cui il nucleo familiare verrà irrimediabilmente diviso, mentre in Cambogia si svolge uno dei più grandi genocidi della storia.
Per Primo hanno Ucciso mio Padre si apre con immagini di archivio e musica rock, in un mashup in cui la dimensione uditiva e quella visiva si scontrano senza amalgamarsi, ma creando proprio grazie al contrasto un senso di straniamento nello spettatore. Successivamente la regia si rivela elegante, molto formale, in un tentativo da parte della Jolie di mettere in mostra le sue abilità, salvo poi cambiare di nuovo in maniera repentina con l’arrivo dei militari in città, per diventare agitata, imperfetta, quasi da inchiesta.
Il conflitto è l’argomento centrale del film, e non si tratta solo di un conflitto sul piano filosofico e concettuale, ma anche dal punto di vista della messa in scena, in quanto è mostrato anche attraverso le scelte di regia continuamente ambigue ed altalenanti. Perché se da una parte è vero che narrativamente quella che ci viene presentata è la storia di un paese dilaniato, che dopo essere stato occupato dalle truppe americane viene controllato dall’estremismo di sinistra; è anche vero che visivamente la Jolie gioca molto sull’alternanza di riprese mosse che ricordano il linguaggio dei reportage di guerra, con altre che invece esprimono un formalismo molto ricercato.

La scelta è più o meno riuscita, e in particolare le numerose sequenze oniriche, che comprendono flashback, sogni, anticipazioni ed immaginazione, risultano troppo estranee al tono generale del film, diminuendo la dimensione del pathos e risultando ridondanti e superflue. Quando invece la regista si concentra sui personaggi il suo lavoro è decisamente più convincente. La fortissima empatia di cui è capace la Jolie è facilmente condivisa dallo spettatore, che proprio come la protagonista si sente del tutto impotente di fronte alle brutture di una violenza insensata ed ingiusta.
Ed è proprio il discorso politico ciò che rende il film interessante, perché si tratta di un’analisi storica complessa ma allo stesso tempo oggettiva. Oltre a dare risalto a una vicenda di cui si parla (tristemente) troppo poco, il miglior risultato raggiunto dall’opera della Jolie è la dimostrazione dell’impersonalità del male: ciò che viene mostrato sono gli orrori (e gli errori) di entrambe le parti, a dimostrazione che se l’imperialismo americano degli anni ’60 e ’70 ha sbagliato, così è stato anche per il comunismo estremista che ne è conseguito.
In Per Primo hanno Ucciso mio Padre non ci sono nè vinti, nè vincitori, ma persone che eseguono ordini ricevuti dai propri superiori solo in nome della cieca adesione ad una causa che è giusta solamente sulla carta. Gli errori della filosofia comunista sono messi a nudo, così come le difficoltà di un popolo che si è trovato davanti ad una crisi istituzionale causata da terze parti, e che ha dovuto affrontare una situazione difficile senza poter contare su una classe dirigente adeguata. E quando manca l’ordine, il male è libero di mettere radici.