Pinocchio di Guillermo del Toro, recensione: l’Oscar è già suo

Adattamento Netflix del romanzo di Collodi, il Pinocchio di Guillermo del Toro è una nuova storia del bambino di legno, uno struggente e personale racconto su un mondo di burattini. Vincitore già del Golden Globe come miglior film d’animazione, è in lizza per la statuetta degli Oscar.
Pinocchio di Guillermo del Toro, recensione l’Oscar è già suo

Voglio raccontarvi una storia. É una storia che credete di conoscere, ma non è così. Una storia del bambino di legno”. Queste le parole con cui Sebastian il Grillo ci introduce, all’uscita dei trailer, nel mondo del Pinocchio di Guillermo del Toro. Oggi, dopo il successo ottenuto ai Golden Globe, la pellicola è candidata all’Oscar come miglior film d’animazione. Un film che, prosegue sempre il Grillo, tratta di padri e figli imperfetti, di perdita e amore ma, aggiungiamo noi, anche di morte.

Pinocchio di Guillermo del Toro: una storia nuova

Altro giro, altro Pinocchio. In un panorama cinematografico saturo di storie riguardanti il burattino di legno, il colosso dello streaming Netflix punta sull’ennesimo adattamento del romanzo di Carlo Collodi. Eppure Del Toro riesce nell’impresa di approcciare l’opera originaria conservandone lo spirito, rendendola parte integrante della propria filmografia. Guillermo realizza un Pinocchio personale, osservando la materia prima come un mastro artigiano, portando in vita il film racchiuso al suo interno.

Il fantasy intarsia la guerra

Geppetto e il Pinocchio di Guillermo del Toro
Geppetto e il Pinocchio di Guillermo del Toro

É così che l’innocenza di un bambino incontra l’orrore della guerra e, dalla dittatura franchista presente in altre opere del regista, ritroviamo l’ascesa del fascismo italiano. Pinocchio completa quindi una sorta di trilogia cominciata con La spina del diavolo e continuata con Il labirinto del fauno, nei quali l’elemento fantastico è immerso nel contesto bellico.

Ecco che gli strascichi della Grande Guerra sono centrali nella origin story del personaggio ed assistiamo alla creazione del burattino con vibes frankensteiniane. Abbiamo perciò un Pinocchio grezzo che, proprio come i personaggi in Hellboy e La forma dell’acqua, rappresenta il freak, la creatura incompresa e forse più umana degli umani.

Un mondo di burattini

Guillermo del Toro e il suo Pinocchio
Guillermo del Toro e il suo Pinocchio

Per dare vita a questo mondo, Del Toro sfrutta l’animazione, affidandosi alla tecnica della stop-motion (resa nota da La sposa cadavere e Nightmare Before Christmas), supportato dal regista Mark Gustafson. Quindici anni di lavorazione in cui reinventare i personaggi, conferendo un nuovo accattivante design. Al Pinocchio mal intagliato si accosta quindi un Geppetto (David Bradley) logorato dalla perdita, trascurato e ancorato ad un passato che non gli consente di accettare il burattino di legno come figlio.

Gli altri personaggi di Pinocchio di Guillermo del Toro

Sebastian il Grillo
Sebastian il Grillo

I personaggi del Gatto e la Volpe e di Mangiafuoco sono fusi in un’unica entità dai tratti luciferini quale è il decaduto Conte (Christoph Waltz), affiancato dalla scimmia maltrattata Spazzatura, impreziosita dalla performance vocale di Cate Blanchette. É introdotta la figura del Podestà (Ron Perlman), padre di Lucignolo ed ufficiale fascista, mosso dall’obbedienza cieca al Duce. Un approccio metacinematografico, dunque, nel rappresentare tramite dei fantocci in silicone un’epoca in cui dei “burattini” eseguivano ordini privi di una propria morale.

Subentrano quindi una serie di personaggi fantastici accomunati dalla colorazione blu-viola ultraterrena. Facciamo la conoscenza del futuro inquilino di Pinocchio, Sebastian il Grillo (Ewan McGregor), erudito giramondo. Entriamo soprattutto in contatto con due creature prelevate dalla mitologia e dalla tradizione biblica, l’entità della Vita, o Spirito del Bosco, e della Morte (ambedue con la voce di Tilda Swinton) che reinterpretano la più conosciuta Fata Turchina. Già iconici i conigli neri servitori della Morte.

Obbedienza o oppressione

Manifesto fascista nel paese di Pinocchio
Manifesto fascista nel paese di Pinocchio

Del Toro parte dal presupposto del libro di Collodi, in cui la centralità era la correzione e l’obbedienza al mondo degli adulti, ma sposta l’attenzione sul pericolo dell’omologazione che conduce all’oppressione del diverso. Il film prende quindi una forte piega satirica, raggiungendo il suo apice nel rappresentare un goffo Mussolini e trasformando il paese dei Balocchi in un campo d’addestramento per la gioventù Balilla.

In tutto questo, Pinocchio spicca per la sua vena ribelle, per la spontaneità tipica di un bambino. Deve certamente imparare a stare al mondo ma dal primo istante è vessato come demone e non realizza perché, seppur di legno e inizialmente incompiuto come lui, non è amato come il crocifisso costruito sempre da Geppetto. Se nel Pinocchio originale il percorso era prettamente interiore, nella versione di Del Toro risulta esteriore. Protagonista del cambiamento è chi si interfaccia con il burattino e tramite lui ritrova una chiamata alla libertà.

Vita e Morte

Pinocchio e la Morte
Pinocchio e la Morte

Due elementi imprescindibili del cinema di Guillermo del Toro sono appunto la Vita e la Morte, dicotomia che in Pinocchio ritroviamo con un tocco agrodolce. Essere plasmato in un bambino vero non è più un passaggio catartico perché a definire il nostro essere umani è il legame che abbiamo con la vita. Il girovagare su questa Terra è scandito infatti dal tempo e a determinare la differenza tra un bambino ed un burattino di legno è la sua finitezza, l’insovvertibile incontro con la morte.

Una presenza costante sin dai primi fotogrammi con la tragica dipartita di Carlo, unico legame di Geppetto, che rammenta il coinvolgimento degli innocenti nel conflitto. Pinocchio deve scontrarsi con questa brutale realtà ma, guidato dalla sua coscienza e cuore, dà “il suo meglio, e il suo meglio è il meglio che c’è” nell’elargire una spinta vitale.

Un film malinconico ma pieno di amore, con un punto di vista ben specifico, dimostrante la multiformità di un racconto immortale. Attraverso la sua artigianalità e profondità, Pinocchio di Guillermo del Toro è in grado di spezzare quel velo che separa un film per famiglie da uno per adulti, rivendicando il ruolo dell’animazione nel cinema tutto.

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