Les Misérables parla di ingiustizia, di abuso di potere da parte della polizia, di povertà, di discriminazione. Il tutto concentrato in un quartiere parigino posto in periferia. Come ci dimostrava nel 1995 La Haine di Mathieu Kassovitz, la realtà delle banlieue francesi non è facile.
Ladj Ly, in questo suo primo lungometraggio, riprende la medesima tematica, ma dà maggior peso al sentimento di onnipotenza che un’istituzione esercita sul cittadino, mentre, paradossalmente, il suo compito sarebbe quello di tenerlo al sicuro.
Les Misérables può essere accostato a film e serie recenti, come la miniserie americana When they see us, oppure Sulla mia pelle, e infine il film canadese (purtroppo non ancora uscito nelle sale italiane) Antigone. Questa pellicola è l’ennesima prova che la società mondiale ha un problema comune legato al tema della giustizia e all’abuso di potere.
Les Misérables di Montfermeil
Les Misérables non è completamente un lungometraggio di finzione. Si ispira a fatti realmente accaduti: il 24 ottobre 2008, un giovane di colore è stato ferito da dei poliziotti a Montfermeil. Quel giorno, l’atto di violenza è stato filmato da Ladj Ly, che l’ha trasformato in un cortometraggio.
L’opera si è infine evoluta nel lungometraggio di cui si parla, il cui stile oscilla tra realismo e approccio documentaristico. Questa sensazione è talmente forte che gli attori stessi (Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica e Almamy Kanouté) non sembrano recitare una parte, ma vivere nella loro quotidianità.
Sin dai primi secondi si capisce che il regista, è nato e cresciuto nella banlieue parigina. Sa dove guardare e ci accompagna in questo universo carico di rabbia e odio, che più e più volte ha filmato.
Ci guida però piano piano, tanto che Les Misérables inizia in modo gioioso, festeggiando la vittoria francese ai mondiali di calcio. Tutti sono riuniti in piazza, il tricolore adorna le spalle delle persone e il filare alberato, mentre all’unisono, intonano La Marseillaise. Per un attimo, con l’Arc du Triomphe che svetta sullo sfondo, sembra che quei sentimenti di égalité e fraternité, che hanno animato i francesi nelle loro rivoluzioni, non siano ancora morti.
Il patriottismo e l’unità, però, sono solamente illusori. Da quel momento in poi, lo spettatore resta sul filo del rasoio, osserva incredulo. Non è che uno spettatore impotente di fronte ai poliziotti che si ritengono la Legge, e al quartiere, diviso da gruppi che per accaparrarsi il potere sono disposti a tutto.
Il peggio è che tutto il mondo se ne fotte
“Le pire, c’est que tout le monde s’en fout.”
Con queste parole il “sindaco” (una sorta di protettore dei cittadini, ma molto più simile al Padrino) descrive la situazione. Tutti condannano lo spaccio di droga e la prostituzione, ma nessuno fa niente per aiutare questo quartiere di periferia.
Ladj Ly dimostra che non basta fare la ronda, mettere in prigione gli spacciatori e spaventare i ragazzini che diventano delinquenti prima ancora di diventare maggiorenni. Anzi, lascia lo spettatore col dubbio che lui stesso potrebbe essere Issa (il protagonista, un ragazzino viene cacciato di casa per aver rubato dei polli e che incappa in problemi ancora più grandi quando ruba un cucciolo di leone dal circo).
Il suo comportamento da teppistello sembra assurdo agli occhi di chi, comodamente seduto sul divano, guarda le immagini che scorrono sullo schermo. Se ci si riflette un attimo, però, si capisce che in un quartiere povero, violenza e atti illeciti sono all’ordine del giorno. E il regista lascia che i dubbi ci assalgano: Issa, i poliziotti, le prostitute e gli spacciatori sono cattivi? O sono semplicemente cresciuti in un contesto sociale sbagliato?
“È stato un incidente? Non è colpa vostra? Come al solito. Vi danno delle armi ma non sapete usarle. È colpa della sfortuna?
[…] E se avessero ragione a esprimere la loro rabbia? È l’unico modo per farsi sentire oggi.”
Victor Hugo Vs Ladj Ly
Les Misérables non prende dall’opera di Victor Hugo solamente il titolo, ma anche per altri aspetti. Il romanzo ottocentesco infatti è un’opera che descrive la Francia dal punto di vista sociale, storico e filosofico. In poche parole, lo scopo di regista e scrittore è sostanzialmente lo stesso: quello di dipingere una realtà. In questo caso, la vita delle persone povere che vivono nella banlieue parigina.
Hanno dunque in comune lo stampo realista con descrivono la vita dei protagonisti e tutto l’universo umano che ruota loro attorno. Ed è estremamente forte la tematica sociale.
“C’è un momento in cui i vili e gli sfortunati si mischiano e si confondono in una sola fatale parola, i miserabili; di chi è la colpa?” (Victor Hugo)
Secondo Victor Hugo la colpa è della povertà, dell’indifferenza, e di un sistema repressivo e senza pietà. Ladj Ly non si discosta molto dalla sua filosofia. I protagonisti, che subiscono gli abusi della polizia, sono solo dei bambini. Vivono per strada e entrano a far parte del mondo criminale ancor prima di capire cosa succede attorno a loro.
Sembra assurdo pensare che a distanza di duecento anni, la situazione sociale non sia poi così cambiata.
Una critica quasi neutrale
Per quanto il film promulghi una critica sociale, non condanna esplicitamente una delle parti. Lo dimostra la citazione finale (sempre di Victor Hugo) con cui chiude il film, prima di dare spazio ai titoli di coda:
“Amici miei, ricordatevi bene questo, non ci sono né erbacce, né uomini cattivi. Ci sono solo dei cattivi coltivatori.”
Condanna dunque quello che dicevamo prima: l’indifferenza, la mancanza di educazione e di un piano che porti effettivamente cambiamento.
Attraverso Les Misérables, Ladj Ly supera la passività e informa. Mette in pratica uno dei passi fondamentali per rendere possibile un cambiamento. Bisogna essere coscienti del problema per poterlo affrontare.
Il suo compito però non ci chiude con Les Misérables. Infatti, il regista ha annunciato che questo non è che il primo di una trilogia, intitolata “La trilogie de la banlieue”.
Dunque non sorprende che, per il primo lungometraggio della sua carriera, Ladj Ly sia stato candidato per l’Oscar al miglior film internazionale e ai Golden Globes come miglior film in lingua straniera. E che abbia anche ottenuto il Premio della Giuria al Festival di Cannes, la menzione speciale dell’AFCAE (Association française des cinémas d’art et d’essai) e altri premi.
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