L’approccio fisico alla recitazione di James McAvoy analizzato attraverso tre ruoli chiave

Per analizzare nello specifico questo particolare aspetto della carriera di James McAvoy è necessaria una premessa.
Di recente mi sono imbattuto in una lettura che mi ha fatto riflettere sulla natura della profonda preparazione di tipo fisico che molti attori hanno dovuto affrontare per arrivare al successo del quale godono. La lettura in questione è Awareness, libro del regista teatrale Gabriele Vacis, nel quale egli racconta l’esperienza come uditore delle lezioni tenute in Italia dal maestro Jerzy Grotowsky.
Grotowsky, attraverso le parole di Vacis, spiega quanto lunga e faticosa debba essere la preparazione quotidiana di un attore teatrale. Il successo di uno spettacolo passa attraverso il continuo allenamento della memoria fisica. In poche parole il corpo, il vero e proprio strumento della rappresentazione, deve essere meticolosamente preparato per potersi esprimere al meglio.
Molti attori, seppur senza arrivare alla totale alienazione del metodo del regista teatrale d’avanguardia polacco, hanno fatto del duro lavoro la base per interiorizzare un personaggio. Come dimenticare le dodici ore al giorno che Robert De Niro impiegava trasportando persone in macchina prima di girare Taxi Driver.
James McAvoy ha un approccio lavorativo molto simile. È un attore versatilissimo che, attraverso alcuni ruoli particolarmente riusciti, si è ritagliato uno spazio di tutto rispetto nel competitivissimo star system hollywoodiano, entrando nell’immaginario collettivo.
Vediamo ora alcuni fortunati ruoli che hanno mostrato le sue grandi capacità:

Charles Xavier (Trilogia X-Men): la mente a servizio del corpo

James McAvoyDopo una prima trilogia che ha dato lustro a questo personaggio, attraverso l’ottimo Patrick Stewart, c’era bisogno di un attore che rilanciasse il mutante nella trilogia prequel.
Conosciuto il Professor X come un uomo dal sopraffino intelletto, costretto su una sedia a rotelle, era necessaria un versione più moderna e dinamica, che rivelasse ambizioni e limiti del professore, prima che potesse acquisire le abilità e la saggezza che lo hanno reso il punto di riferimento di tutti i mutanti.
McAvoy compie un lavoro egregio. Lui stesso ha sottolineato come, confrontandosi con Patrick Stewart, abbia convenuto che fosse necessario calcare un po’ di più la mano sulla fisicità e sull’impulsività del personaggio, consapevole che il forte contrasto con lo Xavier anziano, estremamente posato e riflessivo, avrebbe giovato alla trasposizione cinematografica del professore dei mutanti.
L’attore di Glasgow interpreta un Charles Xavier dal percorso amletico (il suo fato è infatti già segnato, ciò che importa è sapere come si comporterà perché il destino possa fare il suo corso).
La mobilità, persa a causa del suo amico Magneto, è anche il vero e proprio ostacolo che lo separa dall’accettazione della sua nuova condizione e dal riprendere il progetto della scuola.
In X Men: Giorni di un futuro passato infatti Wolverine torna nell’anno 1973, poco dopo l’incidente avvenuto sulle spiagge di Cuba, dove la fisicità di Xavier è esasperata. Si rifiuta di vivere sulla carrozzina e assume un siero creato da Hank McCoy che, sopprimendo le sue capacità telepatiche, gli permette di camminare ancora.
James McAvoy riesce a mostrare un professore irrequieto, irascibile, con continui scatti nervosi. Egli arriva addirittura a mettere le mani al collo e a urlare in faccia a Magneto, proprio lui, che ci aveva abituati alla pazienza e ai modi gentili.
Spingersi così lontani da come il pubblico si è abituato a vedere Xavier, rende il cambiamento ancor più necessario e fugge ogni dubbio sulla necessità di quest’ultimo.
Ed è quasi paradossale che proprio il più fisico ed impulsivo degli X-Men, ovvero Wolverine, convinca il Professore che sia la mente l’arma più potente.

Kevin Wendell Crumb (Split): il “multiforme ingegno”

James McAvoyKevin Wendell Crumb è il protagonista di Split, prima collaborazione di James McAvoy con M. Night Shayamalan. Crumb è affetto da disturbo dissociativo della personalità, probabilmente insorto a causa di un’infanzia difficile. Split permette a McAvoy di dare sfoggio di tutto il suo talento: è un ragazzino vergognoso, una donna estroversa, un crudele uomo di mezza età e molti altri. Ogni personaggio riesce a mostrare delle particolarità che lo rendono immediatamente riconoscibile anche senza proferire parola: Patricia inarcando le sopracciglia e dosando con precisione ogni movimento, Danny attraverso un atteggiamento distaccato e intellettuale o Hedgwin con un fare titubante e la zeppola tipica dei bambini.
Il corpo diventa mezzo espressivo per eccellenza, capace di veicolare i disagi più profondi di una patologia rara e pericolosa. James McAvoy è Kevin Crumb, pensa e si muove come lui, o meglio, come loro.
I veri protagonisti del film sono la gestualità, studiata e affinata attraverso un meticoloso lavoro e l’espressività. Il volto dell’attore bretone è in grado di adattarsi persino alle smorfie “bambinesche”.
Ed è forse proprio Hedgwin, il bambino, la personalità che più di tutte esalta le sue capacità in questo lungometraggio: dai movimenti incerti delle mani, che mostrano vergogna e insicurezza, all’incedere insicuro, fino ad arrivare agli occhi sfuggenti. McAvoy non veste solamente i panni di un fanciullo, lo diventa.

Kevin Wendell Crumb (Glass): il corpo a servizio della mente

James McAvoyIl Kevin Wendell Crumb di Glass è un personaggio decisamente differente dal Kevin Wendell Crumb appena analizzato. Il mutamento, avvenuto al termine del precedente capitolo, nell’essere superiore noto come “La Bestia”, ha portato inevitabilmente McAvoy ad esplorare un lato più brutale e marcatamente fisico del suo personaggio. È un’interpretazione muscolare, nervosa, le vene sembrano quasi fuoriuscire dalla pelle, la quale a stento riesce a contenerle. Il volto poi diventa plastico, si deforma e ricompone a una velocità sorprendente. Si piega e modella ad ogni esigenza e riesce a sopraffare la parola, diventando il principale strumento comunicativo di un essere che di umano conserva ben poco.
La presenza fisica della Bestia è notevole, il campo visivo è riempito totalmente da questo essere spaventoso. Ciò che rende speciale questo personaggio è la consapevolezza che James McAvoy ha di se stesso. Il lavoro in palestra ha dato i suoi frutti, l’ipertrofia del performer impressiona e spaventa gli spettatori ma, a differenza di molti attori muscolari messi sul palco per svolgere il cosiddetto compitino, lui capisce che il corpo è un veicolo comunicativo, ed è utile per trasportare un messaggio.
L’attore continua a muoversi e interagire nella cornice del film senza mai perdere la propria identità, lo fa però in un involucro spaventoso e totalmente nuovo.

In soli tre film James McAvoy è riuscito a dimostrare come si possano ottenere grandi risultati sfruttando il proprio corpo, a patto che non si perda mai di vista la propria identità attoriale. Insomma, un fisico muscoloso non può e non deve in alcun modo essere un punto di arrivo, né può sostituire le capacità espressive e comunicative tipiche dei grandi attori.
L’attore di Glasgow ha più volte mostrato di essere riuscito in tutto ciò ed io, in maniera decisamente poco professionale, mi sento di lanciare una provocazione: E SE AVESSIMO TROVATO UN NUOVO E CREDIBILE BRUCE BANNER?

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