Gli spiriti dell’isola, la recensione: oltre la commedia c’è di più

Papabile frontrunner agli Oscar, Gli spiriti dell'isola, diretto da Martin McDonagh, è un film dolceamaro, dove ogni risata nasconde qualcosa di più profondo. Un litigio apparentemente innocuo e insensato crea i presupposti per un teatro dell'assurdo che si serve di numerose metafore per interrogarsi riguardo l'insensatezza dell'indole umana.
Gli spiriti dell’isola, la recensione: oltre la commedia c'è di più

Presentato in concorso alle 79° Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ottenuto ben due premi, quello per la Miglior Sceneggiatura e la Coppa Volpi a Colin Farrell come Miglior Attore, Gli spiriti dell’isola segna il ritorno di Martin McDonagh alle sue origini, quelle di In Bruges, riscoprendo nuovamente la formidabile coppia formata da Colin Farrell e Brendan Gleeson. 

Forte di una stagione dei premi contrassegnata da importanti successi, Gli spiriti dell’isola si approccia agli Oscar come uno dei frontrunner principali insieme a Everything Everywhere All At Once, specialmente a seguito dei tre Golden Globe ottenuti nelle categorie Miglior Attore Protagonista in un Film Commedia, Miglior Sceneggiatura e Miglior Film Commedia.

Gli spiriti dell’Isola: la tragicommedia secondo McDonagh

Certo è che il termine commedia va un po’ stretto all’ultima pellicola di Martin McDonagh, e assume le sembianze di un’etichetta attaccata forse con troppa superficialità, sicuramente insufficiente a rappresentare le sue più profonde sfumature e gli svariati generi che lambisce durante il suo ondivagare. Gli spiriti dell’isola è infatti la sintesi perfetta del cinema di McDonagh, dove la commedia grottesca di 7 psicopatici incontra la commovente drammaticità di Tre manifesti a Ebbing…Missouri. Un film dolceamaro, dove ogni risata nasconde qualcosa di più profondo, che certifica la maturità di un autore che ha sempre compreso la tragicità insita nell’umorismo.

Un rapporto infranto

Colin Farrell e Brendan Gleeson ne Gli spiriti dell'isola
Colin Farrell e Brendan Gleeson in una scena del film

Sullo sfondo della guerra civile irlandese, e ambientato sulla fittizia isola di Inisherin, Gli spiriti dell’isola segue le vicende di Pádraic (Colin Farrell), un uomo sconvolto dalla decisione di Colm (Brendan Gleeson), il compagno di una vita, di interrompere improvvisamente la loro amicizia perché accortosi del suo essere futile e noiosa e, semplicemente, di non aver più tempo da dedicarle. 


Pádraic cercherà così di riparare il rapporto danneggiato con ogni mezzo necessario, ma Colm, violinista di grande talento, rimarrà irremovibile sulla sua decisione, e giurerà di tagliarsi un dito della mano ogni qual volta verrà importunato dall’ormai suo ex compagno di bevute. Un litigio apparentemente innocuo e insensato, porterà quindi a delle spiacevoli conseguenze.

Pádraic e Colm: un dualismo insito nel film

Pádraic e Colm in un frame della pellicola
Pádraic scorge Colm dalla finestra della sua casa

Colm e Pádraic rappresentano in un certo senso le due facce de Gli spiriti dell’isola, il suo dualismo tra commedia e dramma, tra superficie e profondità, tra due filosofie di vita agli antipodi.

Colm, raggiunta ormai l’età della saggezza, sente di non poter più sprecare il proprio tempo dietro a questioni inutili, e di dover dedicare il resto della propria vita alla musica, in un’improvvisa pulsione dettata forse dalla paura di morire senza aver lasciato un’impronta veramente significativa. Pádraic, al contrario, non sembra avere alcuna preoccupazione riguardo al futuro, e impersonifica l’inettitudine di coloro che lasciano che la vita gli scorra addosso, facendosi trasportare dalla corrente, almeno fino allo scorgere in lontananza di alcune rapide. 

A quel punto annaspano per prendere in mano la propria vita, ma, disabituati, non sempre riescono. Le rapide di Pádraic sono l’improvvisa decisione di Colm di porre fine alla loro amicizia. Incapace di accettarne o comprenderne i motivi, si troverà quindi per la prima volta a dover lottare contro una corrente che lo condurrà all’interno di un vortice di depressione e solitudine, verso l’accettazione, o meglio la non-accettazione, di un nuovo io. “C’è una maschera per la famiglia, una per la società e una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno”, citando Pirandello, che con la tragicommedia ha vinto un premio Nobel.

Un teatro dell’assurdo tra metafore e profonde riflessioni

La solitudine di Pádraic ne Gli spiriti dell'isola
La solitudine di Pádraic ne Gli spiriti dell’isola

Gli spiriti dell’isola assume immediatamente le sembianze di un racconto dell’assurdo, un teatro degli eccessi semplicemente irresistibile, dove ogni situazione, ogni eccentrico dialogo portato in scena con quell’accento così bizzarro, scaturisce una serie di vicissitudini assolutamente grottesche. Forte di una sceneggiatura incredibilmente brillante, la pellicola di Martin McDonagh trova nella caratterizzazione dei propri personaggi la sua linfa vitale. Persino chi ha un minutaggio piuttosto limitato rimane scolpito nella mente dello spettatore (non è sicuramente un caso che Barry Keoghan sia stato candidato in tutti i premi più prestigiosi). 

McDonagh riesce con la propria scrittura ad elevare la commedia, cosicché il riso diventi una conseguenza, piuttosto che il fine ultimo, e Gli spiriti dell’isola, al contempo, un’intelligente e profonda riflessione sull’indole umana.

Gli spiriti dell’isola: la stupidità dell’indole umana

Le ambientazioni de Gli spiriti dell’isola rappresentano il riflesso dell’animo dei protagonisti, a partire dalla scelta stessa di Inisherin, simbolo, in quanto isola, di emarginazione e solitudine. Il conflitto tra Pádraic e Colm diventa invece metafora di quello fratricida che affliggeva l’Irlanda di quegli anni, i cui echi in lontananza influenzano le vite dei personaggi, ma anche dell’insensatezza delle azioni umane. 


Il regista britannico, di origini irlandesi, porta sul grande schermo una favola che sovverte le classiche regole della narrazione. Ne Gli spiriti dell’isola, infatti, il “e vissero per sempre felici e contenti” non sembra mai essere un’opzione plausibile, e “alcune cose [proprio] non si possono superare”. In un film divertente e divertito, forse McDonagh riesce più di chiunque altro a rappresentare l’imprevedibilità e la stupidità dell’indole umana, con occhio innocente ma sempre malinconico di chi questo l’ha compreso perfettamente.

Facebook
Twitter