Beau ha paura, recensione: un vero Trauma come solo Ari Aster

Beau ha paura è un film complesso e oceanico cui non mancheranno certo i detrattori, ma conferma ancora una volta al mondo intero l’indiscutibile talento visionario di Ari Aster. Fra un Joaquin Phoenix perfettamente calato nel ruolo e la creatività di Aster che trova pieno sfogo, Beau ha paura è già uno dei film più interessanti dell’anno.
Beau ha paura, recensione: un vero Trauma come solo Ari Aster

Arriva il 27 Aprile nelle sale italiane (distribuito da I Wonder Pictures) Beau ha paura, nuovo film di Ari Aster, regista da più parti considerato fra i maggiori talenti dell’horror contemporaneo. Era infatti il 2018 quando, nei cinema di tutto il mondo, arrivava Hereditary, sua opera d’esordio. Quel film, dall’enorme e immediato successo, al di là di una progressiva sfilacciatura sul finale, era prova evidente di un talento e di una capacità di costruzione cinematografica che si vedono raramente. Midsommar, seconda opera, non fece che consolidare la prima impressione, persino rafforzandola

Logico quindi che le aspettative su Beau ha Paura fossero altissime: Ari Aster è stato capace di proporre un’idea cinematografica nuova e dirompente in soli due film, tutti dunque lo aspettavano al varco, amanti ma anche detrattori. E Beau ha paura appare fin da subito come la quintessenza del suo cinema, amplificata all’ennesima potenza.

Beau ha paura: la trama

Trailer ufficiale Beau ha paura

Beau – un Joaquin Phoenix che porta avanti una performance che sembra essere stata un vero tour de force – è un uomo di mezza età, pavido e vittima delle sue ansie e paranoie. Dovrebbe partire per un viaggio per andare a far visita alla madre, ma di fronte a lui esplode il caos. In un mondo completamente impazzito dovrà percorrere strade che non si trovano su nessuna mappa, affrontando tutte le paure e le bugie di una vita. Questa, in breve, la sinossi di Beau ha paura.

Ma queste parole non bastano, non potrebbero neanche lontanamente essere sufficienti a descrivere ciò che è l’ultima opera di Aster. Un film che potremmo definire “opera-mondo“, che contiene dentro di sè infinite suggestioni e centinaia di diramazioni narrative.

Il perturbante nel cinema di Ari Aster

Joaquin Phoenix è il protagonista del nuovo film di Aster
Joaquin Phoenix è il protagonista del nuovo film di Aster

Per comprendere la poetica che permea Beau ha paura, e in generale tutto il cinema di Aster, può essere utile fare riferimento ad un momento, in Midsommar, verso l’inizio del film, in cui la telecamera si capovolge: sta inquadrando la macchina dei protagonisti che entra nei territori del villaggio in cui poi si svolgerà la vicenda. Aster con quell’improvviso “rovesciamento” dello sguardo confondeva per un attimo i sensi dello spettatore per introdurlo nell’atmosfera perturbante in cui stavano entrando i personaggi.

Più volte, in Beau ha paura, torna quel tipo di stratagemma, che viene qui esasperato e reso non più solamente gesto cinematografico di qualche istante ma poetica fondante dell’opera stessa. Lo sguardo di Aster si sposta continuamente, cambia prospettiva, riprende una situazione da un lato e d’improvviso si svincola, va a decentrarsi (o a centrarsi) seguendo il punto di vista dei personaggi.

Ed è in effetti una poetica dello “smarrimento” quella ricercata da Aster, la nostra visione della vicenda non è mai totale ma sempre limitata, situazioni e luoghi non sono decodificabili fino in fondo dal nostro sguardo, assumiamo in pieno il punto di vista dei personaggi (spesso il Beau di Phoenix, anche se non sempre) che si ritrovano travolti e smarriti nel surreale.

Beau ha paura: una riflessione sul trauma 

I film di Ari Aster continuano a riflettere sul concetto di trauma
I film di Ari Aster continuano a riflettere sul concetto di trauma

L’impostazione è varia, si passa da sequenze stratificate e iper-costruite – ma Aster è bravo a farcele percepire tutte come naturali e immediate – ad altre in cui l’horror si fa più istintuale e scevro da sovrastrutture, tutto basato su suggestioni di luci e suoni. Il Beau di Phoenix è un uomo “umiliato”, incapace di compiere qualsiasi scelta, emotivamente dipendente dalla madre (figura centrale nell’opera), sovrastato dalle ansie e stordito dalle pillole. Evidentemente si porta dietro diversi traumi ma solo piano piano capiremo qualcosa in più su di lui.

Del trauma Aster ne ha sempre parlato, i suoi film hanno sempre riflesso situazioni di “elaborazioni di un trauma” attraverso la messa in scena di personaggi umiliati o traditi, che hanno un background personale complesso, inseriti in contesti spaventosi. Che forse però non sono mai spaventosi quanto i traumi di partenza.

Ari Aster ha insomma la rarissima capacità nel cinema, e forse ancor più rara in particolare nel genere horror, di “tematizzare” una sensazione, renderla palpabile nel tessuto delle sue opere. E probabilmente è questo a far compiere al suo cinema uno scarto che lo eleva dall’essere semplicemente “bel cinema”. Perché in Beau ha paura la fattura più puramente tecnica è comunque sempre altissima, dall’enorme lavoro scenografico alla studiatissima fotografia traslucida e patinata di Pawel Pogorzelski, fidatissimo collaboratore di Aster sin dal primo film.

Un film destinato a dividere

Ari Aster alla premiere di  Beau ha paura
Ari Aster alla premiere di Beau ha paura

Se già Midsommar era un potentissimo manifesto sull’elaborazione della fine di una relazione (che è, in fondo, un’elaborazione del lutto), Beau ha paura porta all’esasperazione questo concetto, proponendosi come riflessione sulla delusione e sul rancore causati dai traumi familiari che ci portiamo dietro per tutta la vita.

Di certo non mancheranno i detrattori, quest’ultima opera si prospetta come il film più divisivo di Ari Aster ed è anche quello che più si discosta dai canoni dell’horror classico. Difatti se Midsommar si presentava come un’opera più concentrata e compatta, Beau ha paura è talmente oceanico e narrativamente sconnesso che per sua natura presterebbe il fianco alle critiche più varie. In effetti dall’America già non mancano feroci stroncature. Però è proprio nella sua natura folle che giace il suo fascino.

Ari Aster dichiara che è il film di cui è più orgoglioso, difficile non comprenderlo. Beau ha paura ci porta sulla strada di un uomo la cui vita è stata costellata dalla delusione. Efficace, in questo senso, quello che doveva inizialmente essere il titolo dell’opera: Disappointment Blvd.

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