Lady Bird: la recensione del film d’esordio alla regia di Greta Gerwig

Greta Gerwig esordisce alla regia con una comedy-drama apparentemente semplice e genuina, che in tutta la sua essenzialità e materialità, riesce ugualmente a meravigliare. Perché Lady Bird racconta la storia di una ragazza adolescente intrappolata in una cittadina anonima, Sacramento, il “Mid-West della California”, dove vive la sua quotidianità tra la scuola, la migliore amica, la famiglia, l’amore, il lavoro e la voglia incessante di evadere per raggiungere la tanto sognata East Coast. Un film che tocca tanti punti biografici della regista, prima attrice poi sceneggiatrice, percorrendo la linea del coming of age di stampo indipendente, in una maniera singolare e innovativa.

Lady Bird

Christine ‘Lady Bird’ McPherson si ribella a tutte le convenzioni date, una ragazza un po’ sui generis, che sta vivendo il suo ultimo anno di liceo, come ultimo ostacolo per realizzare il suo sogno: essere indipendente e studiare a New York. Un’indipendenza tanto ambita quanto è quella che realmente possiede. Poco curante dell’autorità genitoriale e scolastica, lei pensa principalmente di testa sua, incredibilmente sfacciata e schietta, non manca mai un’occasione per far prevalere la sua persona e le sue ragioni. La Gerwig ci mostra un ritratto alquanto veritiero e consueto di un’adolescente sulla soglia della vita adulta, ripercorrendone tutte le tappe fondamentali della sua crescita, dal primo amore, alle litigate con la petulante madre, la scelta del college, i suoi rapporti interpersonali; ma la differenza che denota questo film rispetto a tanti altri del suo genere, è il modo in cui tutto è trattato con poca drammaticità e sensazionalismo. Tutti gli eventi legati alla vita di Christine si susseguono in modo fluido e naturale, non abbiamo nessun discorso rilevatore e moralizzatore, nessuna situazione carica di pateticità ed emotività, solamente piccoli sprazzi quotidiani della protagonista, accompagnati dalle sempre più apprezzate musiche di Jon Brion.

Lady Bird

Saoirse Ronan si rivela perfetta nella parte della protagonista. La sua fisicità delicata e la sua recitazione spigliata e disinvolta entrano in completa sintonia con il personaggio di Christine e la volontà della regista. Evince su tutto la forma data dalla Gerwig alla sua Lady Bird. Una ragazza colta nei suoi momenti migliori tanto peggiori, amorevole ma bugiarda, intelligente quanto svogliata, non le viene assegnato nessun eroismo, tantomeno pietismo, è solamente se stessa, con tutti i suoi sbagli e le sue doti. Questo sicuramente ci fa accostare di più alla sua persona, facendoci entrare in piena empatia con lei, perché Lady Bird è tangibile, non si comporta diversamente da un qualunque altro adolescente della sua età. La sua incoerenza, la sua ribellione, la sua ambiziosità, sono sviluppate con efficacia, davanti a noi troviamo una ragazza con una vita reale, non un simulacro di quello che dovrebbe essere. Interessante anche il modo in cui sono raccontati gli eventi storici nel film, ambientato nel 2002 in pieno periodo post 11 Settembre; contrariamente all’importanza data di consueto, sentiamo il suo incombere in lontananza, quanto la poca importanza che la protagonista le da. Greta Gerwig ci trascina letteralmente nella visione del mondo di Christine, mostrandoci le cose nello stesso modo in cui le vede lei. La stessa visione di Sacramento ne è una prova ulteriore, una rappresentazione anonima, non la West Coast carica di spettacolarità, da cui siamo costantemente abituati. I rapporti raccontati con poca profondità, specialmente quelli amorosi, sono la proiezione latente del modo in cui la ragazza si rapporta ad essi, senza troppo trascino emotivo ma come tappe legittime da condurre per una persona della sua età.

Lady Bird

Le uniche due storie che troveranno la sua rilevanza nell’arco di tutto il film, sono l’iscrizione al college e il rapporto con i genitori, specialmente quello con la madre. La prima è il vero leitmotiv di tutta narrazione, divenendo per Christine il bagliore di speranza per attestare il suo io e la sua indipendenza. Ma davanti trova la figura della madre, interpretata da Laurie Metcalf, una donna lavoratrice, forte, ingombrante, che al di là di tutto nella loro diversità sono straordinariamente simili. Anche qui non troviamo litigi teatrali, al limite dell’inverosimile, ma piccoli momenti tra le due, situazioni banali, a prima vista privi d’importanza, intrisi, però, di tutta quella materialità e concretezza da far emergere l’effettivo rapporto tra le due.

Lady Bird

Greta Gerwig in modo non didascalico ci racconta se stessa. Lady Bird, fresco dalla vittoria ai recenti Golden Globe, come miglior film commedia o musicale e migliore attrice a Saoirse Ronan, non cerca di elevarsi a nessun elitarismo concettuale. Riesce nell’intento che vuole arrivare, cioè quello di raccontare una storia comune, vicina ad ognuno di noi, così familiare da toccarci nel profondo. In un momento cinematografico come questo, dove assistiamo a quella che i critici chiamano ‘crisi creativa’, dove tutto tende ad essere sopra-spettacolarizzato, forse film come questi ci ricordano l’importanza di continuare a raccontare storie simili. Evidentemente che abbiamo già visto, ho letto, ho sentito parlare, ma distaccate dal loro contesto consueto e mostrate in una nuova veste. La Gerwig con Lady Bird ci è riuscita a pieno titolo, accompagnandoci per un’ora e mezza nella sua storia e di Christine (suo alter-ego per eccellenza), mostrandoci uno spaccato di vissuto dal punto di vista della protagonista, simile a tanti ma analogamente unico.

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