La Casa di Carta è una delle serie più seguite degli ultimi anni, soprattutto da quando è stata acquistata e distribuita da Netflix. Dopo il finale a sorpresa della terza stagione, l’attesissima quarta stagione de La Casa di Carta è ora disponibile sulla piattaforma streaming. È già stato anticipato dall’ideatore, Alex Pina, che sono in programma anche una quinta ed una sesta parte, con cui seguire le vicende della ormai celebre banda criminale guidata dal Professore.
Tuttavia, con le serie tv, soprattutto se di successo, è frequente correre il rischio di portare avanti una storia ormai conclusa, che non ha più molto da offrire, ottenendo scarsi risultati. E’ questo il caso de La Casa di Carta? Abbiamo veramente bisogno di altre stagioni? Cerchiamo di analizzare la nuova stagione per trovare una risposta.
LA TRAMA
Nella terza stagione abbiamo seguito i protagonisti cimentarsi in un nuovo colpo. Questa volta l’obiettivo è la Banca di Spagna. Ancora una volta un colpo ben strutturato grazie al piano architettato anni prima da Berlino insieme a Palermo, che sarà a capo dell’operazione.
A fine stagione la situazione si era però complicata: la spietata ispettrice Sierra inscena la morte di Lisbona, convincendo il Professore che l’amata sia stata giustiziata. Nel frattempo all’interno della Banca Centrale Nairobi viene colpita da un cecchino, mentre Rio e Tokyo riescono ad impedire all’esercito di fare irruzione sparando dei razzi.
La Casa di Carta 4 si apre quindi con Nairobi gravemente ferita, affidata alle cure dei compagni di rapina, mentre Il Professore si trova per la prima volta di fronte ad una sconfitta non calcolata, che lo coinvolge emotivamente privandolo della sua proverbiale lucidità. Nel corso della stagione i personaggi si troveranno quindi a fronteggiare la feroce Sierra, che si è dimostrata disposta a tutto. Dovranno cercare di portare a termine la loro missione, uscendo dalla Banca Centrale con l’oro.
Prima di approfondire meglio la questione, facendo anche degli spoiler, un giudizio in breve. La prima parte de La Casa di Carta, che comprende le prime due stagioni, era una serie interessante. Sicuramente non una serie perfetta, ma ammettiamolo: siamo tutti rimasti colpiti dalla meticolosità del piano del Professore, capace di rapinare la Zecca di Stato. Concluso questo grande colpo, però, forse non c’era bisogno di continuare. La seconda rapina era sin troppo ricalcata sulle dinamiche già viste. Se avete apprezzato la terza stagione, sarete sicuramente curiosi di scoprire come la vicenda andrà a finire nella quarta. In caso contrario, non vi aspettate picchi di stile, non ce ne saranno.
Attenzione: da questo momento in poi l’articolo contiene Spoiler!
Sono diversi gli aspetti de La Casa di Carta 4 che non ci hanno convinti. Cerchiamo ora di analizzarli con più attenzione.
Abbiamo già detto come l’intera idea della seconda parte della serie ci sia sembrata un’aggiunta forzata alla trama originale. In questa stagione in modo ancora maggiore, tanto che sono evidenti alcuni espedienti inseriti per cercare di portare avanti una storia ormai stantia. Le prime puntate vanno avanti senza un obiettivo ben preciso: è evidente che Nairobi sia salva, per quanto sia stata operata in condizioni piuttosto precarie; il Professore scopre presto che Lisbona è viva e tenuta sotto chiave da Sierra; l’unica cosa da fare è completare la missione. Per aggiungere complicazioni, c’è la rivolta di Palermo, che sebbene si dichiari totalmente “fedele al piano” sarà solo la causa di vari problemi.
Solo a metà stagione ci sarà il vero intervento di Gandia, che rivelerà la sua natura da killer (anche se poi deciderà di non uccidere immediatamente Tokyo, senza un motivo ben preciso): Gandia diventerà il vero nemico contro il quale canalizzare l’attenzione, permettendo anche al Professore di elaborare un piano definitivo per concludere il colpo. Riuscirà così anche ad incastrare Sierra, smascherando le sue strategie poco ortodosse.
Altro mezzo utilizzato per riempire le puntate è quello che viene definito “fan service“: inserire scene appositamente create per soddisfare i fan. Basta fare una riflessione: per molte scene, se vi chiedete cosa aggiungano effettivamente alla trama, la risposta è “nulla”. Un esempio: sicuramente nei prossimi giorni, forse settimane, vedremo ovunque la scena di Berlino che canta Ti amo di Umberto Tozzi e poi Cerco un centro di gravità permanente di Battiato al suo matrimonio. A cosa serve questa scena? Aggiunge qualcosa alla storia? Oppure semplicemente permette ai fan di vedere uno dei personaggi più amati, Berlino, mentre canta, un po’ come faceva con Bella ciao?
I DIALOGHI
Numerose sono le storie d’amore che vedono la luce in questa stagione, continuando a contravvenire alle regole iniziali del Professore. Tuttavia l’elemento romantico ha in questa stagione forse un ruolo troppo ampio, creando banali litigi di coppia e relazioni poco mature che tolgono spazio all’azione, che dovrebbe essere l’aspetto centrale della serie.
La Casa di Carta 4, come l’intera serie, sa essere visivamente molto d’impatto. Il budget a disposizione per le ultime stagioni è sicuramente alto, non mancano grandi lotte ed esplosioni. I punti di debolezza stanno, invece, nella scrittura. I problemi non risiedono solo nella trama, ma anche nei dialoghi tra i personaggi.
Sono dialoghi poco credibili, spesso moralistici. Grandi riflessioni su temi come amore e morte, sulla famiglia e così via vengono affrontati con una scrittura banale, superficiale. Procedono per frasi fatte, sentite e risentite. Sicuramente non ci sono monologhi particolarmente memorabili o brillanti. Per una serie nella quale un elemento fondamentale è l’intelligenza degli ideatori della rapina, è un vero peccato non ritrovare la stessa arguzia nelle loro riflessioni.
COLPI DI SCENA… GIA’ VISTI
La seconda parte della stagione si risolleva rispetto alla prima: quando il Professore ritrova la forza ed elabora un nuovo piano, ci sembra di ritrovare le dinamiche interessanti delle prime stagioni. Il problema è che, forse, le ritroviamo troppo.
I piani elaborati e minuziosi messi a punto dal Professore erano un punto di forza nelle prime stagioni: ogni imprevisto calcolato era una sorpresa per lo spettatore. Dopo quattro stagioni questo effetto si perde. Sembra di rivedere ogni volta le stesse tattiche, ci aspettiamo già ciò che accadrà. Addirittura diventa fastidioso, a volte, notare come la lungimiranza del Professore non abbia alcun limite, neanche in casi estremi. Non è un problema se la serie non riesce ad essere totalmente realistica: fa parte del personaggio. Tuttavia dopo tutte le sconfitte subite ad inizio stagione, un piano perfetto sul finale risulta in qualche modo fuori luogo.
TROPPI TEMI, TROPPO SUPERFICIALI
È giusto che una serie tv sfrutti la propria visibilità per introdurre e affrontare diverse tematiche, anche importanti. Molti prodotti seriali si sono distinti per questo motivo, proponendo spunti di riflessione interessanti. Tuttavia se si affrontano temi delicati è importante inserirli nel giusto contesto, trattarli con la giusta attenzione e concedere loro uno spazio adeguato. La Casa di Carta 4 propone diversi spunti che fanno riferimento a questioni importanti, ma spesso non lo fa nel modo giusto, rischiando di ottenere l’effetto contrario.
Sin dalle prime puntate Denver si rivela un personaggio sotto diversi aspetti negativo: violento, aggressivo, geloso di Monica fino a farla allontanare. Era uno spunto interessante per affrontare il tema del machismo, della mascolinità tossica, della gelosia, invece viene fatto passare in secondo piano e risolto con un semplice dialogo di scuse.
Vediamo inoltre il tema della violenza sessuale attuata da Arturo nei confronti di altri ostaggi, anche questo un tema molto delicato e trattato con superficialità. Lo stesso vale per il tema della violenza e addirittura della tortura da parte della polizia: è un argomento scottante e merita spazio, magari verrà approfondito nelle prossime stagioni.
Altra questione fortemente ambigua è quella del personaggio di Manila (Belén Cuesta). Alleata con la squadra criminale ma sotto copertura tra gli ostaggi, Manila è una donna transgender (sebbene abbiano scelto un’attrice cisgender per interpretarla). Questo aspetto viene particolarmente sottolineato e ripreso in varie scene, ma è veramente utile? È giusto che le serie tv diano visibilità a delle categorie ancora oggi discriminate, ma inserire personaggi transgender non basta. Nel personaggio di Manila, che è un’abile ladra, il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere non sono informazioni determinanti. Sottolinearle, in modo quasi ingenuo, evidenziando il forte stupore di Denver ad esempio, rende Manila un personaggio “diverso”, quasi un’ulteriore discriminazione.
COSA CI ASPETTIAMO
Dal finale di stagione è evidente che la storia non sia conclusa, ma ci saranno altre stagioni. Avremo modo di scoprire come Sierra creerà nuovi ostacoli al piano del Professore, ritardando ancora la realizzazione dello stesso. Forse la squadra dovrà rimanere unita, questa volta per salvare il Professore. Potrebbe questa essere un’occasione di crescita per i personaggi, che si troveranno sprovvisti della loro guida e dovranno dimostrarsi più maturi.
Sarebbe anche un’occasione per riprendere e trattare meglio le tematiche introdotte in questa stagione, portando avanti delle riflessioni più approfondite e dei messaggi più chiari. Speriamo anche che si riesca a ritrovare quell’originalità e quell’azione che avevano portato le prime stagioni della serie al successo.
Infine, possiamo augurarci che la serie trovi una degna conclusione, ponendo un finale definitivo ad una storia che forse si sarebbe dovuta fermare qualche stagione fa.
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