Il Trono di Spade, la recensione della 8×01: Grande Inverno

L’ottava stagione de Il Trono di Spade inizia come ci si aspettava: non fa il botto, introduce e prosegue sulla falsa riga della stagione precedente. Pone buoni basi per il proseguo di un finale che potrebbe prendere mille direzioni diverse, con tante storyline da non perdere di vista. La violenza e la crudeltà di Westeros, caratteristiche della serie, nella settima stagione apparivano timidamente e solo a tratti, per far spazio a una narrazione più patinata, dolce, piena di effetti speciali, colpi di scena e azione.

In Grande Inverno (Winterfell), la 8×01, il concetto è questo, ma ovviamente l’azione ancora non c’è – se non quella data dai dialoghi, punto di forza in generale dello show. Possiamo ammirare come, in maniera pulita e senza sbavature, gli sceneggiatori abbiano messo in campo tutti i punti tematici della storia – e non sono pochi – per prepararci meglio a quello che verrà e per schierare le pedine sulla scacchiera dei Sette Regni.

Come suggerisce il titolo, gran parte dell’episodio è ambientato a Grande Inverno. È al Nord che si trova gran parte dei personaggi. È una puntata di incontri, attesi e tesi, a volte drammatici: Arya incontra Jon in una scena ben riuscita, commovente e intensa. Un po’ meno convincente è l’incontro tra Jon e Bran, il quale sembra ormai privo di ogni umanità. Sono gli incroci fra personaggi che avevano qualcosa in sospeso di importante, tuttavia, i più interessanti; capiamo fin da subito che l’ottava stagione offrirà agli spettatori l’occasione di vedere risolti e conclusi questi conflitti. La fuga di Sansa da Approdo del Re, dopo la morte di Joffrey, aveva messo in difficoltà Tyrion, accusato dell’omicidio; il dialogo fra i due personaggi risulta freddo e glaciale – come il carattere della ragazza, che lo gestisce con un certo carisma, in sfavore di un Tyrion più dimesso.

Sansa si comporta in maniera sempre più simile a Cersei (la quale intanto soffre di solitudine ad Approdo del Re e finisce a letto con Euron) ed è restia ad accettare il potere e la leadership di Daenerys. Solo il tempo ci aiuterà a capire le intenzioni di un personaggio il cui sviluppo è risultato molto interessante nel corso delle stagioni: vorrebbe che Jon rivendicasse il Trono e terrebbe il controllo totale di Grande Inverno, senza draghi. Allo stesso tempo, è leale e fedele alla sua famiglia e al Nord, così come il fratello. Se i loro obiettivi saranno sempre in linea, allora non ci saranno problemi; se dovessero prendere direzioni troppo distanti, è lì che si andrebbe a creare una falla nella famiglia Stark e, di conseguenza, nella tenuta del regno.

Questa è una delle parti migliori della serie, già dalla fine della sesta stagione; legata a questo senso di tensione e affetto che trasmette il rapporto fra Sansa e Jon e, a tratti, Arya.

Poi c’è la stessa Arya con Gendry, dai quali non sorprenderebbe la nascita di una storia; più distaccato è l’incontro con Il Mastino, che la spietata assassina aveva lasciato a morire alla fine della quarta stagione. È evidente che, nonostante lui non l’abbia presa bene, sa che Arya ha imparato dal migliore: lui avrebbe fatto lo stesso. Rancore e stima. A Grande Inverno alla fine arriva Jaime, il quale incrocia lo sguardo con il disabile Bran in un raccordo di sguardi finale di impatto: vista la crescita dei due personaggi, è probabile che ormai il loro passato pesi di più al primo che al secondo. Bran ormai è andato oltre.

Fra rapporti sentimentali e giochi di potere, di carne al fuoco da sviluppare ce ne è tanta. Con le tante “love story” in corso o potenziali, alcune incestuose, il rischio è che Il Trono di Spade prenda toni alla Beautiful. Jon e Daenerys, in segreto, coltivano il loro amore; la passeggiata “fuori porta” con i draghi è la parte più romantica e stucchevole di una serie in cui c’è poco spazio per questo genere di cose. Un’ottima scusa per ricorrere agli effetti speciali, con una CGI stranamente poco convincente, in una puntata altrimenti priva di particolari sussulti. Quando il nostro “rinunciatario” Targaryen scopre di essere il legittimo erede al Trono, nonché imparentato con la stessa Daenerys, rimane comprensibilmente perplesso. Adesso dovremo capire un po’ di cose: in primis, ma di che pasta è fatto davvero Jon Snow?

È forse Varys a ricordarci il lato più brutale di questo mondo, in maniera fedele e nostalgica. “Niente dura per sempre”, afferma. Una cosa da non dimenticare. I percorsi dei Sette Regni, così come le ambizioni e i difetti dei personaggi, sono ciclici. Prima o poi, però, tutto è destinato a finire: gli Estranei stanno arrivando. Che nessuno se lo dimentichi.

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