Black Mirror 4 e tra noi e questo ultimo episodio della nuova stagione di Black Mirror non delude completamente, se così si può dire.
Ultimo episodio della quarta stagione della serie più amata e odiata del momento. Parte con una ragazza in auto, occhiali da sole, canta una canzone che sta ascoltando alla radio. Cerchiamo subito di capire il contesto, è questo uno dei pregi di questa serie, e capiamo che siamo in America, probabilmente nei pressi del Grand Canyon e presumibilmente capiamo che siamo in un futuro molto vicino, il futuro a cui siamo abituati guardando la serie. Vediamo una stazione di benzina, la macchina si ferma, ma non può fare rifornimento lì, l’attività è dismessa da tempo, forse persino la benzina non è più in circolazione. La macchina viene caricata elettricamente, con l’energia solare e capiamo subito che l’attenzione si deve spostare, perché non è quello il nostro contesto, o almeno, non è completo. Poco più in là si trova infatti un museo, uno strano museo dal nome “Black Museum”, in cui la nostra protagonista si addentra, incuriosita.
Che Black Mirror abbia perso il suo tocco è qualcosa di sempre più vero e questo vale anche per Black Mirror 4: non riusciamo più a riconoscere i punti di forza e gli elementi che questa serie ci aveva abituato a vedere nelle prime due stagioni, prima che Netflix portasse Black Mirror in America. Oggi, però, parliamo esclusivamente del sesto episodio di questa quarta stagione, proprio “Black Museum”, scritto da Charlie Brooker, con una parte tratta dal racconto breve “Pain Addict” scritto da Penn Jillette, e diretto da Colm McCarthy, già regista di alcuni episodi tratti da serie come Sherlock, Doctor Who e Peaky Blinders. Un regista quindi che viene dalla BBC, proprio quella BBC di cui molti fan si sentono orfani dopo il passaggio a Netflix.
Quello che ci ritroviamo davanti è un episodio che funziona, con alti e bassi, ma che, alla fine, sa esprimere qualcosa. Il tema principe dell’episodio è una cosa a cui Black Mirror non sempre fa riferimento e fa capo a questa domanda: fino a dove si può spingere la medicina coadiuvata dal progresso tecnologico? Quindi è un episodio (fanta)scientifico, etico, morale, che vuole rientrare nella logica di Black Mirror di voler sconvolgere lo spettatore con qualcosa di plausibilmente orrido. Black Museum sa essere spaventoso, per utilizzare un termine anglofono possiamo dire anche “creepy”. Sì, perché raccapricciante è quello che vediamo, sono le scelte che gli esseri umani riescono a fare ed è quello che vediamo quando vengono superati alcuni limiti.
Perché, in fin dei conti, è un po’ quello su cui questa serie ha sempre giocato: il superamento del limite. Quindi, se pensiamo al campo medico e a quello che si potrebbe fare capiamo che ci sono dei limiti ma, allo stesso tempo, questi non sono ben definiti. L’episodio, inizialmente, fa forse storcere il naso in quanto sembra quasi uno di quegli episodi di Halloween dei Simpson in cui vediamo i nostri protagonisti in tante storie nelle quali succedono cose al limite dell’immaginazione e che sono scollegate tra loro. Questo episodio di Black Mirror 4 riesce ad unire le storie, a creare una vera storia collegata tra loro (c’è anche un “easter egg” dell’episodio 1 della quarta stagione) che dà senso a quello che vediamo. Il modo in cui lo fa, lo lasciamo scoprire a voi. Quello che possiamo dire è che si rimane, nostalgia a parte, piacevolmente sopresi da questo episodio che vuole portare nuova linfa in una serie tanto amata, ma che, ultimamente, sembra un po’ a corto di idee.
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