Da quando sono piccolo mi è sempre stata ripetuta una frase, anzi più che una frase un motto o, ancora meglio, un proverbio: “c’è sempre una prima volta”.
Mai prima di Joker un cinecomics era stato presentato in un festival internazionale.
Mai aveva evitato qualsiasi tipo di vicenda che potesse in qualche modo influenzare positivamente lo spettatore, come una storia d’amore, un villain pericoloso o un semplice subplot.
Il film si chiama Joker e, per quanto tautologico possa sembrare, parla di Joker e di nessun altro.
Trama (senza spoiler)
Arthur Fleck (Joaquin Phoenix/Joker) è un uomo bistrattato, maltrattato e deriso dalla società. Lavora per un’azienda che gli procura degli incarichi occasionali e vive in casa con la madre, della quale si occupa.
Sogna di diventare un comico, star della Stand-up comedy: il suo modello è infatti Murray Franklin (Robert DeNiro), presentatore televisivo di un celebre Late Show.
In una Gotham in piena emergenza e sull’orlo della rivolta, con un trumpiano e rampante Thomas Wayne a candidarsi alle elezioni come unica speranza per la città, Arthur è un uomo malato e tutto sommato buono ma niente e nessuno ha pena per lui, tutti lo maltrattano finchè, messo dalla vita con le spalle al muro e non avendo per sua stessa ammissione nulla da perdere, decide di cambiare.
Parola d’ordine: Innovazione
Joker esula a tal punto dagli altri Blockbuster prodotti da DC e Marvel da portare a considerare vecchia la seppur riuscitissima trilogia del Cavaliere Oscuro.
Ora è sicuramente presto per affermarlo ma siamo convinti che il retaggio di tale film sarà deleterio per ogni nuova pellicola tratta dai fumetti, poiché fungerà da metro di paragone per spettatori e critica, e siamo sicuri che la maggior parte delle volte il confronto sarà impietoso.
Joker è quindi di base un film d’autore che mutua dal genere dei cinecomics solamente il soggetto, niente di più.
Se da una parte Todd Phillips cerca di ricreare quelle atmosfere e quel contesto anni ’80 che ha fatto dell’impegno sociale il suo cavallo di battaglia, dall’altra parte sceglie, in maniera modernissima, di portare al livello più alto possibile la spettacolarità della pellicola.
Joker
Il Joker di Phoenix è un personaggio estremamente complesso: il climax che lo porta alla pazzia è sorprendentemente credibile e graduale, ogni reazione sembra non legittima ma quantomeno in parte comprensibile, nonostante l’estrema violenza del personaggio, ciò significa che l’operazione empatica è andata a buon fine.
Joaquin Phoenix mostra di aver fatto un lavoro incredibile su tale personaggio: l’estrema magrezza che scava il suo viso denuncia tutti i segni della sofferenza del personaggio, la postura è studiata ad arte e la risata è capace di trasmettere tanto dolore da risultare a tratti straziante.
Quest’ultima operazione, la risata ricolma di angoscia e sofferenza, garantisce al personaggio un’intensità raramente vista prima, utilizzando il principale mezzo espressivo della felicità per veicolare il sentimento diametralmente opposto.
L’utilizzo frequente di tale risata è il viatico di un personaggio che parla forse meno dei precedenti, ma lascia ugualmente il segno attraverso un’espressività fisica notevolissima: “Danzi mai con il diavolo nel pallido plenilunio?” chiedeva Nicholson/Joker a Batman/Keaton, questo Joker non lo chiede a nessuno, non ha bisogno di parole né di un interlocutore, semplicemente balla.
Influenze
La storia è fatta di corsi e ricorsi storici, questa era la frase attraverso la quale Gianbattista Vico giustificava la propria convinzione nella circolarità della storia. Ebbene il cinema, avendo ormai una storia quasi centenaria, non si discosta da tale affermazione, mostrando al suo interno molti tributi alle pellicole del passato.
Evidente è la ripresa del celebre Re per una notte, film di Scorsese datato 1983, nel quale Robert De Niro è un aspirante comico mentalmente instabile che sogna di esibirsi nel suo Late Show preferito. Trentasei anni dopo De Niro diventa il protagonista del Late Show nel quale Arthur Fleck sogna di esibirsi.
Sempre di Scorsese è anche un altro film che si erge a modello: Taxi Driver. Travis Bickle è un uomo emotivamente poco stabile ma onesto. La società lo porta però a diventare un mostro. C’è molto di Travis Bickle in Joker. “Stai parlando con me?” diventa “Stai ridendo di me?” e il trucco sostituisce l’improbabile cresta del tassista impersonato da De Niro.
Conclusione
In un panorama cinematografico sempre più orientato ai facili guadagni, raggiunti cavalcando mode e tendenze del momento, Joker rappresenta un’isola felice e dimostra che non è impossibile sbancare il box office (scommettiamo che succederà?) mantenendo però una qualità della pellicola altissima.
Joker è un prodotto talmente nuovo da portare il cinecomic nel futuro, con uno sbalzo temporale di almeno dieci anni e facendolo sconfinare nel prima inaccessibile, elitario e selettivo mondo dell’autorialità.
Per concludere torniamo un passo indietro, ricordate il discorso delle prime volte di cui parlavamo prima? Ecco, a tal proposito, un Cinecomics non ha mai vinto un importante festival Cinematografico, per ora!
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