Da Moonlight a Spotlight, dalla A24 ad Amazon: le recenti vittorie agli Oscar di film acclamati dalla critica stanno cambiando Hollywood.
7 marzo 2010. L’evento cinematografico più seguito al mondo, la serata degli Academy Awards, prende il via con due grandi contendenti per i premi principali. Da una parte Kathryn Bigelow e il dramma di guerra The hurt locker, dall’altra il suo ex marito James Cameron con Avatar. Cameron non è semplicemente un regista affermato a Hollywood: il suo Titanic detiene il record sia di vittorie sia di nominations agli Oscar (edizione 1998) e fino a poco prima deteneva anche quello al box office mondiale, superato proprio da Avatar. Stavolta però a spuntarla per le prestigiose statuette di miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura è proprio The hurt locker. Cosa c’è di speciale in questo? Potremmo dire: è la prima e unica donna ad aggiudicarsi l’Oscar al miglior regista, ma la verità è molto più grande.
La verità è che questa vittoria rappresenta il calcio d’inizio del più grande cambiamento di Hollywood degli ultimi 50 anni. The hurt locker, distribuito dalla indipendente Summit Entertainment, è decisamente una produzione modesta. I suoi 15 milioni di budget sono irrisori rispetto agli oltre 230 di Avatar, e il business dietro alle due distribuzioni è incomparabile. Il dramma della Bigelow non ha soltanto guadagnato sessanta volte meno del film rivale: è l’Oscar al miglior film che ha incassato di meno in assoluto. The hurt locker è Davide che vince contro Golia, e lo fa direttamente nella tana del lupo: Hollywood, il regno delle grandi major di produzione. C’è infatti molto di più in questa vittoria: una convergenza speciale e rara tra il premio cinematografico più celebre e la critica specializzata. Recentemente queste due realtà si sono radicalmente avvicinate, portando alle vittorie di film indipendenti come Spotlight e Moonlight.

Moonlight ha messo d’accordo tutti. E’ fra i vincitori del miglior film più vicini alla critica cinematografica in assoluto, anche perché quest’ultima raramente è stata d’accordo con l’Academy. Una prova è il prestigioso premio al miglior film della National Society of Film Critics, la più importante associazione americana di critici cinematografici. Negli ultimi quarant’anni infatti soltanto sette volte si è verificata una convergenza tra tale riconoscimento e l’Oscar, di cui tre soltanto negli ultimi sette anni: The hurt locker, Spotlight e appunto Moonlight.
L’universale apprezzamento per Moonlight da parte della critica è verificabile anche nei due reviews aggregators più importanti del mondo: Metacritic e Rotten Tomatoes. Il loro compito è quello di selezionare con rigore le recensioni già esistenti dei principali critici cinematografici e, a partire da esse, stabilire un punteggio numerico che indichi la qualità complessiva del film. Moonlight detiene il record annuale su entrambe le piattaforme, e addirittura su Metacritic è valutato come il settimo film migliore della storia. The hurt locker, in parallelo nel suo anno, ha il punteggio più alto su Metacritic e il secondo (preceduto da Up!) su Rotten. Oltre a ciò, entrambi i film hanno anche vinto decine e decine di riconoscimenti da parte dei circuiti locali della critica.

Non basta? Aggiungiamo che sia Moonlight sia The hurt locker sono i film presenti nel maggior numero di top 10 annuali di critici cinematografici. Un’ennesima conferma arriva infine dalla più importante rivista cinematografica del mondo in assoluto: l’inglese Sight & Sound, redatta dal British Film Institute. Fra le prime 10 posizioni della loro classifica annuale del 2017, gli unici lungometraggi che sono stati anche candidati all’Oscar al miglior film sono Moonlight e Manchester by the sea, guardacaso entrambi indipendenti.
A livello formale nessuno avrebbe dovuto sorprendersi della vittoria di Moonlight all’Oscar al miglior film. Il film aveva ricevuto 8 nominations, il numero più alto dell’edizione 2017 dopo La la land. Tra esse vi erano regia, attore non protagonista (vinto, Maharshala Alì), attrice non protagonista, sceneggiatura adattata (vinto), fotografia e montaggio, candidatura onnipresente negli ultimi 37 vincitori del miglior film (unica eccezione Birdman, che praticamente non ha montaggio). Moonlight aveva anche vinto il Golden Globe al miglior film drammatico, il più importante premio predittivo in assoluto. La vera sorpresa è stata invece il vedere un’istituzione così “commerciale” e auto celebrativa come l’Academy premiare col massimo riconoscimento un film:
- indipendente e slegato dal grande business delle major di produzione;
- profondamente acclamato dalla critica;
- affrontante temi socialmente delicati.
Sotto quest’ultimo punto l’Academy è sempre stata indietro rispetto ai Festival cinematografici europei. Basti pensare alle difficoltà che hanno sempre incontrato gli attori afroamericani a vincere l’Oscar, come esemplificato da Sidney Poitier. Il grande interprete ha ricevuto tale riconoscimento soltanto nel 1964, dopo lo sdoganamento della questione sui diritti civili, mentre al Festival di Berlino aveva già vinto ben due volte (’58 e ’63). Oppure al grande tabù della violenza – mai del tutto superato ad Hollywood – che ha portato l’Academy a snobbare ad esempio Taxi Driver, oltreoceano vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes. Un terza dimostrazione è fornita dalle pellicole LGBT, come I segreti di Brokeback Mountain, già vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia: la scelta dell’Academy di premiare allora Crash – contatto fisico è ricordata come la peggiore degli ultimi anni, e probabile sintomo di omofobia.

Negli ultimi anni gli Oscar hanno dimostrato di aver superato le diffidenze nei confronti del cinema indipendente e di aver abbattuto alcuni tristi tabù. Moonlight è stato il primo vincitore del premio al miglior film ad avere un cast completamente afroamericano e un protagonista omosessuale. Ma il motivo principale per cui la sua vittoria è stata importante è il grande avvicinamento dell’Academy al mondo della critica, che ha un esito straordinario: la rivoluzione indipendente.
Il cinema americano sta fronteggiando il più grande cambiamento degli ultimi cinquant’anni: una vera e propria rivoluzione del low-budget, la più significativa dai tempi della New Hollywood. I protagonisti indipendenti della scena cinematografica contemporanea costituiscono un nuovo universo e hanno nomi ben precisi: le emergenti A24, Netflix e Amazon; le già affermate Focus Feature e Plan B; e infine, fra i distributori affiliati alle major, Sony Pictures Classics e Fox Searchlight. Considerando anche la recente acquisizione della 21st Century Fox da parte della Disney, è lecito immaginare che gli equilibri a Hollywood stiano cambiando radicalmente. E se le case indipendenti stessero diventano esse stesse delle major?

Già da tempo la critica specializzata aveva posto l’attenzione sulle case indipendenti: la A24 finora non ha sbagliato un colpo, producendo e distribuendo film acclamati come Enemy, Ex Machina, Room, The lobster, The disaster artist, Lady Bird, Locke, A ghost story, The witch, Good time. Adesso è arrivato il turno degli Oscar di focalizzarsi su questi gioielli: nel 2017, oltre alla vittoria di Moonlight (sempre della A24), sia Netflix sia Amazon hanno ricevuto i loro primi riconoscimenti importanti, rispettivamente per The white helmets e Manchester by the sea.

I film indipendenti si sono fatti valere in ogni categoria negli ultimi Oscar. Brie Larson ha vinto il premio alla migliore attrice per Room e Manchester by the sea ha vinto sia migliore attore (Casey Affleck) sia sceneggiatura originale. Persino gli effetti speciali sono andati a Ex Machina, strappati a Mad Max che è stato mattatore di tutti gli altri riconoscimenti tecnici.

La verità è che non esiste premio più influente degli Oscar, e le recenti vittorie di film indipendenti indicano che il cambiamento ad Hollywood non solo è già iniziato, ma è radicale. The hurt locker, 12 anni schiavo, Birdman, Spotlight e Moonlight hanno trionfato nell’evento cinematografico che più di ogni altro può cambiare il cinema. Non resta che aspettare gli Oscar 2018, che si preannunciano come l’edizione con il maggior numero di film indipendenti degli ultimi anni.
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