Ci sono registi in grado di far sognare i propri spettatori con la sola forza delle immagini, immagini in grado di trasmettere autentici sentimenti negli occhi di chi le osserva, immagini in grado di entrare nel cuore dello spettatore e di rimanervici dentro per sempre.
Ci sono registi che sono stati capaci di creare personaggi entrati delicatamente nell’immaginario collettivo, di dare forma a personaggi in grado di avere una statura, un corpo, un’anima, anche al di fuori della semplice durata di un film.
Un regista che è riuscito a conciliare alla perfezione tutto ciò è Wim Wenders, regista di cui Prime Video ha reso recentemente disponibili numerosi film.
Fra i più importanti esponenti del Nuovo Cinema Tedesco, Wim Wenders è un regista che si è sempre distinto da colleghi e connazionali come Werner Herzog, Rainer Werner Fassbinder o Volker Schlöndorff per il suo essere capace di donare a trame tipicamente americane un’estetica, una profondità e una malinconia tutta europea.
Wim Wenders è un patrimonio del cinema mondiale e, nonostante nei film di finzione abbia ormai da tempo esaurito la vena artistica e creativa che ha contraddistinto il suo cinema per circa trent’anni, è un regista che chiunque si dica appassionato della Settima Arte deve assolutamente approfondire.
In quest’articolo andremo a prendere in analisi tre dei capolavori del regista tedesco presenti nel catalogo di Prime Video con la consapevolezza che i film presenti sul servizio streaming di Wim Wenders sono ben più di tre, che il loro numero è probabilmente destinato ancora ad aumentare e con la piena comprensione di stare parlando di film che hanno avuto un’importanza e un successo tali da render vano ogni sforzo di quantificarli, delimitarli o definirli meglio di quanto non sia già stato fatto nel corso degli anni.
L’amico americano (1977)
Si è già scritto in precedenza come Wim Wenders sia stato in grado di presentare in trame e intrecci tipicamente americani con uno stile prettamente “europeo”: L’amico americano esemplifica già nel titolo questa particolare propensione.
Basandosi su un romanzo di Patricia Highsmith che ha come protagonista il celebre personaggio del criminale Tom Ripley, Wim Wenders decide di ambientare la vicenda ad Amburgo, in Germania, e di avere come personaggio principale un corniciaio tedesco che stringe un legame di amicizia con l’americano Tom Ripley.
Interpretato da due grandi del cinema come Bruno Ganz e Dennis Hopper, L’amico americano si configura come un thriller “psicologico” (nel senso più letterale della parola) nel quale Wim Wenders sceglie di scavare in profondità nell’anima dei propri personaggi, di indagare attivamente il movente emotivo che li guida nelle azioni e nelle relazioni umane.
Il lavoro che Wenders attua nel tratteggiare come uno scultore i personaggi di Hans Zimmerman (Bruno Ganz) e di Tom Ripley (Dennis Hopper) è emblema di un regista che procede per sottrazione, di un regista che, prima che all’atto, dà importanza alla stasi, alla riflessione, all’interiorità.
Particolare è anche come Wim Wenders scelga come interpreti principali due attori completamente diversi nell’approccio al personaggio. Se infatti Bruno Ganz era un attore di formazione brechtiana, che caratterizzava le sue interpretazioni per un distacco artificioso dal personaggio, Dennis Hopper era fra gli attori più noti della Nuova Hollywood che aveva assorbito appieno gli insegnamenti dell’Actor’s Studio e che portava in ogni film una totale immedesimazione nel personaggio.
Questa forte dicotomia impera in L’amico americano e grazie ad essa Wim Wenders propone allo spettatore una visione opposta, ma perfettamente simmetrica del cinema europeo e del cinema statunitense.
L’amico americano è uno dei più importanti film degli anni ’70 ed è ad oggi ritenuto uno dei capolavori di Wim Wenders, un film in grado di presentare in tutto il loro fascino i punti cardine del cinema del maestro tedesco.
Paris, Texas (1984)
Paris, Texas è probabilmente il film più noto di Wim Wenders. Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1984, in Paris, Texas la poetica del regista si manifesta in tutta la sua trasparente malinconia.
Lavorando su un soggetto di Sam Shepard, che fu anche sceneggiatore del film, Wim Wenders porta al massimo splendore il genere del road-movie da lui tanto praticato e tanto trattato sin dai suo primi lavori come Alice nelle città o Nel corso del tempo.
Paris, Texas è un esempio di grande cinema, di cinema in grado di suscitare nello spettatore vive emozioni che si rincorrono nel corso di tutto il film, di cinema che si insinua lentamente sotto la pelle dello spettatore pronto a esplodere improvvisamente e a scatenare in lui un turbinio di sensazioni pronte a prendere prendono, inevitabilmente, il sopravvento.
Wim Wenders prosegue per il tragitto ben tracciato con film come Lo stato delle cose (anch’esso presente nel catalogo di Prime Video) e tratteggia un dramma familiare specchio di un’America, e forse anche di un’Europa, che, divorata da ferree e stringenti logiche, non è più in grado di credere ai sogni e di avere delle radici.
Paris, Texas è un film in cui lo spettatore non può fare a meno di avvertire un crescente senso di malinconia che lento procede in un climax ascendente che culmina negli ultimi trenta minuti in una delle scene più intense, più cariche di emozione della storia del cinema.
Non si straparla se si afferma che il film di Wim Wenders è forse il miglior film che gli anni ’80 ci hanno lasciato in eredità e non si dice falso se si elogiano le prove a dir poco uniche di Harry Dean Stanton e Nastassja Kinski, probabilmente le migliori delle carriera di entrambi.
Dopo Paris, Texas, pochissimi altri sono stati i road-movie capaci di trasmettere quell’umano senso di fragilità che caratterizza l’animo umano, di descrivere l’essere umano in tutta la sua intrinseca debolezza, debolezza che si fonde con una volontà di agire e di uscire dal proprio status alla ricerca di un’origine che lo rassicuri e che lo protegga.
Il cielo sopra Berlino (1987)
Il cielo sopra Berlino è un film dal fascino indiscutibile, è l’esempio perfetto di come la poesia possa essere trasportata sullo schermo senza che essa perda la propria incorporea ed eterea natura.
Nel 1987, due anni prima della caduta del Muro, Wim Wenders dedica questa malinconica elegia alla città che più di tutte le altre ha sofferto la Guerra Fredda, la Berlino del popolo tedesco diviso dall’uomo.
Le figure angeliche che osservano un mondo mutato, un mondo che non possono cambiare, condannate a un’eternità, sono la rappresentazione della storia umana, di una memoria storica destinata a naufragare nel presente.
In una Berlino quasi sospesa in un’atemporalità che impone il reiterarsi di azioni automatiche dove l’unica memoria storica umana è un anziano poeta il cui nome è Homer, come l’Omero fondatore della cultura occidentale, Wim Wenders mette in scena una storia d’amore, di puro amore che diventa consapevolezza di vita.
Ogni inquadratura diventa poesia, da quelle per le scene sui tetti della città fino a quelle per gli episodi nei bassifondi, nelle zone degradate a ridosso del muro.
Versi vagano liberi e si sovrappongono alle immagini, ai volti malinconici degli angeli Damiel e Cassiel, della ballerina Marion e del poeta Homer creando un’atmosfera sospesa fra fantasia e realtà, fra tempo e leggenda.
Il cielo sopra Berlino è un monumento con il quale Wim Wenders dimostra come tutte le potenzialità del mezzo cinematografico possano essere sfruttate per comporre un’opera sensibile, delicata, capace di insinuarsi e di fondersi con l’animo dello spettatore.
Non c’è niente fuori luogo in Il cielo sopra Berlino, tutto concorre per creare una poesia che scorre e si materializza in ogni personaggio, dall’angelo Damiel interpretato dal grande Bruno Ganz fino a Peter Falk, dalle scene che ritraggono Nick Cave suonare in un night fino alla dedica finale ai maestri di Wim Wenders, Yasujiro Ozu, François Truffaut e Andrej Tarkovskij.
Wim Wenders è un regista di cui ognuno dovrebbe vedere almeno un film e il fatto che i tre film presentati nell’articolo siano adesso, insieme a molti altri del regista, su Prime Video può essere solo da incentivo.
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