Ultimamente leggiamo spesso di attori e (soprattutto) attrici che decidono di abbandonare i social network a causa del cyberbullismo. È il caso ad esempio di Kelly Marie Tran, ricoperta di insulti a causa del suo ruolo nell’Episodio VIII di Star Wars, o addirittura della giovanissima Millie Bobby Brown di Stranger Things, le cui foto sono state sfruttate per campagne omofobe, nonostante lei sia un’attiva sostenitrice dei diritti LGBT. Un caso diverso è invece quello di James Woods, star degli anni ’80 che ha lasciato Twitter perché, sostiene, gli account di destra vengono lì censurati.
Non bisogna però pensare che questa forma di bullismo nei confronti delle celebrità sia una cosa nuova. Proprio su Twitter, infatti, ha scritto in proposito Ahmed Best. Forse il suo nome non vi dice molto, ma ve lo assicuriamo: lo conoscete. E probabilmente lo avete odiato. Best ha preso parte alla trilogia prequel di Star Wars, nel ruolo di Jar Jar Binks, il goffo alieno tra i coprotagonisti di Episodio I.
Il suo personaggio venne talmente tanto criticato che George Lucas decise di ridurre drasticamente il suo ruolo, che quasi scomparve (sebbene qualche bizzarra teoria sostiene che in origine proprio Jar Jar Binks sarebbe dovuto essere addirittura il grande cattivo della saga). Ma la cattiveria dei fan fu tale da spingere Ahmed Best quasi al suicidio.
https://twitter.com/ahmedbest/status/1014222723764162561
Questo il suo racconto: «Il prossimo anno ne saranno passati venti da quando sono stato travolto da attacchi che ancora oggi influiscono sulla mia carriera. In quel momento avevo quasi deciso di porre fine alla mia vita. Sono sopravvissuto e ora questo piccoletto è il regalo che ho ricevuto per essere sopravvissuto. Potrebbe essere una storia valida per un mio spettacolo? Fatemi sapere».
Non si può dire che Jar Jar Binks fosse un bel personaggio, anzi. Ma oggi come allora i fan spesso confondono la realtà con la finzione, attaccando chi sta solo facendo il proprio lavoro. E non si rendono conto degli effetti che le loro parole possono avere. Se, come abbiamo visto, non è un problema nuovo, non c’è dubbio che i social network abbiano amplificato questo problema.
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