Zodiac, sesto lungometraggio di David Fincher, rappresenta un importante punto di svolta nella filmografia del regista. Fin dagli esordi nella pubblicità, Fincher ha sempre accostato ad una regia raffinata e minimale delle immagini crude e dal forte impatto visivo. Seven e Fight Club, tra i film più amati dal grande pubblico, sono stati i portabandiera di questo stile. Con Zodiac, Fincher cambia marcia, diventando chirurgico e preciso anche nella narrazione, con un film pulito e sottile. Zodiak ci regala un nuovo Fincher, capace di creare suspense e tensione solo con l’uso della macchina da presa.
Il film racconta abbastanza fedelmente le vicende del serial killer Zodiac, figura che ha terrorizzato gli Stati Uniti nel corso degli anni sessanta e settanta. Per la prima volta Fincher traspone sul grande schermo un racconto ispirato alla realtà. Il regista ci accompagna infatti in un lungo tour tra indagini ed enigmi alla ricerca di una delle figure più misteriose della storia criminale moderna. Zodiac riesce nel difficile compito di essere un gran thriller, raccontando semplicemente la realtà dei fatti.
La trama di Zodiac
Zodiac racconta la vera storia del cosiddetto “killer dello zodiaco”, che ha sconvolto la California del nord con una serie di crudeli omicidi. Il film inizia il 4 luglio 1969, quando il serial killer inizia ad uccidere una serie di innocenti coppie utilizzando sempre le stesse modalità. Il caso diventa di grande interesse quando l’assassino invia una serie di strane lettere in codice ai giornali locali, chiedendo che vengano pubblicate. I primi giornalisti coinvolti sono quelli del San Francisco Chronicle, Paul Avery e il fumettista Robert Graysmith, i quali iniziano a condurre una serie di ricerche.
Il film è basato sui romanzi scritti da Robert Graysmith, vignettista che alla fine degli anni ’60 lavorava presso il San Francisco Chronicle. La passione di Graysmith per l’enigmistica e una malsana attrazione per la misteriosa figura del serial killer lo spingono ad andare sempre più a fondo della questione. Ha così inizio una vera e propria caccia all’uomo: giornalisti e poliziotti lavorano senza sosta per fermare l’inarrestabile follia omicida dell’assassino. Ad un primo periodo dove minacce, enigmi e lettere sono all’ordine del giorno seguiranno anni di silenzio.
Zodiac, David Fincher gioca con il genere

Il film di David Fincher non si lascia dimenticare facilmente. Il film non è un thriller convenzionale, ma un’opera complessa e sfaccettata, che richiede una profonda attenzione e riflessione da parte dello spettatore. Il regista ci porta dentro la storia giocando con lo spazio e il tempo per creare tensione e coinvolgimento. I personaggi sono ben caratterizzati e interpretati da un cast di altissimo livello, in cui contiamo attori del calibro di Jake Gyllenhaal, Robert Downey Jr. e Mark Ruffalo.
Seguiamo le loro vicende, le loro ossessioni, le loro trasformazioni. Il film si divide in due parti: la prima è una cronaca di polizia e di giornalismo, la seconda è una ricerca personale e spasmodica della verità. La trama non segue uno schema lineare, ma si basa sulle informazioni che i personaggi si scambiano e che spesso li portano su piste sbagliate. Un plauso va alla fotografia di Harris Savides, che crea atmosfere suggestive, anche nelle scene più statiche.
David Fincher sta nel frattempo per tornare al cinema con il suo nuovo lungometraggio intitolato The Killer, con Michael Fassbender come protagonista. Noi l’abbiamo visto in anteprima a Venezia e nella nostra recensione abbiamo parlato di un film… glaciale!
Quando la regia racconta più delle parole

In questo film, Fincher usa soprattutto la regia per veicolare le emozioni dei personaggi. Un esempio emblematico è la scena del seminterrato, in cui il protagonista Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), si reca a casa di Bob Vaughn (Charles Fleischer), un ex collega di uno dei sospettati. Graysmith vuole vedere il poster che il sospettato aveva disegnato per un film, sperando di trovare una prova che lo colleghi al killer. Tuttavia, scopre con orrore che il poster è stato disegnato da Vaughn stesso, che potrebbe essere quindi il vero assassino.
Fincher rende questo take estremamente ansiogeno, usando solo la regia come mezzo per generare incertezza e panico. La scena è ambientata in un seminterrato buio e polveroso, che evoca una sensazione di claustrofobia e isolamento. La telecamera a mano segue i movimenti nervosi di Graysmith, che cerca di scappare dalla trappola in cui si è cacciato. L’illuminazione ad alto contrasto enfatizza la sua paura crescente, mentre il volto di Vaughn rimane spesso in ombra o illuminato dal basso, rendendolo minaccioso e inquietante.
Il movimento lento della telecamera prolunga il tempo, aumentando la tensione e l’attesa. Con il passare del tempo, le inquadrature e gli angoli diventano sempre più stretti, creando una sensazione di oppressione e pericolo. Fincher riesce così a trasmettere al pubblico le stesse emozioni provate dal personaggio di Gyllenhaal, coinvolgendo lo spettatore nel suo terrore. La scena del seminterrato è una delle più memorabili e intense del film, e dimostra il grande talento di Fincher nella messa in scena.
Zodiac è un film che dimostra tutta la qualità del cinema di Fincher. È un film che affronta temi profondi, e pone le basi per quello che è uno stile che il regista riproporrà in futuro nella serie tv Mindhunter, sulla quale sembra persa ogni speranza di vedere una Stagione 3. È un film che si inserisce nella filmografia di Fincher come uno dei suoi capolavori.