Alcune storie scuotono l’opinione pubblica più di altre, provocando un’ondata di indignazione e anche, ovviamente, di curiosità. È proprio quello che è successo con il caso Purdue Pharma, la casa farmaceutica famosa per la vendita dell’Oxycontin, un farmaco che crea una forte dipendenza e che ha causato diverse morti per overdose (ci arriveremo). La vicenda è stata vista come un’occasione ghiotta per i produttori, che si sono sbizzarriti con diverse serie e film basati sul caso. La prima in ordine cronologico è stata la miniserie del 2021 Dopesick, poi, a cascata, Painkiller, Pain Hustlers e La caduta della casa degli Usher, tutti usciti nel 2023.
Perché il caso Purdue Pharma ha destato interesse a tal punto da far uscire così tanti prodotti? E Perché sono usciti proprio in questo periodo? Troverete le risposte a queste domande nell’articolo, insieme alla vera storia della Purdue Pharma e il suo ruolo nella diffusione dell’Oxycontin.
La storia della Purdue Pharma e dell’Oxycontin

Il caso Purdue Pharma si inserisce nel contesto più ampio della cosiddetta “crisi degli oppioidi”, un’emergenza sanitaria iniziata negli anni ’90 negli Stati Uniti e che persiste tuttora. La diffusione su larga scala di prodotti oppioidi, soprattutto medicinali da banco venduti sotto prescrizione medica, ha causato la morte per overdose di milioni di persone. Tra questi medicinali, uno dei più venduti e commercializzati è l’Oxycontin, un farmaco molto potente utilizzato per il trattamento del dolore.
L’Oxycontin è prodotto dalla Purdue Pharma che, a partire dal 1995, ha incentivato, tramite un’accurata quanto spietata strategia di marketing, le vendite e le prescrizioni del proprio farmaco, garantendo efficacia contro il dolore e un basso tasso di dipendenza. Il farmaco ebbe un enorme successo commerciale ma, come tutti gli oppioidi, sviluppava anche una forte dipendenza, che ha in gran parte contribuito a dare il via a una delle emergenze sanitarie più preoccupanti e ingestibili della storia degli Stati Uniti, causando il decesso per overdose di oltre 500 000 mila persone.
Come se non bastasse, nel 2018 Purdue Pharma, dopo essersi resa conto dei problemi che l’Oxycontin stava creando, ha deciso di brevettare un farmaco contro la dipendenza, cercando di lucrare su un problema che lei stessa aveva creato. Negli ultimi anni, la casa farmaceutica ha dovuto affrontare più di 1500 cause legali, molte delle quali sono ancora in corso. I documentari e le serie usciti negli ultimi anni hanno contribuito a fare chiarezza e informare su un caso controverso e molto grave che fino ad allora aveva ricevuto poca risonanza mediatica.
Le serie e i film sull’Oxycontin

La miniserie Dopesick – Dichiarazione di dipendenza, che vede Michael Keaton nei panni del Dr. Samuel Finnix, è uscita nel 2021 e ha aperto il filone di prodotti ispirati al caso. Tratta dal libro Dopesick: Dealers, Doctors and the Drug Company that Addicted America, è composta da otto episodi, durante i quali vengono narrati i fatti che hanno innescato la crisi degli oppioidi negli anni ’90. Nella miniserie viene rappresentato anche il processo e la causa legale contro la Purdue Pharma e il modo in cui è stato incentivato l’uso dell’Oxycontin.
Sempre della commercializzazione dell’Oxycontin e delle cause alla Purdue Pharma si occupa Painkiller, serie del 2023 disponibile su Netflix. Rispetto a Dopesick tratta gli eventi in modo più romanzato, seguendo le vicende di Edie Flowers, avvocatessa che si occupa del processo contro la casa farmaceutica e contro chi la possiede, la famiglia Sackler. Anche se la serie è romanzata e narrata con un registro meno informativo, gli eventi su cui si basa sono quelli reali.
Sempre del 2023 (anch’essa distribuita su Netflix) è Pain Hustlers – Il business del dolore, film con protagonisti Emily Blunt e Chris Evans e diretto da David Yates (conosciuto per aver diretto anche alcuni film della saga di Harry Potter). Il lavoro di Yates rappresenta ancora una volta la storia della Purdue Pharma e della crisi degli oppiacei, anche in questo caso romanzandola e utilizzando personaggi di fantasia per rappresentarla.
La differenza sostanziale rispetto a Painkiller è che la storia viene raccontata utilizzando il black humor per essere meglio recepita dal pubblico, come dichiarato dal regista stesso: “Prima di tutto volevamo introdurre il pubblico al problema della crisi degli oppioidi. Ma volevamo che fosse anche un prodotto folle, anarchico e divertente…Volevamo che avesse un vero peso emotivo”.
Ancora Netflix e ancora 2023, La caduta della casa degli Usher è una miniserie horror diretta da Mike Flanagan (sapevate che sta lavorando a una serie tratta dai romanzi di Stephen King?). È sicuramente il prodotto più particolare e lontano dallo stile documentaristico e informativo di quelli citati sopra. È infatti basato sull’omonima opera di Edgar Allan Poe, e racconta la storia della famiglia Usher, proprietaria di una multinazionale farmaceutica che si è arricchita vendendo il Licodone, un oppioide che crea assuefazione e che ha causato migliaia di morti.
La storia vi sembra familiare? Basta leggere Oxycontin al posto di Licodone e Sackler al posto di Usher e si capisce che il racconto di Poe è stato utilizzato da Flanagan per muovere critiche – neanche troppo velate – alla Purdue Pharma e a tutto quello che ha causato.
I motivi di questo successo

Una domanda sorge spontanea, vedendo tutti questi film e serie sull’argomento: perché sono stati fatti così tanti prodotti sul caso Purdue Pharma? E soprattutto, perché sono usciti tutti negli ultimi anni, quando queste vicende vanno avanti da decenni?
La risposta alla prima domanda è abbastanza intuitiva: al pubblico piacciono i prodotti che parlano di storie vere, e più queste sono controverse e scioccanti, più vengono apprezzate (lo stesso motivo per cui è esploso il genere true crime). Nello specifico, il caso dell’Oxycontin ha avuto una copertura mediatica limitata nonostante la portata e la gravità degli eventi. Tramite questi prodotti però il pubblico riesce finalmente a informarsi sulla vicenda, continuando comunque a intrattenersi grazie alla loro natura narrativa.
Il motivo per cui sono usciti negli ultimi anni è invece imputabile al Covid. Non alla pandemia in sé, quanto alla conoscenza delle case farmaceutiche che ne è derivata: se prima del 2020 un’enorme multinazionale come Pfizer era conosciuta solo dagli addetti ai lavori e dagli anziani che acquistavano il Viagra, ora è difficile trovare qualcuno che non sappia cos’è.
Ovviamente non stiamo dicendo che questi film e serie TV abbiano cavalcato l’onda dei complotti e dell’odio per le cause farmaceutiche. Si tratta solo di una strategia di marketing secondo la quale, in un periodo in cui c’è molta più consapevolezza e attenzione a questo tipo di multinazionali, viene sicuramente recepito meglio anche un prodotto che parli proprio di questa realtà.
Insomma, sul controverso caso dell’Oxycontin sono stati fatti diversi prodotti di qualità, in grado di fornire contenuti informativi e allo stesso tempo intrattenenti che, proprio per questo motivo, hanno ricevuto un’ottima accoglienza da parte del pubblico e della critica.