Tremila anni di attesa, recensione: per George Miller valgono tutti!

Presentato a Cannes 75 e arrivato in Italia direttamente in home video, Tremila anni di attesa è l’ultima follia creativa del regista australiano George Miller che abbandona l’action per raccontare una storia di tempi passati con protagonisti Tilda Swinton e Idris Elba.
Idris Elba e Tilda Swinton nella locandina del film Tremila anni di attesa

Premessa doverosa. Ogni qual volta film curati visivamente non arrivano sul grande schermo è sempre un dispiacere. Quando poi in cabina di regia ci sono autori come George Miller il dispiacere è ancora più grande. Tremila anni di attesa è l’ultima sospirata fatica del regista australiano presentata in anteprima sul palcoscenico del Festival di Cannes 2022.

Un film rimasto avvolto nel mistero fino alla sua presentazione e che, come ogni progetto di Miller, stupisce lo spettatore. Perché dopo il successo di critica e pubblico di Mad Max: Fury Road l’aspettativa era ovviamente alta, nel mentre che si attende il prequel Furiosa, la cui sinossi è stata rivelata. Ma se nel 2015 Miller ha pressoché messo da parte la storia per dare sfogo all’azione, con il suo nuovo film ha compiuto un’operazione opposta.

Tremila anni di attesa, la trama

Alithea Binnie, una narratologa studiosa ed esperta di miti e leggende, è ospite ad una conferenza ad Istanbul, quando entra in contatto con un misterioso oggetto. Trova infatti quella che sembra una semplice ampolla ma che al suo interno tiene prigioniero un Djinn (Idris Elba). La creatura millenaria le offre tre desideri a patto che provengano dal profondo del suo cuore. Forte della sua conoscenza, Alithea non si fida della proposta del Genio che allora prova a persuaderla raccontando il suo passato.

Dall’età contemporanea in pieno lockdown, spostandosi da una stanza d’albergo in Turchia (a suo tempo appartenuta ad Agatha Christie) ad una casa londinese, passiamo ad un’ambientazione da Le mille e una notte nelle terre del Mar Rosso. Miller attinge dalla raccolta Il genio nell’occhio d’usignolo, scritta da Antonia Susan Byatt, un racconto fuori dal tempo che ammalia lo spettatore con la sua potenza visiva.

Raccontare di amore

Tilda Swinton e Idris Elba in una scena del film Tremila anni di attesa

I racconti del Djinn e quindi il raccontare sono il mezzo nostalgico con cui i diversi personaggi si confrontano con la ricerca dell’amore, ostacolati dal sovrastare dell’odio e dalla realizzazione di desideri che conducono alla rovina. Un modo di tramandare purtroppo sempre più distante, cancellato dai nuovi mezzi di comunicazione e dall’evoluzione di quelli che erano i grandi miti dell’antichità che ormai ritroviamo più facilmente sotto forme rinnovate come i supereroi.

Mitologia che dava un senso all’esistenza ma, per colpa della scienza che offre tutte le risposte, ha perso il suo fascino attrattivo. Infatti il personaggio di Alithea per quanto studiosa ha un approccio distaccato alla materia ed è volta a trovare le verità comuni dell’umanità, fintanto che anche la sua storia non si trasforma in una fiaba. Un bisogno di riappropriarsi di certi racconti, di narrare i sentimenti umani, che già Garrone con immagini potenti nel suo Il Racconto dei Racconti (nel 2015 come Fury Road) evidenzia traducendo Basile con immagini suggestive.

Storie d’altri tempi

Idris Elba in una scena del film Tremila anni di attesa

Allo stesso modo Miller sfrutta il viaggiare tra le epoca per dare sfoggio di un’estetica evocativa, dove spiccano costumi e scenografie ricercate. La delicatezza della regia e della messa in scena accompagnano la narrazione in un andamento lento, a tratti compassato. Forse questa estrema cura dei racconti e la magnificenza di alcune scene priva del giusto fascino e forza i momenti tra il Genio ed Alithea.  È proprio su questo che Tremila anni di attesa sembra calare sfidando l’insofferenza dello spettatore moderno verso un certo tipo di cinema dai tempi dilatati.

Non mancano quindi alcuni evidenti eccessi e forzature, ma anche trovate tipiche del genio del regista, che fanno però parte del mondo tipico delle fiabe. In questo contesto fantastico è assai affascinante il Djinn di Idris Elba, agghindato da una CGI poco invadente, narratore ma anche protagonista sventurato delle sue storie, così come Alithea interpretata da Tilda Swinton. I due, solitari per scelta o per costrizione, si muovono in spazi stretti nei quali sono sempre più intimi.

Nell’attendere il ritorno alla follia action di Furiosa, che Miller ha presentato come una saga, Tremila anni di attesa è proprio il titolo di mezzo per riappropriarsi dell’arte di narrare prima della prossima tempesta di sabbia. Un film che parla di tempi passati, mitici, ma anche del presente e, come nel più classico dei racconti, dell’eterno bisogno d’amore.

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