Tredici e The End of the F***ing World difficilmente verranno ricordate come capolavori, nonostante la buonissima sceneggiatura che le caratterizza. Hanno avuto il merito, però, di portare freschezza e rinnovare lo stile narrativo e tematico dei teen drama. Hanno dato visibilità a un genere – di cui ricordiamo le origini con serie cult come Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek – che non era più in cima ai pensieri degli appassionati da tempo. Le due serie tv sono diventate degli argomenti virali sui social: fra chi le ha detestate e chi le ha amate, hanno certamente fatto parlare di loro e delle problematiche che affrontano.

I punti in comune e il confronto fra i due show
Le storie di Hannah Baker, Clay Jensen, James e Alyssa hanno un grande punto in comune: l’autolesionismo suicida dei personaggi. Nel primo caso, si tratta ovviamente di un suicidio nel senso più letterale del termine; la scelta finale di Hannah, però, viene costruita e metabolizzata dal personaggio in maniera decisamente graduale. Non è la sola, inoltre, ad avere questo approccio autodistruttivo all’interno della storia. Forse, per assurdo, è quella che lo ha meno di tutti, almeno finché le viene concesso. The End of the F***ing World affronta invece le tematiche della delinquenza giovanile, di chi non ha punti di riferimento a cui aggrapparsi a livello affettivo ed educativo; la sofferenza che ne deriva porta i personaggi a compiere una serie di errori che li conduce, gradualmente e inesorabilmente, alla distruzione della loro stessa vita. E la situazione sfugge di mano. Entrambi gli show, dunque, vivono dell’attesa di questo punto di non ritorno in cui sarà troppo per tardi sistemare la situazione; e vivono dell’attesa del gesto o del fatto finale che porterà al crollo definitivo. E qui sta il successo: è l’elemento che non permette allo spettatore di interrompere la visione. È quindi graduale il percorso, da vivere nei dettagli e nelle espressioni degli attori, che caratterizza la visione di queste serie tv. L’attesa della fine.
Il punto di non ritorno, in entrambi i casi, viene raggiunto in seguito a uno stupro o a un tentativo di stupro; un evento traumatico che non può che essere seguito dalla morte. Non esiste nulla di peggio nella vita di una violenza simile, se non la fine della vita stessa. Ma Alyssa ha James a proteggerla, e la morte è “del cattivo”; l’amore dei due ragazzi e l’empatia che ne deriva è l’elemento più forte nella storia. Hannah, invece, non ha nessuno a proteggerla; l’amore fra lei e Clay sembra proprio non bastare a sconfiggere il senso di solitudine.

Tredici e The End of the F***ing World sono dei drammi cupi che raccontano la storia di personaggi emarginati e soli. Se nel primo caso non c’è via d’uscita, nel secondo c’è per lo meno la possibilità di spezzare con brevi momenti di ottimismo e ironia, di dolcezza e humor grottesco. La sceneggiatura di The End of the F***ing World ha l’apprezzabile capacità di cambiare a proprio piacimento il ritmo e il tono umorale della storia, andando a creare un mix di indubbia originalità. Si basa sempre sugli stessi toni abbacchiati e oscuri Tredici, dramma a tinte dark, che ha però anch’essa la capacità di lavorare su una sceneggiatura ben scritta, saltando abilmente da un momento all’altro delle fasi della vita dei personaggi. I due prodotti sono entrambi ben studiati, quindi, nella fase di scrittura e sicuramente interpretati in maniera convincente. In entrambi i casi, è proprio il senso di solitudine adolescenziale, in un mondo troppo grande, che permette a quasi qualsiasi spettatore di identificarsi con facilità.
L’evoluzione dei teen drama
Facciamo un passo indietro. Il teen drama si identifica in un tipo di serie televisiva che racconta storie adolescenziali e adatte a un pubblico di adolescenti. Si tratta, quindi, di un genere che si presta con facilità a raccontare eventi che hanno come sfondo la vita scolastica; c’è poi lo spazio per le amicizie, i rapporti sentimentali, i genitori e la crescita. I pionieri di questo genere sono stati, come accennato, Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek negli anni ’90. Una delle migliori, alla fine dello stesso decennio, fu Freaks and Geeks; più commedia che drammatico, però, fu una delle prime serie a raccontare veramente storie di emarginazione e bullismo. Ebbe il merito di lanciare attori ancora stimati come James Franco, Seth Rogen e Jason Segel. The O.C. e Gossip Girl, nel corso dei primi anni 2000, hanno riempito il palinsesto di Mediaset.

Una mamma per amica, di cui recentemente è stato realizzato il revival, resta tutt’ora una delle serie più amate e seguite dell’era contemporanea della televisione. Il successo della serie di Amy Sherman-Palladino è legato alla notevole capacità di dare un ritmo alla storia attraverso conversazioni brillanti fra madre e figlia, leggere ma mai banali, che danno sostanza a una storia che parla di crescita e rapporti interpersonali.
Poi c’è Skins, un autentico piccolo capolavoro all’interno di questa corrente, uscito nel 2007. Fu la parentesi britannica di un genere generalmente affrontato dagli americani. Riuscì come nessun altro a raccontare gli adolescenti nel più realistico dei modi, fra droghe e alcol, ma soprattutto fra insicurezze e immaturità. Ha lanciato attori da copertina come Dev Patel e Nicholas Hoult.
Ovviamente il teen drama può anche spaziare ed affrontare la vita giovanile attraverso diversi sottogeneri. Buffy l’ammazzavampiri è senza dubbio una delle migliori serie tv mai realizzate in assoluto: una fiction adolescenziale che, però, parla di vampiri. Non troppi anni fa, Glee fu il primo musical in questo genere.

Come si inseriscono Tredici e The End of the F***ing World in tutto questo? Stiamo parlando di un genere il cui difetto è che, quasi sempre, non riesce a non basarsi su stereotipi e categorizzazioni sociali. Ad esempio la cheerleader, l’atleta popolare, il bullo e lo sfigato nerd. In questo senso, i successi recenti di Netflix non differiscono da questo concetto. Anzi, le categorizzazioni sociali nella scuola di Hannah Baker sono fondamentali ai fini dello sviluppo della storia. Alyssa e James, due ragazzi arrabbiati e disadattati, non sono di certo lontani da stereotipi di vario tipo. Eppure, c’è una differenza fondamentale con molti dei vecchi teen drama: i personaggi di Tredici e The End of the F***ing World risultano estremamente reali e ben stratificati.
Vengono trattati, così come i ragazzi di Skins qualche anno fa, veramente come dei semplici adolescenti problematici, e non come se fossero adulti. Questa è un’evoluzione fondamentale anche nell’approccio made in USA. Raccontano, inoltre, storie forti e politicamente poco corrette; storie in cui i personaggi sono costretti a vivere esperienze estreme, ai limiti della sopportazione umana. Senza la paura di farlo, senza la paura di interrogarsi sulla verità delle cose. Un altro mondo rispetto all’approccio dei vecchi show, più patinato e, seppur piacevole da guardare, meno reale. Sempre politically correct.