Mettiamo un pomeriggio annoiato in centro città. Decidiamo di sconfiggere questa noia con un bel film. Ci rechiamo così al primo cinema nelle vicinanze per scegliere che film andare a gustarsi (sappiamo che trovare un cinema in centro città ormai è una cosa alquanto rara, ma siamo nostalgici e ci piace immaginarci la scena così). Tra la sfilza di titoli possibili, ne scegliamo uno che allude a scontri entusiasmanti e ad un’azione ribollente: Guerre Stellari, giusto per citarne uno. Bene, andiamo a vederlo, il film ci piace e torniamo a casa soddisfatti.
Mettiamo uno scenario leggermente diverso. Se nella scelta dei film presenti in sala ci fosse stato, invece di un promettente “Guerre stellari”, un equivalente “Luke e la spada magica”. L’avremmo scelto allo stesso modo, pensando fosse un film di fantascienza con battaglie intergalattiche, o l’avremmo declassato a semplice film fantasy per bambini?
Molto probabilmente avremmo optato per la seconda ipotesi. Questo perché il titolo costituisce un elemento fondamentale del film, un primo impatto che lo spettatore ha con esso, in particolar modo se non ha nessuna conoscenza in merito. Insomma, se vogliamo, il titolo è un qualcosa di simile alla foto profilo dei social; e anche se, come ormai dovremmo aver imparato, non sempre la foto rispecchia la realtà, a volte però basta per farci decidere se mettere un like o meno.
Provate dunque a pensare. Cosa ci sarebbe di epico se Pearl Harbor si fosse chiamato “Amori e cacciabombardieri” oppure se Bastardi senza gloria fosse stato distribuito come “Nazisti da strapazzo”? E per quanto queste ipotesi ci possano sembrare al limite dell’impossibile, mai dire mai alla “creatività” umana!
Anche perché i titolisti, in primis quelli italiani, a volte sembrano mostrarne veramente troppa di creatività nel proporre i titoli dei film da distribuire agli spettatori! Tra traduzioni improbabili e trovate tra il geniale e il diabolico le pensano veramente tutte. E se il caso di Se mi lasci ti cancello (Ok! Ok! Eternal Sunshine of the Spotless Mind) è ormai diventato l’emblema della nostra personalissima e italianissima “lost in translation”, vi assicuriamo che di carne al fuoco ce n’è veramente tanta altra.
Per non farvi essere impreparati la prossima volta che trovate nella hall del cinema, e perché tanto rinfrescarsi la memoria non fa mai male, abbiamo deciso di stilare questa lista semi-seria, divisa per casi, che vi porterà nei meandri più oscuri della titolazione nostrana (senza mancare di qualche divagazione extra-nazionale).
1) “Quando le cose sembrano complicate…”
Una delle maggiori tendenze in fatto di traduzione dei titoli dei film verso l’italiano è sicuramente quella di rendere le cose molto più semplici di quello che sono. Eternal Sunshine ne è l’esempio più lampante: quando le cose si fanno troppo complesse, abbiamo la tendenza a rendere tutto più immediato utilizzando il titoletto da commedia da quattro soldi, pronto a fare breccia nel cuore delle masse (o almeno, questo è quello che hanno in mente i distributori!). Unico potentissimo rischio di questa operazione è banalizzare di gran lunga il contenuto.
Così, ecco che The Perks of Being a Wallflower diventa l’esclamazione più mocciana che possa esistere: Noi siamo infinito. Sì, lo sappiamo che la frase è presente anche nel film in lingua originale, ma c’è qualcosa in italiano che la rende un po’ più “sempliciotta” della sua versione inglese. E a entrare in questa lista non sono solo film per adolescenti. My Own Private Idaho in italiano, infatti, viene trattato alla stregua di uno sceneggiato di Canale 5, grazie al suo titolo Belli e dannati; e anche il film dei Coen Intolerable Cruelty, titolo geniale capace di coniugare cinismo e ironia, viene totalmente banalizzato con un Prima ti sposo, poi ti rovino.
A quanto sembra la tradizione della titolazione italiana è lunga e si avventa anche sui mostri sacri del passato. Uno dei più colpiti dalla “maledizione del titolo” è François Truffaut. I suoi film Une belle fille comme moi e Domicile conjugal si trasformano in quelle che sembrano due commedie erotiche con Lino Banfi: Mica scema la ragazza! e Non drammatizziamo… è solo questione di corna.
2) “… perché non complicarle un po’ di più?!”
Tendenza opposta, e francamente curiosa, è quella di allungare e complicare titoli che invece arrivano confezionati in poche efficaci parole. Ad esempio, Le Magnifique, film francese del 1973 traducibile con un semplice “Il Magnifico”, diventa Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo. Il tempo che si impiega nel dire il titolo per comprare il biglietto alla cassa e si ha già perso l’inizio del film!
Cambiando epoca e registro, si potrebbero citare anche i recenti We’re the Millers, in italiano Come ti spaccio la famiglia (perché fa più SWAG di un semplice “Siamo i Miller”, giusto?!); oppure Horrible Bosses che diventa Come ammazzare il capo …e vivere felici.
3) “La chiarezza prima di tutto”
Che l’inglese non sia proprio la lingua straniera con cui gli italiani vanno a nozze lo sappiamo tutti, ma i distributori spesso non ci danno proprio la minima possibilità di miglioramento. Allora eccoli che si affrettano ad aggiungere sottotitoli esplicativi accanto ai titoli inglesi, giusto per spiegare un po’ la trama e non lasciare nulla (ma proprio nulla) all’immaginazione o alla curiosità.
Un emblema di questo “didascalismo” del titolo è il film Week End di Godard del 1967, che per lo spettatore italiano diventa una sorta di voce da dizionario Treccani prêt-à-porter: Week End – una donna e un uomo da sabato a domenica.
I titolisti, tra le altre cose, ci tengono sempre a rassicurarci rispetto a quale sarà il contenuto predominante dei film, in particolare se questo è l’amore; così lo troviamo in tutte le sue versioni: Moonrise Kingdom – una fuga d’amore, Gone girl – l’amore bugiardo e persino Walk the line – quando l’amore brucia l’anima. La mania del sottotitolo copre veramente tutti i generi (es. Safe House – nessuno è al sicuro) ed è talmente (ab)usata da dover lasciare la lista inevitabilmente aperta, tanti sono gli esempi che si potrebbero fare.
4) “Tu vuò fa’ l’americano”
Se da un lato abbiamo i titoli che ci danno lezioncine spicciole di inglese, dall’altro il bipolarismo distributivo prevede anche che il titolo in lingua originale venga trasformato in un altro, del tutto inventato, sempre in lingua straniera.
Dai casi più rinomati come Interceptor (Mad Max) si passa a titoli come American Life (Away We Go) o All Good Things che diventa un più “intrigante” Love & Secrets, più adatto al nome di una boccetta di profumo che a un thriller basato su una storia vera.
Caso curioso poi è lo sdoganamento e l’interesse suscitato dalla parola “sex”, utilizzata spessissimo in questi titoli inventati e alcune volte accompagnata dall’immancabile didascalia. Ne sono un esempio: We Want Sex (Made in Dagenham), Sex Crimes – Giochi pericolosi (Wild Things) e Sex List – Omicidio a tre (Deception). E forse, forse, vedendo le statistiche annuali di YouPorn Italia, c’è da dire che probabilmente i distributori non hanno tutti i torti a voler impiegare la parola come traino di pubblico!
5) “Visto uno, visti tutti”
Avete presente quando una cosa nuova vi porta alla mente un ricordo già vissuto?! Bene, molti titoli italiani sembrano proprio essere stati colpiti da una potentissima sensazione di déjà-vu, o almeno è quello che vorrebbero comunicare ai loro spettatori. Come se fossero tutti sequel di uno stesso franchise, alcuni film, nella versione italiana, decidono di assumere titoli talmente simili tra di loro da raggiungere il parossismo.
Dal film Tre uomini e una culla (Trois hommes et un couffin) si sono propagati a vista d’occhio i vari Tre uomini e una pecora (A Few Best Men) e Tre uomini e una bara (A Few Less Men), tirando dentro pure l’italianissimo Tre uomini e una gamba e un episodio de I Simpson Tre uomini e un fumetto. Per non parlare dei film che iniziano con “Tutti pazzi per…” (Tutti pazzi per Mary, Tutti pazzi per l’oro, Tutti pazzi per Rose,…) o “Il mio grosso, grasso…” (Il mio grosso grasso matrimonio greco 1 e 2, Il mio grasso grosso amico Albert, Le mie grosse grasse vacanze greche).
Insomma se le idee mancano, c’è sempre un film che ha fatto successo da utilizzare come base per un titolo simile! (P.S. I film che fanno capo a “Un/una … da leoni” e “Non aprite quel/quella…” ve li lasciamo come ricerca per casa, tanto ormai avete capito il funzionamento.)
6) Gli spoileratori
Abbiamo già detto che ai titolisti italiani piace far capire la trama dei film, il problema che alcune volte si spingono troppo in là, ed ecco che arriva lo spoiler imprevisto, prima ancora di aver visto il film. Ad esempio, Vertigo, il film di Hitchcock, venne tradotto in italiano con La donna che visse due volte; oppure l’ultimo capitolo di Star Wars: The Last Jedi, mentre la parola “jedi” in inglese è sia plurale che singolare, la traduzione italiana Gli ultimi Jedi spoilera fin dal titolo uno dei nodi cruciali dell’intero film.
E se già questo ci basta e avanza, sembra che dal fronte cinese quella di spoilerare i film sia un’operazione abbastanza consolidata. Il sesto senso da quelle parti è conosciuto come “Lui è il fantasma!”, arrivando anche a traduzioni più grossolane come il “Oh no, ha un pene!” per La moglie del soldato (qui trovate una gallery di altre esilaranti traduzioni in salsa orientale).
7) Gli assolti
Dopo tanto astio nei confronti della distribuzione italiana, sul finale vogliamo anche spezzare una lancia a suo favore. Vogliamo ricordare alcuni dei titoli che, pur nella loro stravaganza e totale menefreghismo del titolo originale, hanno saputo guadagnarsi un posto d’onore nella storia del cinema (anche e soprattutto per il nome che è stato loro affibbiato). Tra questi: L’attimo fuggente (Dead Poets Society), La città incantata (che arrivava da noi con un titolo come “Il rapimento da parte degli spiriti di Sen e Chihiro”), Mamma, ho perso l’aereo (Home Alone), La morte corre sul fiume (The Night of the Hunter), Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause), Il tempo delle mele (La Boum), e molti altri titoli iconici.
P.S. Oltretutto dobbiamo ricordarci che poteva sempre andare peggio. Ad esempio, potremmo aver avuto la versione spagnola circolata in alcuni paesi latini de La carica dei 101 intitolata “La notte delle narici fredde” (La noche de las narices frias), oppure la versione polacca di Dirty Dancing imbarazzantemente chiamata “Sesso in volteggio” (Wirujący Seks)!
Per news e altri approfondimenti continuate a seguirci su CiakClub.it!