Tim Burton e la “Trilogia del Circo” con Danny DeVito: ecco cos’è

“La trilogia del circo”: Batman - Il ritorno, Big Fish, Dumbo. Negli anni Danny DeVito ha continuato a collaborare con Tim Burton rivestendo sempre lo stesso ruolo: il direttore del circo. Neanche DeVito conosce fino in fondo la ragione, però sa che il cerchio andava chiuso. Attraverso la sua figura si rende manifesta una simbologia complessa.
Tim Burton e Danny DeVito sul set del film Dumbo

Tim Burton e Danny DeVito hanno collaborato su ben quattro film: Batman – Il Ritorno, Mars Attacks!, Big Fish e Dumbo. In tre di questi titoli, tuttavia, DeVito non ha mai smesso di interpretare sempre lo stesso ruolo: quello di direttore del circo, anche se in modi diversi. Batman – Il ritorno, Big Fish e Dumbo: il pinguino umano dalle vesti circensi che capeggia un circo di mostri, di freaks, che vivono e si nascondono nei sotterranei di Gotham. 

Il direttore del circo delle stranezze tra i sogni di Big Fish e poi Max Medici in Dumbo, il proprietario del circo, calcolatore, venale, colui che chiude Dumbo in gabbia. Si chiama “trilogia del circo”, così l’ha definita il regista in un’intervista rilasciata in occasione del tour promozionale dell’ultimo Dumbo Disney. Perchè Tim Burton continua a volere DeVito sempre per la stessa tipologia di ruolo? Se lo è chiesto anche l’attore: “Non so perché abbia avuto in mente me per questo tipo di ruolo… ma dovevamo completare la trilogia del circo”. 

Batman – Il ritorno e Pinguino

Danny DeVito nel ruolo di Oswald Cobblepot (Pinguino) in una scena del film Batman - Il ritorno

Batman – Il ritorno (1992). Il Batman di Michael Keaton, Catwoman di Michelle Pfeiffer e Pinguino. Tim Burton continua a ritrarre la sua Gotham, una città oscura, ancora più malinconica nell’atmosfera natalizia. Pinguino (presto di nuovo tra noi con una serie spin-off tratta dall’ultimo The Batman), riemerge dalle fogne di Gotham nel periodo di Natale e nel periodo di elezioni del nuovo sindaco.  Oswald Cobblepot, Pinguino, si candida per la città. Ha già diversi proseliti: un esercito di clown pronti a difenderlo e un circo di creature della notte, di creature mostruose. 

Pinguino è un personaggio emblematico, è crudele, disumano, eppure nasconde diverse fragilità mai troppo nasconste nella psicologia del personaggio. Rifiutato dalla famiglia, Oswald si immerge nel mondo del crimine. Ha diversi gadget a sua disposizione, molti dei quali si rivelano giocattoli ridicoli o fallimentari, che lo portano spesso in prima pagina sui notiziari di Gotham: Pinguino è un pessimo criminale. Solo il circo di mostri e di clown sembra accettarlo tra i loro ranghi.

Big Fish – Le storie di una vita incredibile (2003)

Ewan McGregor, Deep Roy e Danny DeVito in una scena del film Big Fish

Ci sono dei pesci che nessuno riesce a catturare. Non è che sono più veloci o forti di altri pesci. È solo che sembrano sfiorati da una particolare grazia. Un pesce di questo tipo era la bestia e, all’epoca in cui io nacqui, era già una leggenda. Aveva snobbato più esche da cento dollari di qualsiasi altro pesce in Alabama… Io non davo peso a queste speculazioni o superstizioni. Sapevo solo che avevo cercato di prendere quel pesce da quando ero un bambino”,  

Sicuramente tra i 10 migliori film di Tim Burton, Big Fish si presenta come un film su un unico grande sogno lucido. I sogni di un uomo in fin di vita, Edward Bloom, la sua vita straordinaria fatta di incontri impossibili, pesci enormi, spettacoli circensi e il dubbio che pervade tutto il film: sta delirando o tutto quello che racconta è successo davvero? Tutte le creature del mondo di Big Fish sono sogni che svaniscono in un attimo di distrazione. 

Sono pesci sfuggenti, come il direttore del circo Amos Calloway, interpretato da Danny DeVito, che dirige una sorta di circo Barnum, creature quasi mostruose, aspiranti attori e stunt ridotti alla vita da clown di periferia. Big Fish e le sue creature mettono in scena gli elementi del folklore americano attraverso una storia. Vera o meno che sia, l’importante è che sia una bella storia.

 Dumbo (2019)

Danny DeVito in una scena del film Dumbo

E poi ancora DeVito, ancora il circo e il suo direttore, ancora freaks. Questa volta, però, il “mostro” del film è un elefante dalle orecchie grandi, fuori dal comune. Un elemento perfetto, per il proprietario del circo Max Medici, che lo chiude in gabbia in quanto creatura perfetta per il suo circo di stranezze. Max però sa cosa prova l’elefante indiano. In un primo momento tenta anche di proteggerlo dalle risate del pubblico, nascondendo le sue orecchie. L’uomo, d’altronde, emarginato a sua volta dal mondo e dalla famiglia, aveva costruito nel circo l’unico microcosmo possibile per farsi accettare e rispettare, lì dove il mondo esterno al tendone continuava a respingerlo. 

Il circo nasconde nella sua genesi, nei suoi protagonisti, nei suoi attori e interpreti psicologie complesse e un simbolismo particolare. Dai clown alla donna cannone fino ai costumi, le donne albine e il direttore del circo, uno spettacolo che nasce in tempo di guerra, si oppone alle tenute militaresche per metterne in scena altre: costumi colorati e stravaganti che però non nascondono, non uniformano come le tenute di guerra. 

Mostrano invece la vera natura dei personaggi, che solo una volta indossato il costume, riescono a metterla in scena, capitanati dal direttore del circo che ogni sera introduce il pubblico in quel mondo, con un gesto fisico simbolico: l’apertura del cerchio a mo’ di benvenuto. Forse in fin dei conti Tim Burton non spiegherà neanche a DeVito il perché del suo ruolo ricorrente: gli ha affidato un personaggio a cui si dà fiducia a prescindere, quello in cui tutti i freaks confidano, perché lui si è buttato le fragilità alle spalle da tanto e ora non gli resta che aprire al pubblico lo spettacolo sera dopo sera. 

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