Abbiamo assistito in anteprima a “Sulla mia pelle”, il film su Stefano Cucchi che ha aperto la sezione Orizzonti del Festival di Venezia.
La 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia non ha fatto in tempo a concludere la giornata di apertura che ha già regalato un momento indimenticabile. Ad aprire la sezione Orizzonti, la più importante dopo il Concorso, è stato il film di Alessio Cremonini “Sulla mia pelle“, seconda opera del regista. Il lungometraggio è incentrato sulla settimana di agonia che il trentenne Stefano Cucchi, arrestato per detenzione di stupefacenti, ha vissuto durante la custodia cautelare, conclusasi con la sua morte il 22 ottobre 2009.
Da quel giorno i familiari della vittima, in particolare la sorella Ilaria, hanno senza sosta portato avanti una battaglia per fare emergere la verità dietro alle cause del decesso, con un impegno mediatico che è riuscito a gettare una nuova luce sulla realtà dei decessi in carceri senza cause accertate.
Il momento più sorprendente e commovente (finora) del Festival è arrivato proprio dal film di apertura di Orizzonti: a fine proiezione, di fronte a una Sala Darsena gremita e commossa, l’attore protagonista Alessandro Borghi si e’ alzato in piedi e, in lacrime, ha abbracciato Ilaria Cucchi, seduta pochi sedili più indietro. L’intera sala ha dedicato un’intensa ovazione di sette minuti al cast e alla famiglia di Stefano, presenti insieme per la prima visione assoluta del film.
Già indicato come uno dei favoriti per il premio al miglior film della propria sezione, “Sulla mia pelle” è un film estremamente diretto. La sceneggiatura, definita durante la conferenza stampa “asciutta e secca”, si pone in primis l’obbiettivo di raccontare dei fatti con un realismo così intenso da rasentare il documentario. Non c’è spazio per una storia arricchita o per una lenta indagine della psicologia dei personaggi. Il film non vuole stabilire un contatto empatico con lo spettatore tramite l’identificazione nei protagonisti: l’obbiettivo è raccontare crudamente ciò che è successo, che già sufficiente di suo a caricare lo spettatore di un pesante macigno emotivo.
Il vero gioiello del film è però la magnetica recitazione di Alessandro Borghi. La sua straordinaria versatilità permette al dramma di Cucchi di evolvere tramite una silenziosa metamorfosi di corpo e anima. Il calvario che prova viene da lui alternativamente taciuto e urlato a squarciagola, ma è costantemente ben visibile nelle ecchimosi di cui è cosparso il suo corpo. Ad amplificare il disagio che lo spettatore prova nella angosciante impassibilità di uno sgradevole destino già scritto vi è il comparto tecnico, con una fotografia soprattutto d’interno che mantiene volutamente i soggetti sottoesposti.
Il climax di strazio viene raggiunto nel finale, gestito interamente dal resto del cast: Jasmine Trinca (interprete della sorella Ilaria), Max Tortora e Milvia Marigliano (rispettivamente padre e madre) regalano altre tre performance incredibilmente intense che conferiscono al film un pathos genuino e raramente contemplato nel panorama cinematografico italiano.
“Sulla mia pelle” è ciò di cui il cinema italiano aveva bisogno. Un film che sfugge alle false pretese di finto intellettualismo concettuale da inserire in qualunque contesto: riporta la Settima arte coi piedi per terra, ricordando a tutti che si può creare grande cinema anche con elementi poco numerosi ma genuini.
Leggi qui i nostri brevi commenti alla seconda giornata del Festival di Venezia.