C’è un soldato disperso. Va ritrovato. E non sarà facile. Chi, invece, riesce a rendere tutto più facile è un signore chiamato Steven Spielberg, la cui disinvoltura nel raccontare storie è unica nel suo genere. Avete capito di che film stiamo parlando? Scommettiamo di sì. Oggi, Salvate il soldato Ryan compie 25 anni. Non sappiamo se per il “compleanno” di un film vadano preparate le candeline, ma sicuramente possiamo dare il via ad un lungo e meritato applauso.
Non penso servano particolari presentazioni. La pellicola è uno dei diversi capolavori che il maestro della regia statunitense ha regalato alla settima arte e a tutti noi cinefili. Un pugno allo stomaco di cui, dopo un quarto di secolo, sentiamo ancora l’impatto. Anche grazie al lavoro dello sceneggiatore Robert Rodat, che ha scritto un racconto in cui colpi di scena ed emozioni ballano all’unisono.
Salvate il soldato Ryan, la trama

Normandia, 1944. La pellicola si apre con lo storico sbarco che fece breccia nel cuore dell’Europa, che segnò poi la fine della seconda guerra mondiale. John Miller, interpretato da un eccezionale Tom Hanks, è a capo di una delle compagnie del secondo battaglione Ranger. Questa, viene incaricata dai vertici dell’esercito statunitense di una missione di salvataggio. Devono ritrovare un soldato ormai disperso, i cui fratelli sono caduti in battaglia. È lui. È Ryan.
La compagnia è scettica. Non vogliono partire. Vorrebbero astenersi da un’operazione da molti ritenuta “suicida”. Ma alla fine partono per il lungo viaggio. Il dovere li chiama. Un dovere nefasto, che fa sorgere automaticamente una domanda: la vita di un solo uomo vale il rischio di quella di svariati altri? Ma come sappiamo, in guerra spesso è inutile farsi domande. Gli ordini sono ordini. E a noi, cinematograficamente parlando, va bene così, altrimenti non avremmo mai assistito a quest’opera.
Salvate il soldato Ryan, tra speranza e iperrealismo

Con i suoi cinque premi Oscar, Salvate il soldato Ryan, secondo la nostra redazione, si conquista una posizione tra le prime dieci dei film migliori di Spielberg (ecco la nostra classifica). È un film d’attesa. Sì, perché il responsabile del viaggio che accompagna l’intreccio non si vede nella prima parte della pellicola. Non viene mostrato. Ma perché questa decisione? Vuole attingere alla suspense per incrementarne il mistero? O magari tenta di alimentare la fiamma di una futile speranza, anche dove non sembra essercene? Perché nel contesto raccontato dal regista non sembra esserci fiducia verso il futuro, poiché incerto e precario.
Come potrebbe sembrare roseo quello che ci riserva il futuro? In nessun modo. Nemmeno con un grande sforzo di immaginazione. È difficile essere ottimisti di fronte alle immagini di quest’opera. Un boccone amaro, difficile da digerire. I primi venti minuti sono esclusivamente incentrati sullo sbarco, con una serie di scene crude e raccapriccianti sugli orrori bellici, discostandosi dall’estetica del cinema classico e abbracciando maggiormente l’iperrealismo del cinema postmoderno proprio di quegli anni. Spielberg vuole disgustarci. Non risparmia macabri dettagli. Ci colpisce senza pietà. Il suo è un film espressamente contro la guerra, discostandosi dai film di propaganda sul militarismo statunitense.
Ryan è un espediente narrativo

In merito a questo, il titolo potrebbe trarre in inganno. Chi è veramente Ryan? E cosa rappresenta? Il film porta il suo nome. Appare come un protagonista estremamente presente, nonostante fisicamente non lo sia più di tanto. Nella prima metà del film non si vede mai. Viene solo insistentemente nominato. Ma basta questo a renderlo il vero protagonista? O è forse solo un mero espediente narrativo? Il fulcro attorno a cui gira il racconto, senza però essere davvero il personaggio principale. La causa, non per una sua colpa intenzionale, di morte e tanta sofferenza. Viene visto quasi come un nemico.
Chi è il vero protagonista del film?

Dunque, prendendo per vero che Ryan non sia il protagonista di questo film monumentale, chi lo è? Ryan è senza dubbio il personaggio al centro della narrazione, ma non è quello in primo piano. Infatti, la narrazione segue in modo specifico il tortuoso viaggio di alcuni commilitoni capitanati da Miller. Molti potrebbero dire che sia lui il nostro uomo. Ed è, in effetti, l’idea più ragionevole. Altri potrebbero dire che è tutta la compagnia C del secondo battaglione Ranger, ed altri che sia l’oscenità della guerra. Forse, ancora, potrebbe essere il sacrificio? Magari tutti questi insieme. Il senso di cameratismo.
Chiunque esso sia, possiamo affermare di aver fatto appieno il suo dovere. Il tempo non lo ha scalfito. Anche dopo venticinque anni, Salvate il soldato Ryan resta una stella della cinematografia. Un capolavoro senza età, per il quale dobbiamo ringraziare il regista che lo ha reso possibile. Steven Spielberg, grazie!