L’importanza di essere tristi: recensione di Inside Out

Il attesa il 28 Dicembre dell’uscita in sala di Coco, nuovo lavoro Pixar che porterà la firma di uno dei suoi autori di punta, quel Lee Unkrich che ci ha regalato Toy Story 3, cogliamo l’occasione per parlare di un altro successo della casa fondata da John Lasseter: Inside Out.

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Il film, concepito e diretto da Pete Docter, nome importante della Pixar già autore di Monsters & Co. e di Up, è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2015 e si è aggiudicato il premio Oscar come miglior film d’animazione l’anno successivo. L’opera ci parla di Riley, ragazzina di undici anni che, in un determinato momento della sua vita, perde tutti i suoi capisaldi venendo letteralmente catapultata in una crisi emotiva e di valori che investirà lei e la sua famiglia. Il film affronta questo percorso dal punto di vista interno, ci troviamo infatti nella mente della ragazzina, dove seguiamo le personificazioni delle emozioni di Riley impegnate a gestire questa situazione di emergenza.

Inside Out - Recensione
L’impero della Mente

Una volta catapultati dentro Inside Out ci si rende immediatamente conto di quanto complessa, variegata e fantasiosa sia la (ri)costruzione della mente umana compiuta dal team di lavoro. Nei primi venti, frenetici, minuti ci viene presentato in modo intrigante il funzionamento del nostro cervello. La cura del design è assolutamente splendida. A partire dalla creazione dei ricordi, inizialmente tutti gialli ovvero il colore che rappresenta Gioia, alcuni dei quali (i più importanti) vanno poi a costituire le cosiddette isole della personalità, ovvero i punti fermi che compongono la nostra personalità. Con il periodo di difficoltà di Riley inizia anche il viaggio delle nostre due protagoniste principali, Gioia e Tristezza, che allontanandosi dal Quartier Generale  ci portano a capire più a fondo il funzionamento della nostra mente e come esso è stato trasposto dagli autori. È così che vediamo la memoria a lungo termine, il pensiero astratto con le sue fasi, la fabbrica di sogni rappresentata come fosse uno studio di produzione cinematografica, il subconscio dove vengono nascoste le nostre paure recondite il treno dei pensieri e molto molto altro. Tutti questi luoghi sono poi abitati da vari personaggi, tutti intenti a svolgere un loro preciso compito, come ad esempio gli spazzini della memoria. Non mancano poi le citazioni, su tutte quella fatta a Chinatown, capolavoro di Roman Polanski, nel segmento ambientato nel distretto delle nuvole ad Immagilandia. L’originalità del design di luoghi e personaggi contribuisce a rendere questa esperienza vivace ed emozionante lasciando lo spettatore col desiderio di scoprire di più di questo fantastico mondo che è la mente umana.

Inside Out - Tristezza

L’importanza di essere tristi

Inside Out non è però “solamente” una fantastica rappresentazione della mente e dell’emotività umana. Docter nella sua opera fa molto di più, osando ed andando a costruire un film che si rivolge a tutti con la potenza del suo contenuto, con la grandezza dei suoi personaggi. Inside Out ci parla profondamente delle emozioni, quegli stati dell’anima e della mente che ci accompagnano dal nostro primo pianto fino all’ultimo respiro, facendo una vera e propria apologia della tristezza e spiegando l’importanza di dimenticare. Senza mai perdere l’attenzione per la storia, nonostante un paio di piccole forzature narrative, Docter ci racconta di come (la) Gioia sia, per quanto fondamentale, egoista e di come, invece, la tanto bistrattata Tristezza sia alla base del processo di maturazione di ognuno di noi. Nell’impossibilità di essere felici, all’interno dei momenti di difficoltà, non rimane che appoggiarsi alla propria malinconia per poter elaborare i momenti traumatici, in definitiva per poter crescere. Simbolo di questo processo di maturazione è lo splendido Bing Bong (altro esempio di come la Pixar sa lavorare sui personaggi secondari), amico immaginario ed emblema dell’infanzia di Riley, che rimane nella discarica dei ricordi, permettendo così alla bambina di diventar ragazza e ponendo fine al ciclo chiamato infanzia.

Quale amico vuoi con te? Bing Bong, Bing Bong! Che ha sempre un razzo lì con sé? Bing Bong, Bing Bong! È il migliore che ci sia, canta questa melodia!

Inside Out prosegue il percorso già iniziato dai film più maturi della Pixar come Wall-E, Up e Toy Story 3 (dove i primi due si concentravano sulla solitudine ed il terzo sul passato), parlandoci della necessità di essere tristi e di dimenticare all’interno del processo di crescita che colpisce, prima o dopo, ognuno di noi.

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