Edward: “Che cosa vuoi Vivian?”
Vivian: “Voglio la favola”
Trent’anni fa usciva nelle sale americane una di quelle fiabe moderne che non smette mai di far sognare. Quelle storie in grado di far fare chilometri alla mente, di stare bene, commuovere ed immaginare. Quelle pellicole che potrebbero avere la firma di Walt Disney e che, nonostante il trascorrere degli anni, non diventano mai pallide. Trent’anni fa usciva Pretty Woman di Garry Marshall: lui Richard Gere, bello, affascinante, ricco uomo d’affari, lei, Julia Roberts, una giovane prostituta senza una lira, semplice, ma con un sorriso da far girare la testa, diventato con il passare degli anni un simbolo. Il sogno americano, sulla carta praticamente irrealizzabile, ma che al cinema trionfa, regalandoci ancora oggi quel brivido e quella speranza.
Complice di una formula già di base ben impacchettata è, come spesso accade, la colonna sonora straordinaria, indimenticabile, Oh, Pretty Woman di Roy Orbison del 1964. Quindi, bando alle ciance, immergiamoci in quel sogno, ma prima alziamo il volume a palla e cantiamo a squarciagola per casa Pretty Woman.
“Pretty woman, the kind I’d like to meet”
Pretty Woman, la Cenerentola moderna, parla di Edward Lewis (Richard Gere), un uomo d’affari super impegnato nel suo lavoro, che si trova ad Hollywood (la fabbrica dei sogni, non a caso) per concludere un affare. Incontra Vivian (Julia Roberts), una prostituta dalla bellezza disarmante, a cui chiede delle indicazioni per la strada di Beverly Hills, dopo essersi perso con la sua Lotus. Il viale con le stelle di Hollywood è diventato la casa delle prostitute. Edward, rimasto ammaliato dalla donna, le chiede di stargli accanto per un’intera settimana in cambio di un’ingente somma di denaro ed accompagnarlo ad una cena d’affari piuttosto importante. Vivian accetta, soggiorna nella camera d’albergo dell’uomo, trasformandosi in una vera e propria principessa d’altri tempi, facendo andare in porto la cena di Edward e facendo sbocciare un amore senza eguali.
“No one could look as good as you”
“Nessuno potrebbe sembrare bella come te”. Giusto, ma, come ormai noto, la prima scelta del regista non ricadde su Julia Roberts. Per il ruolo di Vivian ed anche per quello di Edward in Pretty Woman, inizialmente furono scelti altri attori ed attrici. Con il senno di poi, direi che è andata bene così. Probabilmente perché ormai la coppia Roberts-Gere è diventata iconica, ma onestamente non riuscirei mai a pensare a qualcun altro in quei panni. Basti pensare anche al fatto che tra i due si è creata una sinergia particolare, tanto da improvvisare alcune scene che ancora oggi riecheggiano nella nostra mente. Ricordate quando lui le consegna la collana nella scatola e poi la richiude improvvisamente facendo scattare la risata inconfondibile dell’attrice? Ebbene, pura improvvisazione.
“Pretty woman, that you look lovely as can be”
Ci innamoriamo di quella storia così potente fin dal primo momento, perché Edward sceglie Vivian e non la tratta mai come una prostituta. La rispetta, come probabilmente mai nessuno aveva fatto prima, le dà l’opportunità di vivere mondi diversi, di imparare lo stile, a vestirsi e a comportarsi. Sempre con enorme garbo. Marshall mette in piedi un’opera scintillante, impermeabile al tempo, in cui anche gli attori non protagonisti sono fondamentali. Julia Roberts diventa una Audrey Hepburn, ed il processo di trasformazione è dato anche dall’intervento del direttore d’albergo, Hector Elizondo, che insegna alla donna come usare le posate durante la famigerata cena d’affari, contribuendo così al processo di “metamorfosi”. Pretty Woman è un sogno che negli anni si è poi ripresentato, con altre trame, con altre atmosfere e con altre ambientazioni, ma pur sempre rivisto. La stessa Roberts si è prestata a pellicole simili, come l’indimenticabile Notting Hill con Hugh Grant e Se scappi ti sposo, sempre al fianco di Richard Gere e sempre firmata Garry Marschall. Commedie simpatiche, che ci incollano al teleschermo e ci fanno tifare per quelle coppie improbabili, ma magiche.
“‘Cause I need you”
È ormai noto che l’idea originaria di Pretty Woman si distanziava molto da come poi ci è stato presentato: il film si sarebbe dovuto intitolare 3000, esattamente come la cifra offerta a Vivian, la donna sarebbe dovuta essere una tossicodipendente ed il film si sarebbe dovuto concludere con un epilogo decisamente meno piacevole e più dark. Ma nella pellicola di Marshall non c’è spazio per tutto questo: le vite dei due protagonisti, inizialmente vuote, prive di legami e radici consistenti, trovano la loro salvezza. E nonostante ci si soffermi spesso solo sul riscatto di lei, la questione vale per entrambi. Ed è anche questo che contribuisce al successo spaventoso di Pretty Woman, che ancora oggi, quando viene trasmesso in chiaro, incolla alla televisione milioni di telespettatori. David Thompson, storico del cinema, disse proprio che il successo della pellicola era da ricollegare al fatto che fosse un film “fondato su tre elementi: il sesso, lo shopping ed il cambiamento”. Tre elementi sicuramente sempre vincenti, che hanno portato al successo Pretty Woman e consacrato definitivamente Richard Gere come un sex symbol e Julia Roberts un’icona massima degli anni ’90.
Di seguito un nostro articolo con alcune curiosità su Julia Roberts.
Per altri approfondimenti come questo continua a visitare il sito CiakClub.