Masquerade – Ladri d’amore, la recensione: la commedia thriller di Bedos

Torna al cinema con un nuovo lungometraggio il figlio d’arte Nicolas Bedos. Dopo l’esordio Un amore sopra le righe (2017) e l’acclamato da critica e pubblico La belle époque (2019) e il terzo capitolo della saga sull’Agente Speciale 117, l’autore francese è chiamato a riconfermarsi. Scopriamo come è andata nella nostra recensione di  Masquerade – Ladri d’amore, presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2022 e ora pronto ad approdare nelle sale italiane il 21 dicembre.

La trama

Adrien guarda Margot in Masquerade

“La Costa Azzurra è un posto soleggiato per persone ombrose”, con questa citazione di Somerset Maugham si apre Masquerade – Ladri d’amore, svelando immediatamente l’ambientazione e l’animo che scorrerà nei successivi 140 minuti circa. Seguiamo fin da subito le gesta di Adrien (Pierre Niney), un ex ballerino di grande successo impossibilitato a continuare la sua carriera a causa di un brutto incidente. Ora si trova a Nizza, dove vive insieme a Martha (Isabelle Andjani), un’attrice ormai sulla via del tramonto e piuttosto avanti con l’età. Tra i due la relazione è di pura convenienza, con Adrien che in fin dei conti non è altro che un toy boy. Durante una festa a casa di Martha però avviene la prima grande svolta narrativa. Si tratta, come spesso capita di un incontro. Non uno qualsiasi però. Adrien si ritrova davanti la meravigliosa Margot (Marine Vacth) e dire che tra i due si tratti di un colpo di fulmine è utilizzare un eufemismo. Si conoscono, iniziano a frequentarsi e scoprono tutti i loro lati in comune. Tra cui la tendenza alla truffa e quel costante sogno di libertà. In preda a questo idillio decidono allora di escogitare un elaborato piano per raggiungere il loro obiettivo. L’idea è di appoggiarsi a Giulia (Laura Morante) una vecchia conoscenza di Adrien pronta ad aiutarli nel trovare un ricco imprenditore da fregare e la scelta cadrà su Simon Laurenti (François Cluzet). Il piano diventerà però un labirinto in cui andremo volentieri a perderci anche noi spettatori.

Nizza e le ispirazioni classiche

Laura Morante in Masquerade

In Masquerade – Ladri d’amore Nizza non è semplicemente un’ambientazione. Ci troviamo a tutti gli effetti davanti a un personaggio-simbolo. Un luogo in cui una larga parte dei cineasti francesi finisce, prima o poi, rappresenta un’attrattiva irresistibile. Per Bedos è una città viva, mutevole e rappresentativa di tutta quella ristretta ma appariscente fetta di popolazione a cui si è interessato l’autore in questa sua nuova opera. Quei “ricchissimi annoiati e ricchi che vorrebbero diventare ricchissimi” contro cui il drammaturgo francese si scaglia, attraverso i suoi novelli Bonnie e Clyde, senza badare al dosaggio di ironia e cinismo. Ma Nizza non è il solo modo in cui Masquerade – Ladri d’amore si accosta alla cinematografia classica. Non è difficile distinguere nel film delle nette ispirazioni al Billy Wilder de La fiamma del peccato e soprattutto (in particolare per il personaggio di Martha) di Viale del tramonto. La fonte d’ispirazione più evidente è però Alfred Hitchcock e il suo Caccia al ladro. E non poteva che essere così visto il film che Bedos voleva mettere in piedi con quel tipo di intreccio narrativo. Va detto: Hitchcock era altra cosa. Ma di questo non possiamo fare una gran colpa all’autore francese e, anzi, vi consigliamo di vedere entrambi così da poter fare un confronto di voi stessi e trarre le vostre conclusioni. Masquerade – Ladri d’amore ha però dalla sua varie frecce al suo arco.

Ottimo ritmo e grandi interpretazioni

Adrien e Martha si baciano sott'acqua

Dinamismo, grande ritmo e un’alta quantità di colpi di scena. Masquerade – Ladri d’amore riuscirà a garantire tutte queste caratteristiche agli spettatori. Bedos costruisce una fitta ragnatela narrativa in grado di unire più generi: dal giallo al noi; dalla commedia satirica al legal drama. Il tutto contornato da cinismo, erotismo e carnalità, distribuiti in grandi quantità. Forse il lato più sorprendente del film è appunto il ritmo. Il flusso degli eventi scorre a grande velocità, garantendo allo stesso tempo una certa costanza nel livello di suspence. Certo, il regista e la troupe che si è portato dietro da La belle époque sono alla base del risultato finale ma una menzione particolare va a tutti gli interpreti. Pierre Niney e Marine Vacth sono bellissimi (oltre che bravi) e dimostrano grande chimica. Su tutti però spicca come sempre Isabelle Andjani che dimostra per l’ennesima volta grazie al suo talento smisurato di essere la miglior attrice francese della sua generazione.

 

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