“Mio papà non si capacitava che nella Palermo di trent’anni fa ci fosse un ragazzo che preferiva la strada precaria dell’attore a quella sicura e remunerativa del medico“. Questo è Luigi Lo Cascio, un giovane palermitano al secondo anno di medicina, appassionato di teatro e lontano quasi per snobismo dal cinema, fino alla chiamata di Marco Tullio Giordana per I cento passi. Una strada azzardata e per questo precaria, quella del cinema per Lo Cascio, che però nel tempo si è dimostrata l’occasione più completa di esprimere la personalità dell’uomo dietro l’attore. Sì perché Lo Cascio è un uomo complicato, che mastica Kafka, Dostoesvkij, Majakovskij e convince il padre che farà l’attore con Aspettando Godot. L’approccio vergine al mondo del cinema gli ha permesso di lasciarsi stupire dall’universo cinematografico, e proprio grazie a quel fascino stupito – quasi di bambino – è stato poi in grado di ridarci interpretazioni indimenticabili.
Personaggi contorti e spesso in crisi – esistenziali ma anche politiche -, paranoici e intellettuali, profondi ma sempre inquieti senza perdere la genuinità e non sprofondare nella potenziale cupezza. L’esattezza di questo genere di personaggi – rispetto alla sua personalità di uomo e poi alla caratura di attore – hanno dato alle sue interpretazioni un intenso gradiente emotivo. E volendo metterne 10 in ordine crescente abbiamo pensato a quest’articolo per voi.
Le opere per essere interessanti hanno la necessità di rendere maiuscole queste lettere, la B di bene e la M di male. Più lo fanno, più diventa interessante seguire un certo esperimento che si fa su un certo conflitto. Il difficile è farlo diventare opera, in quello sta il merito degli autori.
10. Miracolo a Sant’Anna

Luigi Lo Cascio interpreta pochissimi frammenti di Miracolo a Sant’Anna, un film di Spike Lee del 2008. La trama è ispirata alla vera e tragica storia dell’eccidio di Sant’Anna, un crimine terroristico dei nazifascisti avvenuto nel lucchese durante la Seconda guerra mondiale. Per una resa di conti fra soldati moriranno tedeschi, fascisti, paesani: tranne lui, Angelo, ed Hector. Se il film è un lunghissimo flashback – in cui Angelo è solo un ragazzino -, la scena finale spezza l’incantesimo e ci fa conoscere Angelo da adulto. È qui, alla fine del film, che arriva Lo Cascio: emozionante per la storia dell’uomo che interpreta, ma anche per la forza delle immagini finali. Hector pensava di essere l’unico superstite di quella strage, e fra la lacrime riconosce in Lo Cascio quell’Angelo bambino con cui si era salvato tanti anni prima.
9. Noi credevamo

Noi credevamo è un ambizioso film del 2010, di Mario Martone, sul Risorgimento Italiano. Teatrale sia nei dialoghi che nell’ambientazione, impostato dal punto di vista recitativo anche per contestualizzare le scene nella retrospettiva dell’Italia Ottocentesca, il film non lascia spazio a grande emotività. Accanto a Toni Servillo, Andrea Bosca, Luigi Pisani e i tanti altri interpreti dei protagonisti della Giovine Italia, è ancora una volta Luigi Lo Cascio a firmare l’interpretazione più d’impatto emotivo. In un film piatto, perché l’ambientazione e la forma lo richiedono, il Domenico di Lo Cascio – soprattutto da anziano – è una picco d’intensità. La disillusione sul finale, dopo l’Unità d’Italia, è resa con forza dal monologo interiore che l’attore siciliano, grato al teatro, interpreta con trasporto.
8. La meglio gioventù

Questa volta non c’è da attenderlo. Dopo The House of the Rising Sun come traccia d’apertura, La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana si apre con 4 volti: Alessio Boni, Andrea Tidoni, Fabrizio Gifuni e..Luigi Lo Cascio. Nicola Carati, il personaggio dell’attore, è uno studente di Medicina in questo film di 6 ore che ripercorre la vita di una famiglia milanese trapiantata a Roma dal 1966 al 2003. In 34 anni di vicende, di sicuro dev’essercene una ad alto impatto emotivo. E di sicuro Luigi Lo Cascio la interpreta bene, anche nei panni di Nicola. Senza essere il personaggio più drammatico del film (lo è suo fratello Matteo), Lo Cascio al bis con Giordana conferisce spessore a Nicola Carati. Dà profondità e prospettiva al membro di questa famiglia di cui si ricostruisce la saga, rendendo onore alle sue ombre – necessarie perché una forma sia profonda e prospettica.
7. Buongiorno, notte

Continua la collezione di grandi nomi della regia italiana fra i lavori di Luigi Lo Cascio. Questa volta è Marco Bellocchio, e Buongiorno, notte ricostruisce la storia che ha preceduto l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. La vicenda, nel film, è vista dagli occhi di una brigatista – e un terrorista è anche Mariano, il personaggio di Lo Cascio ispirato a Mario Moretti. Nonostante stia dalla parte dei rapitori e degli assassini, di Mariano colpiscono la fermezza e l’intensità emotiva nell’insistere, nel resistere all’inamovibilità di Aldo Moro. Dei brigatisti Buongiorno, notte racconta anche l’esistenza di uomini, senza assolverli, e Lo Cascio interpreta con veemenza un ruolo scomodo ma vero, facendo leva sulla capacità di dilatare i sentimenti e di dare una coscienza propria all’interpretazione.
6. Il traditore

L’emozione parla siciliano ne Il traditore. Il film, ancora di Bellocchio, narra la storia di Tommaso Buscetta (interpretato da Favino) e racconta le vicende di Cosa Nostra di cui è stato prima membro, poi oppositore. In questo scenario Luigi Lo Cascio interpreta proprio Contorno, collaboratore di giustizia come Buscetta, e la tensione emotiva in questo caso è più cerebrale che di affetti. È un’emotività fredda e cruda come la mafia e le sue vicende, ma non meno incisiva di quella molle e tenera. Anzi, la scena della deposizione di Contorno, circondato da mafiosi in cella che lo insultano è significativa in questo senso. Un’emozione velata dal dialetto siciliano, che sfocia in uno scatto d’ira contro i suoi ex compagni di malavita, ma che nel contesto de Il traditore è l’esatta cifra. Infondo emozionare significa smuovere, e Lo Cascio – come Contorno – lo ha fatto.
5. Delta

Quando l’emozione si esprime con la rabbia, la violenza e la vendetta, non è meno emozionante. Questo ci fa dire il Luigi Lo Cascio di Delta, il film del 2022 di Michele Vannucci interpretato insieme ad Alessandro Borghi: mesi fa l’avevamo recensito in maniera entusiasta. Se per emotività intendiamo lacrime, questo film non sarebbe a metà classifica. Se, come si è già detto, emotivo è invece tutto ciò che smuove, perturba e anche inquieta Delta e le sue atmosfere rarefatte sono al posto giusto. Osso – il personaggio di Lo Cascio – è un guardacaccia delle rive del Po insieme a sua sorella Nina.
Proprio il legame con la donna sarà il nocciolo della spinta emotiva di Lo Cascio che, nei panni di un fratello disposto a tutto per vendetta, interpreta il dolore, la disperazione e l’odio in modo straziante. Il funerale di Nina, sulle acque del Po, con E la luna bussò in sottofondo avviene con la telecamera fissa sul primo piano di Lo Cascio. Quello intendiamo per emotività: dignità e dolore, discrezione ed intensità, umanità e animalità.
4. Luce dei miei occhi

Luce dei miei occhi è un film del 2001 di Giuseppe Piccioni in cui Luigi Lo Cascio, alla seconda esperienza cinematografica, recita al fianco di Sandra Ceccarelli. L’uomo di Lo Cascio si chiama Antonio questa volta, ed è un incrocio fra il Daniel Blake di Ken Loach e Zhiwu fra i barattoli di ananas in Chunking Express. Già queste due coordinate esemplificative danno un indizio sulla connotazione del personaggio: solo, in una cucina piccola e poco illuminata, mosso da un’attenzione umana e genuina nei confronti di una bambina (e poi una donna, sua madre) in difficoltà.
Il lato emotivo del personaggio di Lo Cascio in questi film in cima alla lista si riflette anche nelle azioni. Sono drammatiche o sentimentali i gesti e le vicende di cui è artefice, e profonda è la personalità del personaggio, anche nel caso di Luce dei miei occhi: per questo l’attore sembra essere nei suoi panni. Sembra l’uomo giusto al momento giusto – sia il personaggio nella storia, che Lo Cascio a recitarne il ruolo.
3. Lacci

“Quando papà fa due colpi di tosse allora vuol dire che vi sta dicendo che vi vuole bene“. Così Aldo, speaker radiofonico in Lacci di Daniele Luchetti, invita i figli Anna e Sandro ad ascoltarlo alla radio. Luigi Lo Cascio interpreta il padre, ma anche il marito di Vanda (Alba Rohrwacher) finché non si innamora di Lidia e non abbandona sia Napoli che la sua famiglia. L’emotività di Lo Cascio in Lacci ci fa arrabbiare, perché sarebbe stato un padre amorevole se non avesse deciso di abbandonare i figli.
Ci fa quasi chiedere “e che te ne fai?” di tutto l’affetto, l’intensità emotiva, il sentimentalismo che esprimi se non sai gestirne e regolarne la responsabilità. Questa sicuramente è la reazione al personaggio, ma a Luigi Lo Cascio non possiamo rimproverare nulla, perché la resa dell’angoscia di un padre che cede all’abbandono dei figli senza smettere di amarli davvero è inappuntabile. Lo Cascio rende Aldo sia il papà che legge la storia della buonanotte, sia quello che sbraita contro la loro madre. In entrambi i casi ne interpreta sempre (e bene) il volto più umano.
2. Il signore delle formiche

Nel 2022 Gianni Amelio e Luigi Lo Cascio, con Il signore delle formiche raccontano il tragico caso di Aldo Braibanti. Torna a vestire i panni di una storia fin troppo vera, e lo fa con un rispetto ed una dignità dei personaggi che basterebbe solo questo a commuovere lo spettatore. Il film fa piangere ed arrabbiare di per sé: Aldo sarà condannato a 14 anni di carcere perché, erano gli anni Sessanta, la sua omosessualità e le sue idee politico-culturali con le quali si avvicinava ai giovani non piacevano ai potenti. In controluce rispetto ad Aldo c’è Ettore, un ragazzo che viene internato e sottoposto all’elettroshock per “guarire dall’omosessualità” – questa l’idea della madre, che considerava Braibanti la causa della rovina del figlio.
In questo farsi luce a vicenda, Lo Cascio e Leonardo Maltese (che interpreta Ettore) sono le due punte di tragicità del film. Il giovane è tragico nella sua innocuità, l’adulto lo è nella dignità. Aldo non si lascia scalfire e mantiene la sua postura e la sua integrità nonostante il processo, le accuse, le disgrazie personali, il carcere. E Lo Cascio riesce ad essere tremendamente emotivo proprio perché impersona il distacco. Una lontananza dalle cose che gli succedono che Aldo cerca quasi come protezione, e per difendere la propria innocenza. Nessuna bomba di emozione che esplode all’esterno, quindi, ma tanta emotività repressa, in potenza, nascosta dietro una integrità a denti stretti. E questo ci emoziona più delle lacrime.
1. I cento passi

Dice Luigi Lo Cascio che se Giordana ha scelto proprio lui per interpretare Peppino Impastato ne I cento passi, nonostante non fosse mai stato attore in un film e il provino non fosse andato un granché, è perché ha capito che leggevano le stesse cose. Che Lo Cascio era cresciuto leggendo quegli autori che avevano formato l’uomo, il giovane, politico Peppino Impastato. Lo schiaffo che ci dà la sua interpretazione ne I cento passi forse – ha ragione – sta proprio in questo: la forza con cui lo vediamo credere in quelle idee. E infatti I cento passi non è affatto il tipico film sulla mafia.
Sono la convinzione, la fede, la testardaggine con cui si pone contro le mafie nella Cinisi siciliana degli anni Settanta a rendere un gigante Peppino Impastato. E sono la dirompenza, l’intensità, la profondità dell’interpretazione di Luigi Lo Cascio a rendere quel ruolo ad altissimo impatto emotivo. “Io voglio urlare” dice Peppino nel film, e Lo Cascio urla così bene da farci venire prima i brividi poi le lacrime.