Lazzaro felice, recensione: il segreto (prezzo) della felicità

Lazzaro felice, di Alice Rohrwacher, potrebbe svelarvi il segreto per essere felice. Attenzione, però, perché la verità è ben più amara di quanto potreste credere. Vincitore ex aequo a Cannes del Prix du scénario (premio per la miglior sceneggiatura) nel 2018, lo trovate da oggi disponibile su MUBI (o su Rai Play).
Lazzaro felice, recensione il segreto (prezzo) della felicità

Il Festival di Cannes 2023 non si è ancora concluso e, a tutti quelli che non hanno la fortuna di potervi partecipare, proponiamo di recuperare un vincitore di qualche anno fa: Lazzaro felice, di Alice Rohrwacher. Da oggi, 26 maggio, è infatti disponibile su MUBI o, in alternativa, su Rai Play. Nel 2018, il film ha conquistato in ex aequo il Prix du scénario (premio per la miglior sceneggiatura).

Al momento, Alice Rohrwacher è nuovamente a Cannes, per presentare il suo quarto lungometraggio, La Chimera, ma noi vi invitiamo a dare un’occhiata al terzo. Lazzaro felice è un film che racchiude in sé la dolcezza e la crudeltà delle fiabe, e anche un po’ della loro magia. Lazzaro è felice, ma il mantenimento di una felicità costante e utopica richiede un caro prezzo, tanto da far dubitare allo spettatore che valga la pena di pagarlo. Dalle campagne dell’Inviolata fino alla periferia cittadina, Alice Rohrwacher ci permette di fare esperienza del mondo attraverso uno sguardo privilegiato: quello di Lazzaro, eterno ingenue, incapace di comprendere la crudeltà altrui, una sorta di anacronistico San Francesco. Un uomo buono, impossibilmente e spaventosamente buono.

La trama

Il trailer di Lazzaro felice

Un paio di accenni, per dare contesto. Nell’altopiano dell’Inviolata lavora una piccola comunità di mezzadri, al servizio della marchesa Alfonsina De Luna. Lazzaro è un giovane dotato di una bontà fuori dal comune, il cui unico scopo nella vita è quello di aiutare il prossimo. Non c’è dispetto o malignità che lo pieghi: Lazzaro sembra essere incapace di processare la cattiveria e nessuna umana passione turba il suo animo, né egoismo, né avidità, né tantomeno pigrizia. È animato soltanto da un inesauribile altruismo. Più che Lazzaro, ricorda Gesù. Questa innocenza incontaminata, però, spesso travasa in stupidità, e certo non manca chi ne approfitti.

Quando nella tenuta di campagna dell’Inviolata giungono la marchesa e il figlio Tancredi, nasce un’intesa inaspettata fra quest’ultimo e Lazzaro. Lo spettatore si sente al sicuro, già traccia mentalmente la storia di un’insolita amicizia, ed è qui che la Rohrwacher lo prende in contropiede, deludendo ogni sua possibile aspettativa. D’altronde, Lazzaro è famoso per una cosa sola. Lazzaro felice ricorda davvero certe di quelle vecchie fiabe, in cui i protagonisti sono sempre troppo buoni e il mondo è diviso fra la campagna e una città senza nome e il tempo sembra essersi fermato. Ma le fiabe sono fiabe, e quando si mette piede nella vita vera, i lieto fine non sono assicurati.

Homo homini lupus

Una scena tratta dal film
Una scena tratta dal film

Gli esseri umani sono come bestie, animali. Liberarli vuol dire renderli consci della propria condizione di schiavitù, e quindi destinarli alla sofferenza” queste sono le parole della marchesa, che osserva dalla torretta della sua villa i contadini che lavorano fino a tardi. La solidal catena leopardiana qui si trasforma in uno sfruttamento progressivo di chi sta più in basso di noi sulla scala sociale. Crudeltà giustificata, o così la si vuol far passare, dalla logica, da un’assai comoda, presunta impossibilità di cambiamento, “è una catena e non si può fermare”. Non c’è Rosseau che tenga, tanto in campagna quanto in città, homo homini lupus, Hobbes trionfa.

Diventa quindi deliziosamente ironico, circa a metà del film, il racconto dell’antica parabola di San Francesco e il lupo di Gubbio, rappresentate come due povere bestie, stanche e infreddolite, specchio l’una dell’altra. Due creature ridotte allo stremo dall’asprezza del mondo, che rifiutano di attaccarsi a vicenda, ma trovano conforto nella reciproca, inaspettata, bontà. Il salto temporale e spaziale all’interno del film non modifica la miseria in cui la comunità contadina si trova relegata, né, per questo, la strenua gentilezza di Lazzaro. Come quei fiori che spuntano tra le crepe dei marciapiedi, che sia circondato dall’asfalto o da fili d’erba, Lazzaro rifiuta di obbedire alla vecchia massima, anzi, ancora una volta, sembra totalmente all’oscuro del suo significato.

L’altruismo utopico di Lazzaro felice

Un poster di Lazzaro felice
Un poster di Lazzaro felice

Sia ben chiaro, per quanto possiate ammirarlo, il comportamento di Lazzaro non è replicabile. Se non altro perché il protagonista, anche pre-miracolo, sembra mancare di alcuni fondamentali bisogni umani: non beve, quasi non mangia, a malapena dorme. Insomma, fra tratti caratteriali e fisiologici, è più simile a una creatura celeste che a un uomo. “Però è felice“, direte voi, ma quanto gli costa questa felicità? È incrollabile e perpetua, certo, ma alle spese di una sostanziale mancanza di comprensione del mondo esterno. Lazzaro è un ignorante, e non perché non sappia scrivere, ma perché ignora la realtà che lo circonda: non percepisce il male, la meschinità, l’inganno, la bassezza. La sua non è una scelta consapevole di non dare peso a determinati comportamenti, semplicemente non li registra.

Nessuno di noi potrà mai essere come Lazzaro. Non siamo insensibili alla cattiveria, e nemmeno ai vizi, alle passioni e agli egoismi. Però, a volte, ci capita di comportarci come i personaggi secondari del film. La marchesa non mente riferendosi ad una catena di sfruttamento continuo, alla costante ricerca di quello è più debole di noi per raggirarlo, imbrogliarlo, derubarlo di qualcosa che prima, uno che stava più in alto, ha portato via a noi (vi rimandiamo alla scena delle paste). Ciò su cui ha torto, su cui possiamo darle torto, è che non si possa fermare. Lazzaro, di quella catena, è l’ultimo anello, quello che non si attacca a niente. Noi possiamo essere lo stesso, possiamo rifiutarci di abusare degli altri e mostrare un altruismo e una compassione umani, mossi dallo spirito di Lazzaro, seppur consapevoli della sua dimensione utopica.

Vi ricordiamo che Lazzaro felice è disponibile da oggi su MUBI e Rai Play. E voi lo avevate già visto? Cosa ne pensate? Raccontatecelo nei commenti.

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