Don’t Say a Word

Nel 1991 la banda di ladri capitanata da Patrick Koster mette a segno un importante colpo in una banca, rubando un rubino del valore di 10 milioni di dollari. Durante la fuga uno dei ladri sottrae la pietra per tenerla per sé, sostituendola con un orologio.

Dieci anni dopo, il gruppo criminale ha scontato la pena in carcere e, di nuovo in libertà, vuole trovare il rubino. Dopo aver ucciso l’anziana proprietaria di un appartamento, la banda si installa lì per controllare lo psichiatra Nathan Conrad, che vive con la moglie Aggie e la figlia Jessie di otto anni, al piano di sopra.

Durante la notte la bambina viene rapita, per costringere il medico a far ricordare a Elisabeth Burrows, una diciottenne ricoverata da anni in un ospedale psichiatrico, un numero a 6 cifre. Nathan deve correre contro il tempo per salvare sua figlia e ottenere informazioni da Elisabeth, che non parla ed è stata giudicata dai medici violenta. Nel frattempo la moglie Aggie, rimasta sola in camera con una gamba ingessata, sente provenire la voce della figlia e si alza dal letto; Koster manda su uno dei suoi uomini per eliminarla ma alla fine è lei che riesce a ucciderlo.

Nathan capisce che in realtà Elisabeth è una simulatrice e riesce a conquistare la sua fiducia. Riesce a condurre fuori dall’ospedale Elisabeth e in una fermata della metropolitana la ragazza ricorda il suo passato: chi era suo padre e qual è il numero a sei cifre che la banda di Koster brama tanto.