Sulle note di Maledetta Primavera, Pietro Castellitto dimostra una volta per tutte che il cinema italiano può contare su nuovo autore generazionale. Inutile definirlo “raccomandato”, perché la realtà è che, dopo appena due film, ha già saputo cristallizzarsi nell’immaginario collettivo come una delle voci più promettenti del cinema contemporaneo. Il suo esordio dietro la macchina da presa, Predatori, presentato nel 2020 alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti, aveva già conquistato pubblico e critica, e adesso – nuovamente sul suolo lidense – conferma con Enea le sue straordinarie capacità, condite da una sana sfrontatezza e consapevolezza dei propri mezzi.
È proprio questo l’aspetto che sorprende maggiormente nella rapida ascesa di Pietro Castellitto. Forse non la marcata e accentuata vanità che instilla nelle proprie opere – d’altronde chi ha letto anche il suo romanzo, Gli Iperborei, dovrebbe sapere fin troppo bene che è una sua caratteristica alquanto peculiare – ma piuttosto l’incredibile efficacia con la quale riesce a metterla al servizio del proprio cinema, senza risultare borioso o autocompiacente. E nonostante in Enea torni il solito autobiografismo e una certa dose di autoreferenzialità, nonché la medesima centralità della classe borghese nella narrazione, ogni aspetto in realtà sembra farsi incredibilmente universale.
Enea: amore, rum e cocaina
Enea è il secondogenito di una famiglia borghese romana, è il proprietario di un ristorante di sushi, è incredibilmente popolare e frequenta praticamente ogni sera il locale notturno di un amico. Passa gran parte delle proprie giornate con Valentino, un novello aviatore e suo migliore amico, e insieme frequentano i circoli del rum e della coca. Nonostante abbiano praticamente tutto ciò che si possa desiderare, sembrano costantemente alla ricerca della felicità, alla ricerca di un motivo per sentirsi vivi. Enea sembra trovarlo nell’amore per Eva, tanto da mettere in discussione la sua stessa vita.
Quando Giordano, un boss della malavita romana, cerca di convincerli ad entrare nel business della cocaina, i due si faranno persuadere, iniziando a spacciare per lui e facendogli fruttare milioni di euro. Così facendo attireranno però l’attenzione di un clan rivale, trovandosi immischiati in un regolamento di conti all’ultimo sangue. Enea e Valentino non lo riveleranno a nessuno, ma dopo l’uccisione di Giordano dovranno fare i conti con il proprio destino, ormai sprofondati in una melma oscura pronta ad inghiottirli. Sarà sufficiente l’amore per combattere il dolore e le disillusioni della vita?
Castellitto: ambizione e rivoluzione

In un cinema che va sempre più incontro a una generale e mortificante standardizzazione, confrontarsi con l’ambizione rivoluzionaria di Pietro Castellitto può risultare straniante. Con Enea il giovane attore e regista estremizza la propria visione cinematografica, portando sul grande schermo una narrazione frammentata, sconnessa a volte, ma incredibilmente affascinante. Realizza “un film di genere senza il genere, un gangster movie senza la parte gangster”, come ha spiegato lo stesso Castellitto. Un film che elude qualsivoglia classificazione, rifiuta fermamente e volontariamente ogni etichetta, cerca morbosamente di essere alternativo e anticonvenzionale, eclettico e a tratti alienante.
Quel narcisismo di cui abbiamo parlato precedentemente, lo si ritrova soprattutto nella regia. Sconcertante pensare che sia un’opera seconda – notoriamente la più complicata da realizzare nella carriera di un regista – perché Castellitto dimostra una padronanza del mezzo disarmante, una capacità innata di trasporre il proprio immaginario kitsch, eccessivo e allucinato, creando un qualcosa di unico, e anche un’eccellente gestione degli attori.
Davanti alla sua macchina da presa Giorgio Quarzo Guarascio esordisce straordinariamente, e ammalia il pubblico con quelle sequenze quasi oniriche in cui canta Spiaggie, mentre la sua figura appare e scompare tra il fumo arancione del locale. E così anche Benedetta Porcaroli – seppur raramente presente sullo schermo – convince pienamente, mentre la sua Eva diventa il centro nevralgico della vita di Enea, e Castellitto la riprende come farebbe con una musa ispiratrice.
Enea: borghesia disillusa e confronto generazionale

Con Enea Pietro Castellitto torna a mettere al centro della propria narrazione una borghesia disillusa e insoddisfatta, che nasconde la propria infelicità sotto maschere pirandelliane, il proprio dolore sotto armature che credono indistruttibili, ma in verità sono di vetro, come il mondo in cui vivono. Torna a parlare soprattutto di una generazione che apparentemente sembra avere tutto ciò che si possa desiderare, ma che, proprio per questo, si sente persa, impotente, soggiogata alle aspettative altrui. E quindi cerca il potere, per sentirsi invincibile, per sopperire alle preoccupazioni e alle insicurezze.
Come sempre nelle opere di Castellitto – filmiche o cartacee che siano – il confronto generazionale è una delle chiavi di lettura più importanti. Se dai dialoghi intorno a un tavolo delle ormai caratteristiche cene in famiglia, affiorano immancabilmente le insoddisfazioni di ognuno, e crollano quelle fragili certezze dietro cui ogni personaggio si nasconde, il dialogo più significativo è quello tra Giordano ed Enea, perché vi che risiede l’anima del film. Come i malviventi di Sollima in Adagio, Giordano è ormai stanco, rimpiange quasi la sua vita, offre consigli ad Enea, e gli dice che l’amore è l’unica cosa che può far sentire l’uomo veramente vivo.
L’amore di Pietro Castellitto
“Non ti vergognare mai di baciare le persone che ami”. Una frase che riecheggia durante il film, perché Castellitto sceglie di non mostrare nessun bacio, dissolvendo al nero lo schermo, fatta eccezione per uno. Enea troverà nell’amore per Eva la sua vera ragione di vita, mentre Valentino, in cerca di libertà tra l’azzurrità e le nuvole del cielo romano, forse non riuscirà a fare altrettanto, forse il senso della vita non riuscirà mai a trovarlo. D’altronde non siamo in una favola, non sempre esiste un lieto fine, perché la vita, in fin dei conti, è come una palma che improvvisamente rompe il nostro mondo di cristallo.
Per seguire insieme a noi anche gli ultimi giorni dell’80° Mostra del Cinema di Venezia rimanete sintonizzati sui nostri canali. Intanto, se ancora non lo avete fatto, qui potete recuperare la recensione di Finalmente l’alba, uno dei sei film italiani in concorso insieme a Enea, Comandante, Adagio, Io Capitano e Lubo.