Drive, il noir secondo Refn

Prendi un eroe solitario senza nome, una “bella” contesa e dei fuorilegge senza scrupoli (un provocatore potrebbe semplificare dicendo di prendere Sergio Leone). Ora aggiungi Los Angeles, inseguimenti e musica elettronica dal sapore retrò. Se il risultato non è Drive vuol dire che non è stato girato da Nicolas Winding Refn.

Uscito ormai sei anni fa, il cult del regista danese ne rappresenta il punto di svolta della carriera, dopo i successi altalenanti conseguiti in patria con la trilogia di Pusher. Presentato a Cannes nel 2011, dove ha vinto il Prix de la mise en scène, Drive detiene un 93% di consenso della critica ed un 79% di gradimento del pubblico su Rotten Tomatoes, noto aggregatore di recensioni cinematografiche.

La storia ruota attorno all’uomo senza nome (Ryan Gosling), un taciturno meccanico che arrotonda il misero stipendio datogli dal suo capo (Bryan Cranston) offrendosi come autista al soldo di rapinatori. La sua solitudine viene rotta dalla conoscenza della vicina di casa (Carey Mulligan) e del di lei figlio, Benicio (Kaden Leos). Una relazione che cresce giorno dopo giorno, fino al ritorno del marito, Standard (Oscar Isaac), dalla galera. Proprio questa nuova presenza farà precipitare il protagonista dentro una spirale fatta di omicidi, dollari e mafia italo-americana.

I motivi del successo di Drive sono facilmente spiegabili: una regia calcolata al millesimo, una colonna sonora di forte impatto e Ryan Gosling.

Regia
Con il vincolo rappresentato da un basso budget a disposizione, Refn ha dovuto giostrarsi attorno  a seconde scelte e tempi stretti. Partito con l’idea di girare a Detroit, si è dovuto adattare in secondo luogo a Los Angeles, per via della maggiore economicità. La città californiana, tuttavia, viene rappresentata in modo originale: pochi grattacieli, molte vie periferiche e assenza del tipico deserto visto e rivisto. Le location sono state scelte durante viaggi notturni in macchina per le strade cittadine. Alla guida Gosling, sul sedile del passeggero Refn.

Il frutto di questo atipico modus operandi lo si vede nella scena d’apertura del film, girata personalmente dal regista in due giorni. L’autista senza nome, per i primi 10 minuti di pellicola, sfugge sapientemente alla polizia divincolandosi in un dedalo di strade e stradine. La sequenza viene ripresa da dentro la macchina, senza inquadrature panoramiche che ci diano un quadro generale della situazione. Il risultato è eccezionale: la sensazione in quegli istanti è di essere lì con lui, braccati dalla polizia.

Con l’idea ben precisa di dare maggiore rilevanza all’aspetto visivo, piuttosto che al realismo, per le riprese si sono evitate camere a mano privilegiando inquadrature fisse con ottiche grandangolari, anche nelle scene più concitate d’inseguimenti.

L’importanza del visivo non si trova solo nelle scelte tecniche, ma anche nella sceneggiatura. Momenti fondamentali per lo sviluppo dei rapporti fra i personaggi sono spesso narrati senza dialoghi, ma solo con forti tagli di luce e sguardi profondi. Emozioni, non parole.

L’altra faccia della medaglia è un ritmo non sempre vivace che, tuttavia, trova il suo controbilanciamento nelle fasi finali della pellicola, quando i conti vengono saldati.

Colonna sonora
Grande importanza viene data al comparto sonoro, elemento cui è affidata la rievocazione delle atmosfere anni ’80 che caratterizzano Drive. Sebbene i brani principali possano essere accusati di avere un testo troppo didascalico (A Real Hero; Under your spell), ciò viene ampiamente compensato dalla capacità di trasmettere quelle sensazioni astratte che ci permettono di vedere le cose con gli occhi del protagonista.

Johnny Jewel (in foto) – che recentemente è stato scelto da Lynch per curare i temi ricorrenti del nuovo Twin Peaks – ha, fra le altre, curato la realizzazione di Tick of the Clock con cui il film si apre. Jewel ha chiesto personalmente di eliminare i bassi in determinate scene proprio per conferire quell’aura onirica che rende Drive molto simile ad una favola in certe sequenze.

L’altra parte del lavoro di colonna sonora è stato svolto da Cliff Martinez. Il compositore newyorkese – che proprio con Drive comincerà un sodalizio artistico con Refn culminato l’anno scorso con la vittoria a Cannes per The Neon Demon – ha curato personalmente la maggioranza dei temi d’accompagnamento del film.

Nel tentativo d’assimilare la sua opera quanto più possibile a quella di Jewel, Martinez ha scelto di adoperare un gran numero di sintetizzatori anni ’80 che riescono nella difficile impresa d’impregnare la pellicola del tanto apprezzato tocco retrò. Quattordici dei venti brani della colonna sonora, rilasciata in CD e in digitale, sono stati curati da Martinez.

Il pezzo più noto di Drive – Nightcall – è stato firmato da Kavinsky e prodotto da Guy-Manuel de Homem-Christo, uno dei due membri dei Daft Punk, e accompagna i titoli di testa facendo da sottofondo alle immagini panoramiche dei grattacieli di Los Angeles.

Ryan Gosling
Non è azzardo affermare che l’attore canadese debba la popolarità mondiale soprattutto a questo ruolo. L’autista ricorda molto da vicino, per comportamenti e rettitudine morale, l’uomo senza nome della trilogia del dollaro di Sergio Leone. L’assenza di comunicazione verbale viene compensata dal suo forte decisionismo. Ciò lo porta a compiere sempre la scelta migliore al momento giusto, a sapere come muoversi, quando attaccare e quando difendersi.

La forte connotazione “da buono” data al protagonista porta lo spettatore ad immedesimarsi totalmente nei panni di Gosling e a sentirsi sempre sicuro delle sue azioni. Ciò, contrariamente a quanto sarebbe lecito aspettarsi, non rende Drive un film piatto e scontato. L’imprevedibilità del suo comportamento (come nella nota scena dell’ascensore) lascia un costante interrogativo sullo sviluppo della trama.

Anche noi, come i protagonisti della vicenda, non sappiamo mai in che modo inquadrare l’autista. Nel giro di pochi istanti momenti delicati dal forte impatto emozionale lasciano lo spazio alla più efferata violenza. In tutto questo, Gosling, non è stato mero esecutore del ruolo impostogli.

Al contrario, possiamo definire Drive un film più di Ryan Gosling che di Nicolas Winding Refn. È noto che il produttore – Marc Platt – abbia prima contattato l’attore canadese e che, solo in un secondo momento, Gosling, grande fan del lavoro di Refn, lo abbia scelto per dirigere il lavoro. Il loro binomio è rimasto tale anche sul set. La sceneggiatura è stata, infatti, un lavoro di entrambi, con cambiamenti avvenuti specialmente in corso d’opera.

Drive è un’opera del tutto sui generis. Il mix fra elementi dell’età d’oro di Hollywood, un’ atmosfera da Miami anni ’80 e situazioni d’una crudezza più vicina a quella dei giorni nostri si rivela una scommessa vinta. Ad incassare sono Refn e Gosling che, dopo il 2011, hanno visto aprirsi le porte delle grandi produzioni e moltiplicarsi le offerte di collaborazione. Il film, d’azione e d’autore, rimane, dopo diversi anni, un piccolo gioiellino ed un esperimento riuscito. Una di quelle pellicole che non trova omologhi, ma solo una serie di seguiti spirituali incarnati dall’opera del regista danese.

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