Da dieci giorni ormai, il conflitto israelo-palestinese è tornato al centro dei notiziari mondiali. Lo scorso 7 ottobre, l’organizzazione politica e militare palestinese, Hamas, ha attaccato via terra, via mare e per via aerea Israele. In prima pagina è finito il massacro attuato durante un rave nel deserto. Per tutta risposta, l’offensiva di Israele, fatta di feroci bombardamenti, rappresenta uno dei più massicci ed estesi attacchi sulla Striscia di Gaza degli ultimi sedici anni, con l’obiettivo di “cancellare Hamas”. Di questo ci parlava già, in tempi non sospetti e con incredibile realismo quasi documentaristico, pur con vene spiccatamente action e una parzialità che secondo l’opinione di molti tendeva forte dal lato israeliano, la serie Fauda.
La questione israelo-palestinese è, per gran parte degli abitanti del nostro paese e non solo, una situazione complessa da affrontare e comprendere. I media e i mezzi di comunicazione di massa in occidente, è doveroso ricordarlo, hanno da sempre, e continuano tuttora, attuato una narrazione basata sul punto di vista israeliano, che porta a un risultato parziale e rende la questione ancora meno chiara. Basti guardare alla recentissima, corposa donazione Disney in favore di Israele.
Anche nell’ambito dei prodotti cinematografici la situazione è pressoché la stessa. Per diverse ragioni, tra cui principalmente le limitate possibilità e raggio d’azione della popolazione palestinese, non abbiamo a disposizione molto materiale che possa compensare i punti di vista. Sono pochi i lungometraggi che raccontano in modo completo la questione. Il regista palestinese Elia Suleiman, ad esempio, a partire dagli anni 2000, si distingue nel panorama per la sua filmografia, portando un particolare punto di vista e indirizzando così l’attenzione del pubblico.
Il 2015 è l’anno di Fauda, serie televisiva trasmessa prima su un canale israeliano, Yes, e successivamente su Netflix, che ha riscosso molto successo. Ideata e scritta da Lior Raz e Avi Issacharoff e vive della loro esperienza militare, in prima linea, nelle Forze di Difesa Israeliane. Fattori come la sete di vendetta e l’odio viscerale che da generazioni viene inculcato dalla nascita, tanto da un lato quanto dall’altro; i meccanismi di funzionamento interno delle forze di difesa israeliane; le reti di comunicazione e scambio all’interno di Hamas: sono tutti aspetti che la serie evidenzia nella narrazione.
Di cosa parla Fauda?
Fauda in arabo “caos”) è uscita per la prima volta il 15 febbraio 2015. Si tratta di una serie action che racconta la guerra, la violenza, la sete di vendetta, le strategie di controllo e il terrorismo che da oltre settant’anni interessano la zona della Palestina. La trama è infatti ambientata principalmente tra Gaza e la Cisgiordania. Il principale protagonista è Doron (Lior Raz). Si tratta di un ufficiale di un’unità di antiterrorismo, reparto speciale delle forze di difesa israeliane. Essa si occupa di agire sotto copertura nei territori palestinesi, per prevenire e sedare ogni possibile attacco terroristico da parte di Hamas.
Partendo dalla prima stagione della serie, il principale obiettivo è la cattura di Abu-Ahmed. Altrimenti conosciuto come “La Pantera”, è uno degli esponenti principali di Hamas e responsabile di numerosi attacchi terroristici. All’inizio della narrazione quest’ultimo risulta morto, ucciso dallo stesso Doron. Per questa ragione, nel momento in cui si scopre che Abu-Ahmed è invece ancora vivo, Moreno, capo della squadra, riesce a convincere il protagonista a rientrare nel team e affrontare in prima persona la missione.
Tutti i componenti della squadra conoscono perfettamente usi, costumi e lingua parlata dai palestinesi. In questo modo riescono a integrarsi e passare inosservati. È il caso di Doron con la dottoressa Shirin o dello stesso protagonista nell’evento portante della terza stagione. Anche all’interno della squadra esistono, e si creano col tempo, legami sentimentali, di amicizia e talvolta anche di parentela, che condizionano spesso il corso degli eventi e l’equilibrio del gruppo.
Col passare delle stagioni, abbastanza ricorrenti nel tipo di struttura, variano i “nemici” che l’unità vuole sconfiggere. Doron, puntualmente ferito, deluso e stanco di combattere, all’inizio di ogni nuovo capitolo, fa ritorno in squadra come se non potesse liberarsi mai del tutto di un ruolo e una responsabilità che sembra lo perseguitino.
Fauda è in programma su Netflix per una quinta stagione; a quanto pare però, vista la situazione attuale, le riprese sono state sospese. Non è tutto: il cast si è riarruolato. Lior Riaz tra i volontari a Sderot, mentre Halevi e Amedi nell’esercito di Tel Aviv. Chissà quindi se e quando uscirà la stagione in programma.
Volente o nolente, ancora attendiamo un prodotto capace di arrivare al grande pubblico senza per questo risultare parziale e conforme alla classica narrazione occidentale. Film sulla destabilizzazione del Medio Oriente, in questi anni, ne abbiamo visti innumerevoli: uno dei migliori è Notturno, di Gianfranco Rosi. Ma in quel gran caos babilonese, Israele e Palestina sembrano sempre chiamati fuori. E i prodotti che quel caos dovrebbero raccontare facendo piuttosto ordine, nonostante quanto promesso dai loro stessi titoli, non sembrano aver ancora assolto il compito.
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